Miss Italia è morta, lunga vita a Miss Italia. Il concorso di bellezza che per decenni ha rappresentato un’icona della cultura pop italiana è ormai ridotto a un’ombra di sé stesso. Un tempo trampolino di lancio per le stelle del cinema e della televisione, oggi lotta per sopravvivere in un mondo in cui le reginette di bellezza hanno lasciato il posto a influencer e content creator. Ma se il declino di Miss Italia è sotto gli occhi di tutti, la sua storia continua a suscitare curiosità e dibattito, soprattutto ora che Netflix ha deciso di raccontarla con il documentario Miss Italia non deve morire.
Uscito il 26 febbraio 2025 e diretto da Pietro Daviddi e David Gallerano, il film getta uno sguardo inedito sul concorso, ripercorrendone la storia, il crollo di popolarità e le battaglie per la sopravvivenza in un mondo sempre più lontano dai suoi ideali tradizionali. Ma perché questo documentario ha scatenato un dibattito così acceso?
Nato nel 1946, Miss Italia è stato per decenni un’istituzione nel panorama culturale italiano. Non era solo un concorso di bellezza, ma un trampolino di lancio per molte giovani donne che aspiravano a una carriera nel mondo dello spettacolo. Da Sophia Loren a Gina Lollobrigida, numerose icone del cinema hanno avuto i loro inizi grazie a questa competizione.
Negli anni ’80 e ’90, il concorso godeva di un’enorme popolarità, con milioni di spettatori sintonizzati per seguire l’incoronazione della reginetta dell’anno. Tuttavia, con l’avvento dei social media e il cambiamento dei paradigmi estetici e culturali, la manifestazione ha iniziato a perdere appeal, fino ad essere relegata su canali di minor rilievo e a subire un progressivo ridimensionamento.
Forse è giusto così: i tempi sono cambiati e Miss Italia sembra appartenere a un passato che molti di noi hanno ormai superato. Il mondo dell’intrattenimento, della moda e della comunicazione ha preso strade diverse, e sebbene il concorso rimanga un pezzo di storia, fatica a ritagliarsi uno spazio nel presente. Naturalmente, non tutti potrebbero essere d’accordo, convinti che una tradizione così importante meriti di essere preservata, ma oggi sembra che il concetto di bellezza come competizione abbia perso il suo significato originario, sostituito da una visione più inclusiva e variegata dell’estetica e dell’individualità. In un mondo che celebra la diversità, è comprensibile che un format legato a standard rigidi e tradizionali trovi sempre meno spazio.
Miss Italia non deve morire racconta questa trasformazione attraverso lo sguardo di Patrizia Mirigliani, erede del patron storico Enzo Mirigliani. La regista racconta la sua lotta per mantenere vivo il concorso, nonostante le critiche, le difficoltà economiche e il contesto socioculturale sempre più distante dai valori tradizionali.
Il film non si limita a essere un’operazione nostalgica, ma analizza i problemi strutturali del concorso: la sua difficoltà ad adattarsi alle nuove sensibilità femministe, l’assenza di una chiara identità nel panorama dell’intrattenimento contemporaneo e le polemiche riguardanti la selezione e la rappresentazione della bellezza femminile. Propone una riflessione profonda sul significato di Miss Italia oggi. Un concorso di bellezza può sopravvivere in un mondo che si allontana dall’idea di competizione basata sull’estetica?
Un aspetto peculiare del documentario è il suo tono grottesco. La narrazione non appare mai del tutto naturale, dando l’impressione che le persone coinvolte stiano recitando un copione. Questo sottrae spontaneità al racconto, rendendo l’intera opera più artificiosa. Non è chiaro se questa scelta sia intenzionale o meno, ma di certo rappresenta un elemento singolare.
Dopo la visione di Miss Italia non deve morire, una domanda rimane aperta: il concorso potrà davvero reinventarsi? Alcune edizioni recenti hanno tentato di includere criteri più moderni, come la partecipazione di ragazze con storie personali forti o messaggi di empowerment femminile, ma il marchio resta ancorato a un passato difficile da scardinare.
Se da un lato il concorso riflette l’evoluzione della società italiana, dall’altro è chiaro che senza un cambiamento profondo rischia di diventare sempre più anacronistico. Nonostante gli sforzi per adattarsi, la sua identità resta legata a un modello ormai superato. Piuttosto che cercare di reinventarsi, forse sarebbe meglio accettare che il concorso non ha più un posto nel contesto attuale, lasciando che l’idea stessa di bellezza e competizione evolva in nuove forme, più in linea con i valori contemporanei.