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Iron Man 2: i 15 anni di un cinecomic sottovalutato

Il 7 maggio 2010 usciva in sala il terzo film del MCU, non abbastanza compreso e apprezzato quanto avrebbe meritato

Pubblicato il 07 maggio 2025 di Giulio Zoppello

Iron Man 2, a 15 anni esatti dalla sua uscita in sala, rimane un oggetto un po’ misterioso all’interno del Marvel Cinematic Universe. Era il 7 maggio del 2010 quando il secondo capitolo dedicato a Tony Stark usciva in sala. Tanti incassi, recensioni però non tutte unanimi. Ma la realtà, è che quel film è stato molto più profondo e molto più politicamente impegnato di quanto sembrasse.

Una privatizzazione che è la porta verso l’individualismo estremo

Iron Man 2 esce sulla spinta dello straordinario successo del primo capitolo, e come parte di quella progressione, che poi porterà al primo capitolo degli Avengers. È già chiaro in quelle prime fasi che è lui, Tony Stark, il vero motore di tutto, il volto simbolo, e lo ritroviamo dopo essere diventato oltre che miliardario, filantropo, inventore, Playboy, anche un supereroe, armato di quella armatura metallica ipertecnologica. Eccolo che, al contrario di un Bruce Wayne o Spider-Man, abbraccia la sua identità-non-tanto-segreta in pubblico, con colonna sonora degli AC/DC in sottofondo. Fatto molto particolare, i villain questa volta sono due, anzi tre.

Il primo è Ivan Vanko (Mickey Rourke) figlio di un ex socio truffaldino del padre di Tony, in cerca di vendetta contro la famiglia Stark. Vestito come una specie di metallaro punk, denti gialli, amore per i pappagalli e non poca determinazione, arriva con un reattore arc pure lui. Discreto villain, poteva essere migliore. Iron Man 2 però ha soprattutto lui, Sam Rockwell, nei panni dell’alter ego di Tony: Justin Hammer. Anch’egli industriale rampante, è logorroico, narcisista, pieno di sé, è la versione deformata, mediocre e instabile di Tony Stark, disposto a tutto pur di scalzarlo dalla sua posizione. Ma il terzo villain, quello vero ed invisibile, è il governo americano. La privatizzazione della difesa nazionale di cui Tony Stark si fa propulsore, non è un particolare da nulla, è violare un equilibrio che, dalla seconda guerra mondiale in poi, ha rappresentato il pilastro stesso del dominio della superpotenza nel globo.

Ma il confine tra il potere politico e quello economico è sempre stato chiaro, ed Iron Man 2 ci propone Tony Stark come una sorta di vettore che va a stravolgere tutto, il che lo rende pericoloso, per l’establishment, e per tutta una serie di interessi. Iron Man 2 finisce quindi per abbracciare una sorta di inno alla privatizzazione totale, ed è strano perché sono passati meno di due anni da quella crisi economica, che ha messo esattamente al centro del mirino il modello ultraliberista qui elogiato. Forse un film libertario? Si, all’americana naturalmente si intende, e quindi contro ogni limite per l’individuo, di tipo legale, morale o materiale. Un po’ inquietante.

Il mito del genio individualista elevato e poi infranto

Iron Man 2 fa diventare James Rhodes, War Machine (Don Cheadle), e poi ci parla di propaganda politica e comunicazione, ma è anche un inno, ad oggi oggettivamente strano, al concetto di personalità decisiva nel mondo moderno. Fateci caso, prima della sequenza della gara di F1 a Monaco, compare Elon Musk, allora un mito con la sua Tesla, da molti era indicato come il Tony Stark del mondo reale. Pare passato un secolo da quel giorno vero? Il film di Jon Favreau spinge a tutta sull’eccezionalità di Tony Stark come garanzia di salvezza. Pure i suoi nemici sono eccezionali a modo loro, questo è un racconto in cui le masse fanno semplicemente da contorno. Iron Man 2 mette ancora più al centro gli armamenti come risorsa di pace, un ossimoro morale su cui il mondo si divide da decenni.

Lo fa mentre gli USA sono invischiati in Iraq e Afghanistan in due guerre terribili e prive di una logica. Altro particolare interessante, Iron Man 2 anticipa il dominio dei droni nel teatro bellico, ed è strano che Hammer non si renda conto che è la risposta creata da Vanko, è perfetta per distruggere l’impero di Tony. A guardare come è cambiato oggi il conflitto militare, appare chiaro che film di Favreau ha fatto tutto tranne che inventarsi qualcosa di irreale o poco verosimile. Le sequenze d’azione sono carine, la battaglia finale lascia un po’ desiderare. Iron Man 2 possiamo magari definirlo un film sui supereroi interlocutorio, ma questo non vuol dire che sia un film superficiale, anzi. Il fatto che la stessa invenzione di Tony per mantenerlo in vita lo stia avvelenando è una sottile metafora.

Interessante poi che siano Natasha (Scarlett Johansson) e Fury (Sameul L. Jackson) a salvarlo, per ricordargli un principio che ha dimenticato: non può decidere per tutti e non può fare ogni cosa da solo. Il che stravolge quell’elogio del guru hi-tech che il film cavalcava all’inizio, riporta tutto dentro il concetto di responsabilità come limite del libero arbitrio delle “menti geniali” o supposte tali. L’elemento chiave per cui questo film, 15 anni fa, meritava un miglior trattamento, per come ha saputo mostrarci una parte importante del personaggio, farlo evolvere verso una nuova visione di sé stesso, del suo ruolo. E’ stato anche un film capace di mostrarci il volto reale dell’american dream in cui l’America del XXI secolo credeva.

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