Cinema roberto recchioni Recensioni
Io sono ancora qui è un film diretto da Walter Salles (Central do Brasil, I diari della motocicletta, On the Road) e basato sul libro di memorie di Marcelo Rubens Paiva, che narra la tragica vicenda della sua famiglia durante la dittatura militare brasiliana.
La storia inizia nel 1971, in un Brasile schiacciato da una dittatura solo apparentemente soft. Rubens Paiva (interpretato da Selton Mello) era un deputato laburista e un intellettuale, arrestato dal governo e subito scomparso, uno dei tanti desaparecidos di quel regime.
Il film racconta la vita di Rubens e della sua famiglia fino al momento in cui la polizia viene a prenderlo a casa per farlo sparire nel nulla, per poi concentrarsi sulla lunghissima battaglia di sua moglie Eunice (Fernanda Torres), una donna incapace di arrendersi che dedicherà tutta la sua vita per far riconoscere al governo che suo marito è stato rapito e ucciso. Il film è un affresco lungo decenni, capace di ricostruire il Brasile di quegli anni in una forma intima, eppure universale, legata al ricordo (Salles, il regista, ha conosciuto personalmente la famiglia Paiva, ha vissuto nella loro casa e condiviso molte delle loro esperienze) ma, al tempo stesso, fortemente ancorata alla realtà, alla cronaca e al presente.
Il linguaggio che Salles decide di impiegare è sobrio, pacato, lontano dai toni enfatici, dal sentimento insistito, dalla spettacolarizzazione emotiva. Il cinema del regista è sempre stato naturalistico e “normale” che qui, contrapponendosi a una storia così terribile ma anche così “di tutti i giorni”, esplode per contrasto, centuplicando la portata drammatica della pellicola. Guardando il film, ci si riconosce nella famiglia Paiva e si finisce col pensare che quello che è successo a loro potrebbe succedere anche a noi, specie di questi tempi.
Il film è scritto, in maniera dignitosa e solida, da Murilo Hauser e Heitor Dhalia (che si sono basati sul libro-biografia del figlio di Rubens e Eunice, Marcelo), fotografato da Adrian Teijido, montato da Affonso Gonçalves e musicato da Warren Ellis (che, inutile dirlo, fa un lavoro straordinario) e merita di essere visto sia per la storia che racconta, sia per la sua fattura complessiva, che ci ricorda che fare un cinema “semplice” ma significativo è possibile. In termini semplici, Salles ci mostra che l’autorialità, la voglia di far sentire la nostra voce, qualche volta deve fare un passo indietro per rispetto alla storia e ai temi raccontati (sì, Jacques Audiard, mi sto lamentando proprio di te e del tuo Emilia Pérez).
Detto questo, parliamo dell’aspetto più straordinario del film: Fernanda Torres, protagonista nel ruolo di Eunice. Qui il discorso è semplice: è dai tempi della migliore Meryl Streep che non si vedeva una prova attoriale femminile di questo livello. Fernanda Torres riesce a portare a schermo una donna normale e unica al tempo stesso, donandole un’umanità, una profondità e un realismo senza eguali. Qualsiasi premio come “miglior attrice” che quest’anno non verrà dato a Fernanda Torres, sarà un premio rubato.
Insomma, Io sono ancora qui non è solo un film bello (anche se una scorciatina sui molteplici finali non gli avrebbe fatto male), ma un film importante, seppure in maniera discreta (ma ostinata), borghese (ma combattiva) e intima (ma universale).
Merita davvero tanto di essere visto e amato.