Quei due robot che vedete al centro delle foto in questa pagina e sulla locandina di Transformers One non sono Optimus Prime e il suo acerrimo nemico, Megatron. Non ancora, quanto meno. Sono due poveri minatori, considerati cittadini di serie B di Iacon, megalopoli nel cuore di Cybertron, perché privi dell’ingranaggio di trasformazione. E sono pappa e ciccia. Come Charles Xavier e Magneto, o altre coppie di antagonisti celebri, in passato sono stati infatti grandi amici. Transformers One è la loro storia, nonché il miglior film dei Transformers che io abbia visto dai tempi del primo lungometraggio animato (Transformers – The Movie, e parliamo del 1986). No, sul serio.
Non gli davo una lira cybertroniana, devo ammetterlo. Mi aspettavo da Transformers One un film per bambini, tutto gag, pasticci e faccette buffe, anche perché quello lasciavano presagire i trailer. E invece quello è solo l’inizio. Solo la prima parte della pellicola, che però cambia presto pelle, diventando un rispettoso e ben confezionato atto d’amore verso quattro decenni di lore dei Transformers. Transformers One è un film che torna alle origini, letteralmente, sgomberando il campo da quanto visto nella saga di Bay – alcune cose che avvengono qui non sono compatibili con quanto visto nei film live action – e facendo debuttare così una nuova linea temporale a cominciare dagli esordi su Cybertron di Autobot e Decepticon. Prima ancora che Autobot e Decepticon esistessero.
Non è una storia totalmente nuova quella raccontata da Transformers One, perché tanti elementi di questa, da Orion Pax ai Prime, i Tredici, i Quintessenziali e tanto altro, sono già apparsi in altre incarnazioni del franchise, fra fumetti, cartoon, libri. Orion Pax e D-16 (bella citazione: 16 era il codice del primo giocattolo Takara di Megatron), i futuri Optimus Prime e Megatron, dicevamo, sono due amici minatori, in una società che cela sotto un volto allegro una distopia bella pesante e una sostanziale divisione in caste da fantascienza sociologica.
Solo che Orion Pax e D-16, come Fantozzi dopo aver frequentato il compagno Folagra, a un certo punto mangiano la foglia e s’incazzano. Il misto d’azione e umorismo della prima parte lascia quindi spazio a una storia decisamente più epica, in cui il (telefonato, sì) villain sulla scena si lascia andare ad azioni piuttosto brutali. Tanto sono robot, puoi farli tranquillamente a pezzi pure in un film per tutti. L’avventura, che vede protagonisti i due minatori insieme a Elita-1 e a un ceeeerto robot giallo logorroico, si fa via via più avvincente, fino a sfociare in un finale memorabile, in cui non è stato lasciato nulla al caso.
La transizione di D-16 in Megatron, in pratica la gestione della fase “sbrocco di Anakin”, è sufficientemente convincente, nonostante il poco tempo a disposizione, e il modo in cui la vicenda si chiude ti fa venire voglia di vederne ancora e ancora. Funziona, Transformers One, soprattutto perché i suoi due protagonisti non hanno la personalità da foglio di carta alluminio dei film live action, non sono fredde macchine, ma personaggi vivi. Aiuta, va detto, il fatto che Orion/Optimus abbia un naso e una bocca a lungo non coperti dalla sua mascherina, ma non è solo quello. È, soprattutto, che di questi robot vediamo le emozioni, e queste ci aiutano a capirne meglio le azioni. Cosa li rende diversi e perché una bromance si trasformerà in una lotta senza quartiere in giro per il cosmo.
Aggiungo anche che qualsiasi Transformer mostrato, quale che sia il suo design, che si tratti di un personaggio storico o di una new entry, rientra in una coerenza stilistica che è clamorosamente assente in 17 anni di film live action del brand. L’evoluzione a cui questi robot vanno incontro, per la faccenda dello sblocco della trasformazione, manderà in brodo di giuggiole gli appassionati di mecha design e farà inseguire nel cervello dei fan le varie versioni precedenti a cui si sono ispirati per ognuno. In lingua originale, infine, a prestare le voci ai protagonisti sono tanti nomi noti di Hollywood, da Chris Hemsworth e Brian Tyree Henry a Scarlett Johansson, Steve Buscemi, Laurence Fishburne, Jon Hamm.
Ma se per uno spettatore qualsiasi Transformers One è un bel film animato, godibile sostanzialmente a qualsiasi età, che si conoscano o meno i robot con il trucco del “more than meets the eye”, per un fan dei Transformers è evidentemente anche tanto di più. È come prendere le parti migliori di Bumblebee (per me, fino a ieri, il miglior film della saga) e cucirci sopra un’intera pellicola. Vuoi per la presenza di tantissimi Transformers G1, sia tra i futuri Autobot, sia in quelli che qui sono l’Alta Guardia e diventeranno i Decepticon. Vuoi per il cumulo di citazioni e omaggi a volte sottili, altre semplicemente epici. Sono decine, ne cito solo un paio: quella frase sul non avere il tocco e il potere (il contrario di quello che recitava il celebre brano del film animato dell’86) o quello che dice Soundwave quando ordina ai membri dell’Alta Guardia di lasciare il veicolo su cui stanno viaggiando e attaccare il bersaglio: “eiettatevi” (in originale, “eject”).
Lì qualcuno, nel buio del cinema, potrebbe aver dovuto tenere a freno la voglia di applaudire, sentendo il suo Transformers preferito usare il verbo per lui più appropriato. Quel qualcuno potrei essere io.
La cosa buffa è che per anni abbiamo visto film dei Transformers presentati alla vigilia come grandiosi e avvincenti, e poi rivelatisi più sgonfi di un pallone bucato. Una famiglia sbullonata di cui Transformers – Il risveglio era solo l’ultimo figlio scapestrato. Ora invece c’è davvero, e finalmente, in sala un film su questo franchise che sa essere avvincente, ma viene venduto dai trailer come un “Robored e Cybertoby nemiciamici”, e non lo è affatto.
Dategli una possibilità, perché se lo merita eccome, e perché io voglio vederne ancora, dannazione.