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Ricapitolando. Una settimana fa dicevamo di quanto siano azzeccati e d’impatto i primi due episodi di Daredevil: Rinascita, la serie su Disney+ che funge da seguito del Daredevil Netflix. Ieri abbiamo raccontato come Daredevil ha creato le Ninja Turtles, tra le altre cose. Oggi torniamo a parlare di Rinascita, prendendo in esame quanto accaduto nel terzo episodio. Da qui in avanti, SPOILER, occhio.
È evidente come uno dei temi principali di Daredevil: Rinascita sia il vigilantismo. Cosa spinge degli uomini mascherati a farsi portatori di giustizia? Chi li controlla? Quali sono i loro limiti? Se nel Marvel Universe cartaceo, popolato da migliaia di eroi in costume, è normale imbattersi in dei tizi mascherati che portano avanti la “battaglia senza fine” contro le forze del male e il supercriminale di turno, in un contesto realistico come questa serie TV il discorso appare molto più complesso.
Nella New York City di Daredevil ci saranno pure stati i ninja e il sindaco sarà pure un criminale capace di sopravvivere a un colpo d’arma da fuoco in faccia, ma un tipo vestito da Tigre Bianca, con un amuleto al collo che gli dà i poteri magici, poteva sembrare un attimo una cosa troppo sopra le righe. E invece.
Hector Ayala, il primo White Tiger/Tigre Bianca dei fumetti Marvel, non nasce in realtà in un vero e proprio fumetto Marvel.
Siamo nel 1975, e negli Stati Uniti si respira a pieni polmoni la mania per i film di arti marziali. Una mania esplosa grazie a I 3 dell’Operazione Drago, e che il povero Bruce Lee non ha fatto in tempo a vedere, visto che è andato a insegnare agli angeli il suo Jeet Kune Do nel luglio del ’73, un mese prima dell’uscita del film.
Il 1974 è il grande anno delle arti marziali, per gli statunitensi e, di riflesso, per i giovani di tutto il mondo. Le stanzette di milioni di adolescenti si popolano di poster di Bruce Lee, per radio passa Kung Fu Fighting di Carl Douglas e la Marvel s’inventa The Deadly Hands of Kung Fu. Non è, dicevamo, un fumetto come gli altri, ma una rivista, pubblicata da una società facente parte dello stesso gruppo della Marvel Comics e con lo stesso proprietario (Martin Goodman), la Magazine Management.
Già da diversi anni, la casa editrice sta sperimentando con riviste che mescolano fumetti e articoli a tema, sfruttando i filoni del fantasy e dell’horror. Sono pubblicazioni che hanno il grande vantaggio di non essere sottoposte al Comics Code, e quindi di poter spingere sul fronte della violenza raffigurata. Per dire: sul primo numero di Savage Tales, Stan Lee chiede e ottiene di metterci un Conan il Barbaro che regge la testa mozzata di un nemico…
Così, tra le riviste a base di zombie, Dracula e Conan, che Goodman pubblica sotto le etichette Curtis Magazine e Magazine Managemente, arriva nel ’74 anche The Deadly Hands of Kung Fu. Una realtà che va avanti per 33 numeri più uno speciale, pubblicati tra il ’74 e il ’77. Il compianto Bruce Lee finisce spesso sulle copertine pittoriche del magazine, sia direttamente, sia tramite il suo emulo Marvel, Shang-Chi (nato, e come ti sbagli, a fine ’73).
Ma sulle pagine interne e le cover di The Deadly Hands of Kung Fu trovano spazio anche altri eroi. Cioè, a parte Chuck Norris, che qui sopra vediamo farsi una chiacchierata con Stan Lee e Jack Kirby. Nelle storie a fumetti del magazine vengono ripresi personaggi Marvel già esistenti e legati alle arti marziali, come il suddetto Shang-Chi o Iron Fist, e ne vengono creati di nuovi, come i Figli della Tigre e la Tigre Bianca.
I Figli della Tigre sono un gruppo multietnico di campioni di arti marziali apparso per la prima volta sul primo numero di The Deadly Hands of Kung Fu. Hector Ayala, la nostra Tigre Bianca, debutta solo sul numero 19 (dicembre ’75).
Creato da Bill Mantlo e George Pérez, anche nella sua versione a fumetti è un portoricano che trova l’amuleto della tigre e ne acquisisce i poteri. In pratica, si tratta dei tre amuleti usati e infine gettati in un vicolo dai tre Figli della Tigre, che per Hector diventano un ciondolo unico.
La sorte dell’Hector Ayala cartaceo è leggermente diversa da quella toccata al personaggio in Daredevil: Rinascita, ma altrettanto triste. Accusato ingiustamente di un omicidio, viene incarcerato, nonostante gli sforzi del suo avvocato, che anche in quel caso è Matt Murdock. Ayala prova a fuggire e viene colpito a morte da un proiettile, poco prima che saltino fuori le prove della sua innocenza. In seguito, nel Marvel Universe ci sono stati altri quattro personaggi con il nome di Tigre Bianca. L’ultima, Ava Ayala, è una sorella di Hector.
Il momento più riuscito del terzo episodio di Daredevil: Rinascita è quello in cui Murdock snocciola in tribunale gli esempi degli atti eroici compiuti da Hector Hayala come Tigre Bianca. Un azzardo con cui non solo fa indispettire il giudice, a cui aveva chiesto di non far menzione della cosa, ma espone anche Hector a un grosso rischio. Che poi è il motivo principale per cui gli eroi vanno in giro mascherati, in questi mondi. Bene, il racconto delle imprese della Tigre Bianca funziona soprattutto per le emozioni e la sofferenza interiore che comunica in quei momenti il volto di Kamar de los Reyes.
Un attore sfortunato, venuto a mancare a fine 2023, dopo una carriera che lo ha visto protagonista soprattutto in TV e nel mondo dei videogiochi (serie Call of Duty). Inutile dire che sapere sin dall’inizio che il cancro se è portato via Kamar de los Reyes a soli 56 anni, e che anche lui non ha fatto a tempo a vedere in TV questo suo momento di gloria, rende la parabola di Hector sullo schermo ancora più triste.
Tornando alla serie, questo episodio tutto procedural ci lascia con due grandi interrogativi. Il primo è su come gestira Matt la morte di Hector, della quale si sente in parte responsabile. Il secondo, invece, ha a che fare con la polizia di New York (en-uai-pi-di, come dicono nello show, anche nel doppiaggio italiano) e la sua fascinazione per The Punisher…
Per chi non lo sapesse, la sottotrama dei poliziotti fan del teschio del Punitore, al punto da tatuarselo addosso, non è solo una cosa di fantasia. Nel mondo reale, si è parlato più e più volte di corpi di polizia che hanno adottato il logo di Frank Castle in maniera ufficiosa, con stemmi e adesivi. O anche in maniera ufficiale, come è avvenuto nel 2017 a Catlettsburg, in Kentucky, dove la polizia locale ha applicato quei teschi sul cofano delle proprie volanti.
È un fenomeno di cui si è parlato molto dopo la nascita del movimento Black Lives Matter, e visto che quello è il simbolo di uno psicopatico che ammazza la gente, e che lo stesso è stato adottato anche da movimenti di estrema destra e gruppi paramilitari di schizzati – non a caso lo si è visto sventolare sulle bandiere dei tizi che hanno assaltato Capitol Hill il 6 gennaio 2021 – in tanti ne hanno preso le distanze. Lo ha fatto il co-creatore del Punitore, Gerry Conway, scrivendo su Twitter nel 2020 che l’uso di quel simbolo da parte della polizia “era una disgrazia”.
E lo ha fatto la stessa Marvel Comics, che, a partire dal 2022, ha dapprima modificato il logo pettorale di Frank Castle, adottandone uno ispirato all’immaginario giapponese (cogliendo al balzo una saga legata ai ninja), e poi proposto un nuovo The Punisher, completamente diverso: Joe Garrison, un ex agente dello SHIELD.
In Daredevil: Rinascita, il tema dei poliziotti fanatici del Puni si intreccia ovviamente con il ritorno di Jon Bernthal, il cui Frank Castle riapparirà proprio in Rinascita e sarà anche protagonista, l’anno prossimo, di un nuovo speciale one-shot, un altro Marvel Studios Special Presentation. Nel caso ve lo siate chiesto: NO, non è chiaramente il Punisher il tizio che spara alla Tigre Bianca alla fine dell’episodio. Castle non l’avrebbe fatto, ed è ovvio che si tratta di uno di quei poliziotti che ad Ayala l’avevano giurata.
Sarebbe molto bello se, quando apparirà, il Punisher di Jon Bernthal spiegasse a questi poliziotti la differenza che c’è tra uno come lui e quelli che dovrebbero servire e proteggere le persone. Che il loro eroe dovrebbe essere uno come Steve Rogers, non Frank Castle. Il Punitore a fumetti l’ha fatto, nella pagina di The Punisher 13 del 2019, che vedete qui sopra. Quello che sta riducendo in coriandoli è proprio un adesivo applicato su una volante.
Ah, un’ultima cosa, per alleggerire un attimo il discorso. Matt Murdock, come appare evidente da questa inquadratura, ha fatto una vacanza in Puglia, in qualche momento della sua vita:
Buoni i panzerotti, Matt, ve’?