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Dune: Prophecy, l’House of the Dragon dello spazio

Pubblicato il 13 novembre 2024 di DocManhattan

Giuro, non lo faccio apposta. Non è un modo spiccio per semplificarmi il lavoro, limitando l’analisi di una serie a un veloce raffronto con un metro di paragone famoso. È proprio che gli esempi in questione li sta utilizzando per prima la HBO, a quanto pare, per impostare le sue nuove produzioni. Così, se di The Penguin dicevamo (qui e qui) che è I Soprano ambientato a Gotham City, è virtualmente impossibile, dopo aver visto i primi episodi di Dune: Prophecy, non pensare a Game of Thrones/House of the Dragon. Ma partiamo dalle basi: cos’è Dune: Prophecy? Come si colloca nel mondo di Dune ormai universalmente noto grazie ai (bellissimi) film di Denis Villeneuve? Ed è uno show fruibile anche per chi, metti, di Dune non sapesse un accidenti?

Dune Prophecy recensione

CENTOUNO SECOLI FA

E allora. Dune: Prophecy è una miniserie in 6 episodi che debutterà su Sky (e in streaming solo su NOW) lunedì prossimo, il 18 novembre. Si tratta di un adattamento di un romanzo del 2012, Sisterhood of Dune, scritto da Brian Herbert (figlio di Frank, in creatore di Dune) e Kevin J. Anderson. Un lungo prologo nel primo episodio chiarisce che il tutto si svolge trent’anni dopo la guerra contro le macchine pensanti, in quella che i fan conoscono come battaglia di Corrin, e la bellezza di 10.148 anni prima della nascita di Paul Atreides, il personaggio di Timothée Chalamet nei film di Villeneuve.

Ma anche se mancano dieci millenni e mancia ai fatti di Dune, alcune cose saranno già molto familiari a chi ha visto i film: l’Imperium ha dei problemi su Arrakis a procacciarsi la spezia a causa dei Fremen, c’è in giro un Atreides e ci sono già in ballo gli Harkonnen. Due sorelle appartenenti a questa casata, Valya e Tula Harkonnen (interpretate da Emily Watson e Olivia Williams) sono al centro della vicenda, visto che guidano la sorellanza del titolo, le streghe Jedi che verranno conosciute come Bene Gesserit.

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SESSO E SPEZIA, SESSO E SPEZIA

Per farla brevissima: i primi quattro episodi scorrono in modo sostanzialmente piacevole, pur non brillando, se non dal punto di vista visivo. Il primo episodio in particolare, ma in fondo tutti e quattro quelli visti, vantano scelte tanto di design quanto di regia che non solo non sono banali, ma si integrano bene con l’immaginario a cui ha dato forma il cinema di Villeneuve. Tutta la struttura narrativa poggia invece su una serie di complotti attorno alla corte dell’imperatore Corrino, di magheggi per ottenere questo o quel vantaggio strategico, di piani segreti di tutta una serie di personaggi. Tanti, forse anche troppi, visto il numero di episodi, per dare il giusto spazio a tutti.

C’è un imperatore e c’è sua figlia, la ribelle principessa Ynez (Sarah-Sofie Boussnina). C’è tutto un discorso di base sull’importanza delle figure femminili nel mondo di Dune – comodissimo, per dire, avere a corte una Truthsayer della sorellanza che può capire quando qualcuno sta mentendo all’imperatore – che però sono al contempo relegate in un angolo e velate anche in senso fisico. O promesse in sposa a un ragazzino pur di ottenere una flotta, qui come ad Approdo del Re.

E poi, trattandosi di una serie HBO, ovviamente ci sono morti cruente e scene di sesso, e non mancano perfino i rampolli di buona famiglia che pippano in un locale notturno. No, sul serio.

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PER CHI NON È FAN

Per un giudizio vero e proprio aspettiamo di poter vedere i due episodi conclusivi di questa stagione, ma in base a quanto visto finora Dune: Prophecy ci è sembrata una serie che gioca molto di sponda, seguendo appunto lo schema di Game of Thrones nel modo in cui costruisce i suoi episodi partendo dal romanzo. Il che, da una parte, permette alla serie di essere fruibile praticamente da chiunque, e in particolare da chi ha amato le serie tratte dai libri di Martin: siamo nello spazio e ci sono dei pianeti popolati da vermoni delle sabbie, anziché in un medioevo fantasy con draghi e metalupi, ma le atmosfere a base di complotti e “sensualità a corte” sono quelle.

D’altro canto, temo che questo non basti per brillare nel sempre saturo, sempre competitivo mondo delle produzioni per il piccolo schermo. Soprattutto per qualunque serie che voglia imporsi sulla concorrenza, fare il compitino dal punto di vista dei contenuti e puntare soprattutto su una confezione visiva accattivante può non essere sufficiente per conquistare l’unico bene più prezioso della spezia in tutto l’universo: il tempo di spettatori annoiati paradossalmente per la troppa offerta.

Sintentizzando: chi controlla la spezia, nella vita comanda fino a quando, c’ha stretto in mano il suo telecomando.

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PER CHI LO È

Il caso opposto è rappresentato invece da chiunque sia un fan di Dune, che si godrà un nuovo tuffo nelle sue ambientazioni e un lungo antefatto di questo mondo. Se poi il fan in questione ha magari già letto il romanzo e tutto il resto della trilogia prequel Great schools of Dune (composta da Sisterhood of Dune, Mentats of Dune e Navigators of Dune), male non fa: se lo godrà uguale. Ma in quel caso solo dopo aver fatto le pulci alla trasposizione TV per ogni dettaglio diverso rispetto al libro, chiaro, o altrimenti no non vale.

Ne torniamo a parlare sotto Natale, quando sarà andato in onda il sesto e ultimo episodio di questa prima stagione di Dune: Prophecy.