The Room Next Door sarà ricordato come il film che ha permesso al grande Pedro Almodóvar di ottenere per la prima volta il Leone d’Oro (se escludiamo quello alla carriera del 2019), grazie a un’opera sul fine vita molto particolare. Venezia 2024 è volata via in un attimo e lascia un ricordo agrodolce, perché è stata una Biennale pensata molto per il pubblico, con tanti divi e dive, ma la qualità dei film è stata altalenante. Emerge una carenza di varietà, di ricerca e anche di qualità nel Concorso Ufficiale, pur con tutte le giustificazioni del caso.
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Sveva Alviti (che non se l’è cavata proprio benissimo) cede la parola a Isabelle Huppert, biancovestita, che chiama sul palco Pedro Almodóvar. Con The Room Next Door, il regista aveva impressionato fin da subito la critica. Film sul fine vita, non uno dei suoi migliori in assoluto, ma si distingue per eleganza, regia e coerenza. È stata una bella serata anche per l’Italia, poiché Vermiglio di Maura Delpero si è aggiudicato il Leone d’Argento – Gran Premio della Giuria, un risultato su cui pochi avrebbero scommesso all’inizio. Forse Brady Corbet sperava in qualcosa di più per il suo titanico The Brutalist, ma il Leone d’Argento – Premio speciale per la regia è stata comunque una grande soddisfazione personale, tanto che il regista ha faticato a trattenere le lacrime. Si parlerà molto della Coppa Volpi data a Vincent Lindon per Jouer Avec le Feu, con l’attore che va a salutare uno per uno i membri della Giuria, visibilmente emozionato. Una Presidente francese che premia un francese. Bella performance di Lindon, ma forse è stata un po’ troppo una questione tra amici. Nicole Kidman, che superate Fernanda Torres e Angelina Jolie per la Coppa Volpi femminile, piange la scomparsa della madre; il suo è un vuoto pesante in una serata che doveva essere così importante per la sua performance in Babygirl. Il Brasile ha in Murilo Hauser e Heitor Lorega i vincitori della Miglior Sceneggiatura per l’apprezzatissimo Ainda Estou Aqui di Walter Salles, sui desaparecidos della dittatura brasiliana. April della georgiana Dea Kulumbegashvili aveva molto diviso, però si porta a casa il Premio Speciale della Giuria, che ha riconosciuto l’originalità di fondo dell’opera. Meritatissimo il Premio Mastroianni al bravissimo Paul Kircher per Leurs Enfants Après Eux. Categoria Orizzonti? La voce grossa l’ha fatta Familiar Touch di Sarah Friedland (Miglior Regia, Miglior Attrice a Kathleen Chalfant e anche Leone del Futuro). Familia di Francesco Costabile vede Francesco Gheghi premiato come Miglior Attore. Miglior film a The New Year that Never Came di Bogdan Mureșanu. Tanti discorsi di premiazione si sono collegati alla tragedia di Gaza, ma quello di Nanni Moretti, con Ecce Bombo premiato per Miglior Film Restaurato invece è stato contro il Governo Meloni. Premio al miglior documentario sul cinema a Chain reactions di Alexandre O. Philippe. Ma è stata un grande Festival questa Venezia 81? Parliamone. Ma è stato davvero un grande festival, questa Venezia 81? Parliamone.
Il grande sconfitto della serata è stato Luca Guadagnino, che molti indicavano come il possibile vincitore di più premi. Invece Queer è andato a casa a mani vuote, idem Daniel Craig, bravissimo oggettivamente. Un film forse troppo incostante, troppo esibizionista, ma occhio che agli Oscar la musica potrebbe cambiare (forse?). Maria di Pablo Larraín si era già capito fosse fuori dai giochi fin dall’inizio, gli altri italiani in gara apparivano senza grandi speranze e si sapeva. Ma il punto è che il livello del Concorso Ufficiale è stato basso quest’anno, complice gli scioperi che negli ultimi 24 mesi hanno travolto l’industria e non è un caso che Netflix (spesso al centro del villaggio) quest’anno abbia invece ceduto il passo ad Apple Tv+. Meglio così perché Wolfs, per esempio, ha portato un po’ di ironia e la coppia Pitt/Clooney. Ma qualitativamente è da sempre che supera Netflix. Le cose migliori Venezia le ha date con le serie tv: Disclaimer, M – il figlio del secolo, Families Like Ours, Los Años Nuevos ed è un indizio di cui tener conto. Film come The Order, Trois Amies, Harvest, al di là di come la si pensi, non sarebbero mai entrati in Concorso Ufficiale 4-5 anni fa. La verità è che quest’anno abbiamo avuto tanti divi e dive per il red carpet, tanto glamour, tanto gossip, ma di bei film, belli veramente, ne abbiamo avuti pochini. Anche la sezione Orizzonti e le Giornate degli Autori, dove erano stati scaricati tanti titoli meritevoli di diversa attenzione negli anni scorsi per i soliti giochi di politica e via dicendo, quest’anno ha donato poco da rimpiangere. C’è poca ricerca a Venezia ormai, gli americani la considerano casa loro, poca varietà anche nei generi, si cerca per forza di avere l’evento instagrammabile, di avere celebrità sul red carpet che magari col cinema non c’entrano nulla, con eventi su eventi all’Excelsior. Ma cosa si fa per l’industria? Per le nuove generazioni? Si creano sinergie reali? Gli incontri sono piccole cerimonie di appoggio. Ok per il Leone a Peter Weir e Sigourney Weaver, grandi carriere le loro, ma non c’è come a Cannes una reale possibilità di discutere del futuro, di far incontrare le nuove generazioni con chi dirige la industry. Venezia 2025 speriamo ci dia più qualità, meno giochi di politica con cui favorire il titolone e non la qualità, e magari qualcosa di più da certi continenti e paesi.