Anche il cinema d’azione ha le sue tendenze, e la più recente – in quel di Hollywood – vede protagonisti uomini apparentemente ordinari che nascondono formidabili abilità combattive: lo abbiamo visto nel primo John Wick, in Io sono nessuno e nel prossimo Colpi d’amore, come pure nel “Jason Statham Has a Job” Cinematic Universe. Dal canto suo, Mr. Morfina (in originale Novocaine) introduce una variante significativa in questo schema. Se consideriamo l’identità dell’eroe, infatti, egli è davvero un uomo ordinario: non un ex sicario, agente segreto o Marine pluridecorato, bensì un mite impiegato di banca che si ritrova a misurarsi con rapinatori e assassini.
Ovviamente anche lui nasconde qualcosa, seppure in modo diverso dai suoi colleghi dell’action. Nathan Caine (Jack Quaid) è affetto da insensibilità congenita al dolore, un disturbo del sistema nervoso che gli impedisce di provare dolore fisico: deve quindi stare attento a ogni minimo rischio per la sua incolumità, dato che potrebbe ferirsi senza accorgersene. Nathan si è isolato in una vita solitaria, e il suo unico amico è Roscoe Dixon, con cui gioca ai videogiochi online senza averlo mai incontrato. Anche il suo lavoro, come accennato prima, non ha niente di straordinario: è vice direttore della Cooperativa di Credito di San Diego, dove la vita scorre sempre tranquilla. Tutto cambia quando l’affascinante Sherry Margrave (Amber Midthunder), che lavora allo sportello della filiale, lo invita a pranzo. Nathan, travolto dalla sua energia, se ne innamora all’istante, e i due finiscono a letto insieme. Il giorno dopo, però, un trio di rapinatori assalta la banca e prende Sherry come ostaggio, spingendo il timido vice direttore a mettersi sulle loro tracce: non sa combattere, non sa sparare, ma l’insensibilità al dolore si rivela un vantaggio inaspettato.
In effetti, l’originalità di Mr. Morfina risiede proprio nell’espediente alla base della storia. Pur non essendo un’idea nuovissima (ricordate l’antagonista de Il mondo non è abbastanza?), essa permette ai registi Dan Berk e Robert Olsen di confezionare scene d’azione un po’ diverse dal solito: Nathan è totalmente inadeguato, ma sopravvive perché sa incassare bene; in altre parole, se la cava in virtù della sua passività, cui aggiunge una preziosa capacità di adattamento. Per certi aspetti è una fantasia da maschio beta, sensibile e solitario, con un’apparente manic pixie dream girl che lo fa uscire dal guscio. Sherry però è ben più di questo, e bisogna riconoscere allo sceneggiatore esordiente Lars Jacobson di essersi smarcato (almeno in parte) dai limiti di certe fantasie maschili, riconoscendo alla protagonista femminile una sua individualità. In Nathan c’è comunque il tentativo di riscattare la figura del “bravo ragazzo”, spesso illusoria e autocompiaciuta, tipica dell’immaginario incel: non a caso, lo vediamo combattere contro vari maschi alfa, con gradazioni che vanno dal Chad al GigaChad. La Hollywood contemporanea non conosce le sfumature, quindi è naturale che eroi e antagonisti siano inquadrabili in categorie sociali precise (per quanto semplicistiche). Il fatto che i cattivi siano survivalisti e neo-nazi, però, suggerisce anche una prospettiva vagamente progressista, pur soffocata da botti e sganassoni.
Ciò che importa ai registi, noti per vari horror di serie b come Stake Land II e Malvagi, è soprattutto calare il protagonista nelle situazioni più assurde, e fargli trovare un modo per uscirne. L’esito è spesso divertente (esemplare la scena della tortura), anche se le forzature logiche non mancano: sia il comportamento della polizia – con la coppia di detective interpretata da Betty Gabriel e Matt Walsh – sia l’indagine di Nathan per trovare i rapinatori hanno qualcosa di inverosimile. Il contesto è però volutamente parossistico, e le libertà narrative passano in secondo piano. Mr. Morfina ha infatti il merito di non tirarsi indietro, e anzi flirta con lo splatter in modo giocoso, almeno quando la vittima è proprio Nathan. Ne risulta una commistione tra violenza grottesca ed emancipazione individuale, per un’avventura che – come accade sempre con eroi del genere – ha valore formativo. Un feel-good movie per maschi beta, insomma.