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Daredevil: Rinascita è, alla fine, la miglior ricucitura possibile

Quello che ci ha detto l'ultimo episodio di Daredevil: Rinascita sul futuro del diavolo di Hell's Kitchen.

Pubblicato il 17 aprile 2025 di DocManhattan

Un mese e mezzo fa, commentando i primi due episodi di Daredevil: Rinascita, parlavamo dell’equivoco di fondo sul titolo della serie (no, nessuno ha mai detto che sarebbe stata una trasposizione del Born Again di Miller e Mazzuchelli. Quello l’avevano già fatto) e di come quei primi episodi avessero rimesso in pista ciò che ci aspettavamo da anni: il ritorno del Daredevil di Netflix e delle sue atmosfere. Le ossa spezzate, i tanti inferni personali del protagonista, Fisk che fa Fisk. Sei settimane dopo, terminata la visione del nono e ultimo episodio della prima stagione di Daredevil: Rinascita, realizzi che questo Daredevil Disney è molto più simile, strutturalmente, al Daredevil Netflix di quanto si pensi. Ma prima di proseguire: d’ora in avanti, SPOILER, occhio. Se non avete ancora visto il finale di stagione, fermatevi qui e tornate solo dopo averlo fatto.

daredevil rinascita finale analisi

I DUE TEMPI DI UN FILM CON UN LUNGO INTERVALLO IN MEZZO

Guardando in filigrana la struttura di questi nove episodi di Daredevil: Rinascita, è semplice vederci il risultato dell’inversione di marcia creativa avvenuta nel 2023, quando i Marvel Studios hanno affidato il progetto al Dario Scardapane di The Punisher, chiedendogli di riportarlo al tono della serie Netflix. Foggy e Karen appaiono solo all’inizio, e il primo muore subito e la seconda torna solo per il finale. Nel mezzo, c’è tutta la parte procedural con poco Matt Murdock in costume della versione 1.0, pre-2023, di questa serie, perché quando si è deciso di cambiare direzione, avevano già girato sei episodi e non potevano buttare via tutto.

Eppure, quali che siano state le vicissitudini produttive che hanno portato a questo risultato, lo stesso ricorda per un’assurda coincidenza ancora di più la struttura tipica delle serie Marvel realizzate per Netflix nel decennio scorso: i botti di Capodanno nei primi e negli ultimi episodi, a formare quasi i due tempi di un film, separati però da trame verticali e palleggi a centrocampo nel blocco centrale degli episodi. Ché qui siamo tutti bravi a ricordare la prima e sorprendente e bellissima ed esplosiva stagione di Daredevil nel 2015, ma c’erano anche quelle master class di temporeggiamento, i troppi episodi superflui delle varie stagioni di Jessica Jones e Luke Cage. O anche alcune parti non esattamente a fuoco della seconda e terza stagione della stessa Daredevil.

Non è esattamente quello che s’intendeva con “rivogliamo il Daredevildi Netflix”, ma questo è quanto. Il punto, semmai, è: detto che le cose sembrano decollare davvero in Daredevil: Rinascita solo con il settimo/ottavo episodio, quando un sempre enorme, gigantesco, mostruosamente bravo Vincent D’Onofrio riporta in pista tutta la brutalità di cui Wilson Fisk è capace e Matt Murdock capisce che il suo destino non può prescindere da una maschera con le corna, come dobbiamo prendere ciò che viene prima? Gli episodi dal terzo al sesto? Altro materiale di galleggiamento? Per me, no. Non esattamente, almeno.

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DANZI MAI COL DIAVOLO NEL PALLIDO PLENILUNIO?

È evidente come il viaggio dell’eroe di Christopher Vogler sia qui più che altro un ritorno dell’eroe. La rinascita del titolo, diegeticamente, è quella di Daredevil dopo un anno di purgatorio autoinflitto per la morte di Foggy. Se Foggy, per usare le parole di Charlie Cox, era il cuore del minimondo Marvel in onda su Netflix, senza di lui, nulla sembra aver più senso per Matt. Tanto meno la sua vita da vigilante, la maschera di Daredevil, che non è servita a niente quando si è trattato di salvare l’amico fraterno.

Ma tutto questo viene inserito con abilità in un quadro più vasto. L’attesa del ritorno in pista dell’eroe si protrae, episodio dopo episodio, come quella del richiamo della violenza per il sindaco Wilson Fisk. Le vite di Murdock e Fisk scorrono in parallelo, episodio dopo episodio, così come quelle dei loro amori e delle loro scelte. Prendendoli a sé, gli episodi sulla Tigre Bianca e su Muse possono sembrare poco consistenti e a volte – soprattutto nel secondo caso – anche un po’ frettolosi nel chiudere le rispettive sottotrame. Ma è tutta acqua al mulino della storia principale, a cui servono la lotta al vigilantismo di Fisk, i suoi magheggi per fare di Red Hook la sua Kingpinlandia e carburante per l’incazzatura di Frank Castle (alla fine, il discorsetto ai poliziotti esaltati dal suo simbolo, come avvenuto nei fumetti, è arrivato, durante un mini-remake de L’ultimo boyscout).

È qui che sta il pregio maggiore del lavoro compiuto da Scardapane nel ricucire quanto già in cascina e il “torniamo a fare il Daredevil Netflix” chiestogli dai piani alti. Tutto, alla fine, serve a portarci al finale di stagione, violento, esplosivo (letteralmente) e apocalittico quanto speravamo.

Detto questo, l’episodio della rapina in banca, da tanti criticato, a me è piaciuto molto, perché è un sunto di quello che Matt Murdock è e fa, con o senza costume addosso: si svolge come una storia del Daredevil a fumetti degli anni 90, magari scritta da Kark Kesel e disegnata da Cary Nord.

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DIFENS… GUERRIERI, GIOCHIAMO A FARE LA GUERRA?

E dunque. La scena post-credits ci ha spiegato come ha fatto il Frank Castle di Jon Bernthal a rendersi disponibile per il suo special televisivo (in sintesi: giocandosi la carta paisà), che vedremo prossimamente. Quanto a Daredevil, i dati di questa prima tornata di episodi di Daredevil: Rinascita non sono stati esaltanti: la serie non è riuscita a entrare nella classifica Nielsen delle 10 produzioni in streaming più viste e nelle scorse settimane ha avuto negli USA meno spettatori di Invincible (un po’ di dati). A marzo 2026, tuttavia, ci aspetta una seconda stagione, già in cantiere. E questa ci porterà a un nuovo scontro frontale tra Matt e Fisk, ovvero tra la squadra di Daredevil e la milizia privata del sindaco che vuole fare tutto quello che gli pare (a parte le teste schiacciate, continua a ricordarmi qualcuno…).

Qualcuno ha sperato anche che la squadra di Matt comprendesse già da questo finale della stagione 1 i suoi ex compagni dei Defenders, ma è un qualcuno che evidentemente ha dimenticato/perdonato robe come la serie di Iron Fist. Beato lui. Scherzi a parte, per ora niente Jessica, Luke o altri super/vigilanti nel team Daredevil, ma Karen, Cherry, Kim e Rosie la barista (che, a occhio, sembra la più pericolosa di tutti). Il resto, lo scopriremo tra poco meno di un anno.

Per ora il più, cioè ricollocare il Daredevil Netflix in questo nuovo contesto, facendo il contrario di quanto visto finora, ossia slegandolo il più possibile dagli eventi dell’MCU per restituirlo alla sua dimensione urbana e alle vicende di Manhattan e del suo quartiere, è fatto. Ma se è vero com’è vero che il diavolo, anche se spericolato, è nei dettagli, il difficile viene adesso.

Superate le difficoltà aggiuntive del cucire insieme due realtà produttive con filosofie differenti, il “facciamolo procedural” e il “facciamolo come nel 2015”, riportato l’eroe sui tetti e ripristinata nel suo cuore la voglia di far sputare sangue a Kingpin, Scardapane e i suoi sapranno fare ora quanto devono? Ovvero allestire l’epica guerra totale tra i due schieramenti che stiamo tutti immaginando nelle nostre teste, qui e ora?

Speriamo. Due cose, prima di chiudere:

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1) Tra un po’, il Punisher di Bernthal potrete metterlo pure sulla scrivania.

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2) Bravissimo, nel suo ruolo di Buck, pure Damiamo David, vero?

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