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Wicked, la recensione

Pubblicato il 21 novembre 2024 di Lorenzo Pedrazzi

“La Strega Malvagia doveva farci paura, ma era anche un monito per le donne e le bambine” dice Elizabeth Sankey in Witches, video-saggio che esplora il legame tra la salute mentale post partum e la rappresentazione delle streghe nella cultura pop. “Sii bella e comportati bene, altrimenti ti faremo a pezzi.” Ecco, Wicked comincia proprio da qui: la Strega Malvagia dell’Ovest è stata appena sconfitta da Dorothy, e il suo corpo si scioglie in una poltiglia sotto il cappellaccio nero. Se conoscete Il Mago di Oz, probabilmente ricordate questa scena. Ma il film di Jon M. Chu è l’adattamento dell’omonimo musical, tratto a sua volta da Strega – Cronache dal Regno di Oz in rivolta di Gregory Maguire: un libro che non solo rivisita la storia originale di L. Frank Baum, ma narra le origini della strega e la verità dietro le sue azioni. Questo piglio revisionista è anche alla base dell’opera musicale, emblema di una nuova sensibilità che ripensa i classici da una prospettiva critica: la strega è “malvagia” perché questo ruolo le è stato imposto da una società (patriarcale) oppressiva, che scopre di non poterla controllare e quindi la teme.

La notizia della sua morte si diffonde molto presto nel Regno di Oz, e Glinda (Ariana Grande) conferma che è tutto vero. Il popolo festeggia, ma una ragazzina interroga la Strega Buona: è vero che lei e la Strega Malvagia un tempo erano amiche? Dopo questo lungo prologo, Glinda comincia a raccontare, accompagnandoci nel cuore della storia. La Strega Malvagia (Cynthia Erivo) in realtà si chiama Elphaba, ed è la figlia primogenita del governatore di Munchkinland (Andy Nyman). Nata con la pelle verde, subisce fin da piccola le discriminazioni dei coetanei e le angherie del padre, che invece è molto affezionato alla seconda figlia, Nessarose (Marissa Bode), paraplegica fin dalla nascita. Oltre alla pelle di un insolito colore, però, Elphaba possiede dei misteriosi poteri magici che si attivano in risposta alle emozioni forti, subito notati dalla preside Madame Morrible (Michelle Yeoh) quando la futura strega accompagna Nessarose all’Università di Shiz. Anche Glinda – che di questi tempi si chiama ancora Galinda – sta per iniziare l’anno accademico, e diviene subito la studentessa più popolare della scuola.

Lei ed Elphaba finiscono per condividere la stessa camera, ma non potrebbero essere più diverse: se la prima è una ragazza solare, egocentrica e amata da tutti, la seconda è invece riflessiva, introversa e costantemente oggetto di derisione. Elphaba, inoltre, viene presa da Madame Morrible sotto la sua ala, suscitando l’invidia di Glinda. Tra le ambizioni di quest’ultima e l’interesse condiviso per il fascinoso Principe Fyero (Jonathan Bailey), la rivalità è inevitabile, ma solo all’inizio. D’altra parte, non dimentichiamo che Wicked è una grande storia di solidarietà femminile: Glinda ed Elphaba appianano infatti le divergenze e sviluppano una profonda amicizia, scoprendosi complementari. Mentre il Regno imbocca una svolta autoritaria, le due amiche si ritrovano al cospetto del Mago di Oz (Jeff Goldblum), e scoprono la realtà celata dietro un abile gioco di specchi.

Wicked

La divisione in due parti (questa è solo la prima) costringe a diluire il racconto nel corpo centrale del film, dove la narrazione arranca e gli sviluppi scarseggiano, sostituiti da numeri musicali che approfondiscono i rapporti tra i personaggi. Gli intermezzi cantati, però, sono davvero spettacolari: l’esperienza di Jon M. Chu (che nasce coreografo) si sente tutta, a partire da come muove la macchina da presa per accompagnare i passi dei ballerini, dando fluidità alla messa in scena. Nell’adattare il musical, Wicked sfrutta fino in fondo gli strumenti del cinema e del digitale, nel senso che ragiona in modo dinamico, come un colossal fantasy in musica. A tal proposito, si può dire che il film compia un ulteriore passo verso l’emancipazione dei blockbuster dai soli modelli maschili, iniziata l’anno scorso con Barbie; anche stavolta, abbiamo una grande produzione che fa riferimento a un immaginario diverso, femminile e queer, ma tradotto nelle suggestioni visive di un franchise hollywoodiano.

Così, Wicked smarca la Strega Malvagia dalla sua immagine stereotipata: non più antagonista da combattere perché minaccia l’ordine costituito, ma donna coraggiosa e ribelle proprio perché si oppone a un sistema ingiusto. Elphaba non ha alcuna intenzione di “comportarsi bene”, né di cedere alle pressioni sociali su moda e femminilità. Al contrario, indossa con orgoglio il suo cappellaccio nero, e spicca il volo sulla Città di Smeraldo intonando il suo inno all’indipendenza. Quando la strega acquisisce consapevolezza di sé, l’esito è davvero un trionfo; non solo perché Cynthia Erivo è bravissima a dare corpo e volto a questo percorso, ma perché il film stesso mette al suo servizio i dispositivi di un grande spettacolo, dove la commistione di musica e immagini esalta il nuovo corso del personaggio. Intendiamoci, la glorificazione della diversità e dell’empowerment femminile non è certo una novità a Hollywood, ma l’impatto di Wicked sta nella gioia con cui celebra tutto questo, nella sua capacità di offrire un intrattenimento edificante senza scivolare troppo nella retorica. Sa essere buffo grazie all’ego di Glinda e alle sue pantomime melodrammatiche; dimostra una notevole creatività nelle scenografie (la biblioteca con gli scaffali rotanti) e nei costumi (straordinari gli accessori); e ammalia con la sua combinazione stilistica di fantasy e steampunk.

Se è vero che il romanzo di Maguire risale al 1995, e che il musical teatrale di Stephen Schwartz e Winnie Holzman ha debuttato nel 2003, il passaggio al cinema – arte popolare per eccellenza – sancisce il definitivo coronamento di questa lettura revisionista: un’ode a tutte le “streghe” che hanno osato scegliere il pensiero indipendente, lottando contro un sistema che le voleva zitte e buone. L’urlo di Elphaba è anche il loro.