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Dying for Sex su Disney+ è semplicemente meravigliosa

Michelle Williams protagonista di una serie audace e profonda tratta da una storia vera, tra morte, vita ed erotismo

Pubblicato il 07 aprile 2025 di Giulio Zoppello

Si può parlare in molti modi diversi di cancro, di cosa comporta, di come affrontarlo, ma certo Dying for Sex su Disney+, creata da Hulu, è una di quelle serie che sanno come spiazzare, sorprendere, catturarti in modo unico. Protagonista una bravissima Michelle Williams, nei panni di una donna disperata, ironica, triste, determinata, gioiosa eppure vicina alla morte.

Una donna infelice, un cancro e una rivoluzione

Definire in modo univoco e definitivo Dying for Sex è sostanzialmente impossibile. Allora diremo questo: è una serie che rifiuta una chiara categorizzazione, abbraccia l’essenza della dramedy, dei film sul cancro, della rom-com, ma senza prediligere completamente una di queste categorie. Al centro c’è lei, c’è Molly (Michelle Williams), infelicemente sposata con Steve (Jay Duplass), giornalista radical chic, bacchettone e con cui non ha rapporti sessuali da due anni. Molly è guarita da un tumore al seno due anni prima, ma purtroppo scopre che lo sgradito ospite è tornato, e stavolta la diagnosi non dà alcuna speranza di sopravvivenza. Con la sola, pasticciona ma leale, Nikki (Jenny Slate) al suo fianco, Molly decide per un gesto estremo: divorziare dal paternalistico ed egoista Steve e, almeno finché potrà, fare tutto ciò che le passa per la testa. E con questo intende soprattutto sesso. Con chiunque e ogni volta che vi sia la possibilità. Ma davvero sarà così facile? Davvero è come pensa?

Dying for Sex è creata da Kim Rosenstock ed Elizabeth Meriwether, ma più ancora, è tratta dalla vera storia di Molly Kochan, protagonista prima di morire di una confessione finita in un podcast chiamato “Wondery”, che negli Stati Uniti ha avuto un impatto enorme. Pur con le opportune ed ovvie modifiche, questa serie rimane fedele alla semantica, a quella gara contro la morte per tornare a conoscere sé stessa, i propri desideri e soprattutto il modo di accontentarli. Il risultato finale è una serie scoppiettante, intelligentissima, recitata bene e diretta meglio, che ti sa prendere per il cuore e la testa, per poi non mollarti mai più. A dominare tutto e tutti c’è lei, c’è Michelle Williams, che si conferma un’attrice meravigliosa, intensa, capace di destreggiare tutte le sfumature di questa donna indifesa di fronte alla malattia, eppure capace di aggrapparsi alla vita con un’energia e una volontà, che non può lasciare mai indifferenti. Sicuramente una serie che si allontana dal glamour e ci porta dentro una narrazione in cui conta il momento, l’istinto, la consapevolezza dei propri limiti.

Si ride, ci si commuove, ma soprattutto si riflette

Dying for Sex di puntata in puntata ci mostra le peripezie di Molly, quarantenne che non si piace, non si ama, ha cicatrici nel corpo e nell’anima, una vita sessuale terribile. Non ha nulla da perdere, rifiuta cure, patetismo altrui, rifiuta quel percorso guidato verso la fine che non le porterà niente. Invece qualcosa lo vuole, e si tuffa nelle dating app, negli incontri casuali, nella certezza che nessuno potrà chiederle conto di alcunché. La serie non ci risparmi alcunché, senza inseguire mai (ed è un elemento fondamentale), l’umorismo frontale e sfacciato, ma lasciandoci naufragare nella quotidianità ed umanità più assurda. Masturbazione, sex toys, pornografia, chat erotiche, fantasie estreme, rimpianti, sesso, orgasmi, delusioni, sogni, il rapporto da recuperare con la madre Gail (Sissy Spacek), Nikki e Steve che non sanno minimamente come affrontare quel percorso. Tutto questo ci arriva addosso a ondate, senza darci un attimo di tregua, ma è qualcosa di vero, di pulsante, di magnifico.

Michelle Williams sa come darci ogni possibile sfumatura di questa donna, che in realtà non si conosce, è come una bambina che cerca di scoprire come darsi ciò che desidera, ignara di rischi o controindicazioni. Straordinaria la chimica con Slate e Duplass, perfetti nel mettere sul piatto un senso di inadeguatezza assurdo, un’incapacità reale di essere veramente così empatici come vorrebbero apparire. La morte richiama la vita, il sesso è un ponte tra le due cose e Dying for Sex ce lo ricorda in modo illuminante, puro, circondandoci di questi uomini e donne mai cresciuti, ma lo fa con dolcezza, comprensione, senza mai abbracciare moralismo o severità. Alla fine, la lezione è sempre la stessa, concentrarsi sul valore della vita e non sulla durata, ma è il modo in cui viene declinata a fare di questa serie un gioiello. In un’epoca in cui tutto è sesso e quindi niente lo è, Dying for Sex ci ricorda che esso rappresenta il ponte tra due persone, due esperienze, se inseguito con desiderio e consapevolezza, è forse la cosa migliore della vita, anche quando sta per finire.

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