Cinema e Intelligenza Artificiale
Stiamo attraversando un periodo di grandi cambiamenti, in cui l’intelligenza artificiale (AI) sta trasformando profondamente molti settori, compreso quello creativo. È un momento di incertezza che può generare timori, ma che al tempo stesso affascina per le sue potenzialità rivoluzionarie. Recentemente ha fatto scalpore (ma in fondo lo sapevamo già, forse non volevamo ammetterlo) la notizia che i dialoghi di film e serie TV delle grandi prodi produzioni Hollywoodiane sono stati utilizzati per addestrare sofisticati modelli di AI, sviluppati da aziende come Apple, Anthropic e Meta. Questo fenomeno solleva interrogativi importanti su diritti d’autore, proprietà intellettuale e il futuro del lavoro creativo, aprendo scenari inediti e provocatori per l’industria dell’intrattenimento.
I sistemi di intelligenza artificiale si sono dimostrati estremamente abili nella comprensione dei riferimenti cinematografici, al punto da destare sospetti tra gli sceneggiatori sulla fonte della loro “conoscenza”. Questi sospetti si sono rivelati fondati: i sistemi AI sono stati effettivamente addestrati utilizzando dialoghi tratti da oltre 53.000 film e 85.000 episodi TV, una scoperta resa possibile dall’analisi di un dataset composto da sottotitoli disponibili su piattaforme come OpenSubtitles.org. Questo sito, con oltre 9 milioni di file di sottotitoli in più di 100 lingue, ha fornito una ricca fonte di dialoghi naturali, fondamentali per allenare AI capaci di comprendere e generare linguaggio simile al parlato umano.
Aziende come Anthropic hanno utilizzato questi sottotitoli per perfezionare i loro modelli linguistici di grandi dimensioni (LLM), che sono algoritmi di intelligenza artificiale progettati per comprendere, generare e rispondere al linguaggio umano. Questi modelli sono addestrati su enormi quantità di dati per apprendere schemi e strutture del linguaggio, migliorando la capacità di generare risposte più fluide e coerenti. Un esempio di LLM è Claude, un concorrente di ChatGPT, che utilizza queste tecnologie per gestire conversazioni complesse e produrre testi in modo più preciso e naturale.
Altre aziende come Nvidia, Salesforce e Bloomberg hanno seguito l’esempio, integrando i dialoghi cinematografici nelle reti neurali avanzate per sviluppare modelli più sofisticati e versatili.
Non sorprende che l’uso non autorizzato dei dialoghi abbia provocato notevoli preoccupazioni nel settore artistico. La questione legale è complessa: molte aziende tecnologiche sostengono che l’uso di queste opere per l’addestramento dell’AI rientri nel “fair use” del diritto d’autore. Tuttavia, la questione non è ancora stata chiarita del tutto dai tribunali.
Vince Gilligan, creatore di Breaking Bad, ha paragonato il fenomeno del training AI senza permesso a una forma sofisticata di plagio, sollevando un dibattito acceso sulla legittimità di queste pratiche e il rispetto dei diritti dei creativi. Le cause legali intentate da scrittori, attori e altri professionisti mirano a reclamare un controllo maggiore sui loro lavori e una compensazione adeguata.
Mentre Hollywood si divide sul tema dell’intelligenza artificiale, James Cameron rappresenta sicuramente una voce fuori dal coro. Visionario per alcuni, incosciente per altri, il regista di capolavori come Titanic e la saga di Avatar ha recentemente annunciato il suo ingresso nel consiglio di amministrazione di Stability AI, leader mondiale nell’AI generativa. La sua filosofia sembra chiara: meglio accogliere il “nemico” a braccia aperte, piuttosto che sfidarlo in una guerra che, almeno al momento, sembra destinata a essere persa.
Con una carriera dedicata a spingere i confini della narrazione e della tecnologia, Cameron ha dichiarato:
Ho passato la mia carriera cercando tecnologie emergenti per raccontare storie incredibili. Ora, la convergenza tra IA generativa e CGI rappresenta la prossima onda rivoluzionaria.
Grazie alla sua esperienza nell’introduzione della CGI, Cameron mira a sfruttare l’AI per aprire nuovi orizzonti creativi, offrendo agli artisti strumenti per esplorare territori finora inaccessibili. Il suo contributo con Stability AI punta a trasformare il panorama della narrazione visiva, cercando un equilibrio tra innovazione tecnologica e spirito artistico. Forse Cameron ha ragione: piuttosto che opporsi all’inevitabile, è più saggio cercare di guidarlo verso un futuro che rispetti e valorizzi la creatività umana.
L’uso dei dialoghi dei film per il training AI porta con sé implicazioni profonde per l’industria dell’intrattenimento. Se da un lato l’intelligenza artificiale può offrirci strumenti innovativi e nuove modalità di produzione di contenuti, dall’altro si profila all’orizzonte un cambiamento radicale nel modo in cui il lavoro creativo viene percepito, valorizzato e tutelato.
Il ragionamento di Cameron è condivisibile per molti aspetti: accogliere la tecnologia e cercare di guidarla può essere un approccio strategico per non essere sopraffatti. Tuttavia, la questione dei dialoghi, delle sceneggiature e del lavoro di scrittura è forse un altro territorio, ben più delicato. Qui lo scenario si fa più preoccupante: i lavoratori vanno tutelati e le loro opere rispettate, non solo per preservare la creatività individuale, ma anche per garantire la sostenibilità di un’industria che rischia di sacrificare l’autenticità artistica sull’altare dell’innovazione.
Gli sceneggiatori e i creativi si trovano ad affrontare un futuro in cui la tecnologia potrebbe diventare sia un alleato che un concorrente. La necessità di trasparenza e di regolamentazione è sempre più pressante, soprattutto alla luce delle potenziali conseguenze economiche e artistiche di questa evoluzione tecnologica.
L’integrazione di dialoghi cinematografici nei modelli di intelligenza artificiale rappresenta indubbiamente un passo avanti nel campo della tecnologia, ma solleva anche interrogativi cruciali sulla proprietà intellettuale e il futuro della creatività umana. In che modo l’industria dell’intrattenimento risponderà a questa sfida è una domanda aperta, con implicazioni che potrebbero rimodellare il panorama culturale globale.
Con ScreenWEEK e Cineguru seguiamo con attenzione, sin dagli esordi, l’evoluzione dell’AI e il suo impatto sul mondo dell’Intrattenimento.
Fonte: The Atlantic