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Fuori, il film di Martone su Goliarda Sapienza passa a Cannes e (giustamente) convince

Valeria Golino interpreta la celebre autrice de L’arte della gioia in un film che racconta l’esperienza del carcere come rinascita interiore.

Pubblicato il 21 maggio 2025 di Andrea D'Addio

In una bella intervista del 1994, Goliarda Sapienza, all’epoca ancora non celebrata come lo sarebbe stata, purtroppo, solo dopo la morte, raccontava di come l’esperienza in carcere fosse stata troppo breve. “Ci stetti un mese e mezzo. Purtroppo mi hanno tirato fuori, se fossi riuscita a rimanere sei mesi… Lì ho potuto rinnovare il mio linguaggio. Prima mi ero imborghesita, facevo troppo lavoro intellettuale, insomma lì sono rinata… se fossi rimasta di più, sarebbe stato meglio”.

Quell’esperienza divenne un libro, L’università di Rebibbia, ispirazione a sua volta di Fuori, il film che Mario Martone ha co-sceneggiato (insieme alla moglie Ippolita Di Majo) e diretto. Presentato in concorso al Festival di Cannes due giorni prima dell’uscita italiana, prevista per il 22 maggio, il film è stato accolto da un convinto applauso alla fine della proiezione stampa. E non potrebbe essere altrimenti.

Fuori è un film che riesce a fare della delicatezza dei suoi personaggi e, soprattutto, delle relazioni che nascono fra di loro, un balsamo che si sparge su immagini e dialoghi, capace di raccontare la libertà femminile senza mitizzarla.

La trama prende spunto dal periodo trascorso da Sapienza nel carcere di Rebibbia, dove fu reclusa nel 1980 per aver venduto gioielli rubati in casa di un’amica, utilizzando peraltro l’identità di un’altra persona. È lì che incontra Roberta, una giovane detenuta politica – interpretata da una straordinaria Matilda De Angelis, credibilissima anche nel dialetto romano dell’epoca – con cui stringe un legame fatto di complicità, solitudini condivise, fughe e ritorni. Dopo la scarcerazione, il loro rapporto prosegue tra le strade assolate di una Roma che va dai Parioli alla periferia, dove i contrasti – umani, sociali e urbanistici – si sfumano fino a fondersi. Con loro c’è anche un’altra ex detenuta, Barbara (interpretata da una convincente Elodie), simbolo di un altro modo, più fragile e sfuggente, di vivere la libertà ritrovata.

Guardando le interviste originali a Sapienza, si nota quanto Valeria Golino ne restituisca alla perfezione il tono di voce, le posture, senza cadere nell’imitazione. Ne coglie l’essenza. Del resto, la vita della scrittrice ha incrociato quella dell’attrice in modi che vanno oltre il set: Golino ha diretto la serie L’arte della gioia, tratta dal romanzo capolavoro postumo di Sapienza, e deve il suo debutto cinematografico a Citto Maselli, regista e compagno storico proprio di Goliarda. «A Maselli devo tutto», ha dichiarato più volte. È inevitabile, quindi, che questi fili si intreccino e risuonino nel film, amplificando l’intensità di un ritratto che Martone riesce a dipingere intorno alla sua protagonista con rispetto, profondità e una libertà narrativa rara nel panorama attuale.

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