Si è parlato spesso di Ermanno Olmi come riferimento cinematografico di Vermiglio, ma la verità è che l’opera seconda di Maura Delpero ha poco in comune con il grande regista bergamasco. L’immanenza cristiana di Olmi, percepibile in un film come L’albero degli zoccoli, non si fa sentire nell’autrice bolzanese, che anzi mostra un certo disincanto verso l’argomento religioso, adottando uno sguardo contemporaneo che raccoglie gli influssi del cinema internazionale.
Certo, anche lei concentra l’attenzione sulla vita rurale di una grande famiglia, seppure fra i monti dell’Alto Adige. Nell’eponimo paese, verso la fine della Seconda Guerra Mondiale, il maestro Cesare (Tommaso Ragno) vive con la moglie Adele (Roberta Rovelli) e i numerosi figli, tra cui la maggiore Lucia (Martina Scrinzi). Quest’ultima è innamorata di Pietro (Giuseppe De Domenico), soldato siciliano che ha salvato la vita di suo zio, e si è rifugiato in paese per sfuggire alla guerra. Mentre un coro di bambini reagisce alle vicissitudini della famiglia, Flavia (Anna Thaler) è stata già scelta come unica figlia che proseguirà gli studi, per il disappunto della sorella Ada (Rachele Potrich), considerata meno talentosa. Ada è molto devota, ma subisce anche l’impulso travolgente del desiderio: ogni volta che si nasconde dietro l’armadio per toccarsi, impone a sé stessa penitenze sempre più severe, come sdraiarsi a faccia in giù sugli escrementi di gallina.
Maura Delpero racconta quattro stagioni in un contesto dove il ciclo della natura determina la vita delle persone, e questa armonia ha il passo contemplativo di un mondo lontano, sia nel tempo sia nello spazio. Gli episodi che mette in scena sono spesso buffi, soprattutto quando coinvolgono i bambini, perché la regista trova nella loro purezza qualcosa di autentico: quando il figlio più piccolo mostra il presepe a Pietro, o tempesta di domande il fratello maggiore prima di dormire, Vermiglio pizzica corde delicatissime, suscitando una tenerezza immediata. La focalizzazione si sposta però gradualmente sulle figlie femmine, un trio che rimanda d’istinto alle Piccole donne di Louisa May Alcott e del film di Greta Gerwig, cui si aggiunge la stravagante vicina Virginia (Carlotta Gamba). Il rapporto fra le ragazze è intimo e confidenziale: condividono il letto, e insieme commentano i semplici messaggi d’amore che Pietro consegna a Lucia. Se Flavia è la classica prima della classe, Ada conquista il cuore con il suo spassoso conflitto tra religione, scoperta del corpo e sottile attrazione per Virginia.
A Lucia tocca invece il dramma, eppure Vermiglio non è un’opera di disperata cupezza: al contrario, cammina progressivamente verso la luce, all’insegna di quella ciclicità che connette l’esperienza umana alla natura. L’occhio della regista è smaliziato, ironico, e attribuisce a ogni personaggio la sua chiusura: il suo film risulta molto “scritto” – nel senso migliore del termine – ed evoca il passato per rielaborarlo. Non a caso, la splendida fotografia di Mikhail Krichman caratterizza i paesaggi esterni con gradazioni d’azzurro, mentre una luce argentea accarezza i volti dei protagonisti nelle scene d’interno. Non è necessariamente la realtà, anche se Delpero si è ispirata alla famiglia del padre dopo la morte di quest’ultimo. Piuttosto, è il passato filtrato dall’immaginazione di chi non l’ha vissuto in prima persona, ma lo ha sperimentato dalla viva voce di chi c’era.
La guerra è idealmente lontana, non ne sentiamo nemmeno gli echi: fra le montagne si consuma infatti una dimensione “altra”, che isola i suoi abitanti in un tempo sospeso. Del conflitto si parla, certo, ma da distanza di sicurezza. Quando Cesare sente un uomo lamentarsi dei disertori, la voce profonda di Tommaso Ragno ci ricorda che «Se al mondo ci fossero più codardi, forse non ci sarebbero più guerre», perché la vita conta più di qualunque discorso sull’onore. Delpero realizza un film che mette in comunicazione l’interiorità dei personaggi con il mondo esterno, ma anche il passato con i giorni nostri: è cinema della memoria con la consapevolezza del presente, delicato e potente al tempo stesso.