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Due anni fa, subito dopo aver visto in sala The Batman di Matt Reeves, scrissi del Pinguino del film che il personaggio interpretato da un irriconoscibile Colin Farrell era “praticamente un sosia deforme dell’Al Capone di Robert De Niro in The Untouchables – Gli intoccabili“. Mentre guardavo nei giorni scorsi in anteprima tutti gli otto episodi di The Penguin, miniserie spin-off di The Batman che debutterà su Sky e Now in contemporanea con gli USA il 20 di questo mese, ho capito che il modello di riferimento qui era un altro, pescato in casa, cioè in un’altra, celeberrima serie della HBO. Il Pinguino di Colin Farrell, qui, è il Tony Soprano di Gotham City, in tutto e per tutto. E se c’è un complimento migliore che si può fare a una serie crime di scomodare subito, nell’incipit di una recensione, la più bella serie TV di tutti i tempi, così su due piedi non mi viene in mente. Avrete intuito, a questo punto, che The Penguin mi è piaciuta: vediamo perché. Tranquilli, niente spoiler.
Non è un boss del crimine, l’Oswald “Oz” Cobb (e non Cobblepot) che troviamo all’inizio della miniserie, pochi giorni dopo gli eventi di The Batman e l’inondazione che ha devastato alcuni quartieri di Gotham City. Non è (ancora) un Tony Soprano al vertice della catena alimentare criminale, ma fa di tutto per sembrarlo e per diventarlo. Tutta la storia ruota attorno al vuoto di potere venutosi a creare senza più Carmine Falcone in giro e con Salvatore Maroni (Clancy Brown) al gabbio: un vuoto di potere che vari gangster proveranno a colmare, ruotando attorno alle due figure principali della vicenda, Oz e Sofia Falcone (Cristin Milioti).
Non è una storia di supertipi, The Penguin, ma uno show dal taglio dichiaratamente molto realistico e adulto (il logo HBO non sta lì per nulla). Se al posto di Gotham City a farle da sfondo fosse una città con qualsiasi altro nome, potrebbe passare per una serie crime come tutte le altre. A parte una (telefonatissima) strizzata d’occhio nell’ultimo episodio, qualche luogo ben noto ai fan di Batman come l’Arkham Asylum o la prigione di Blackgate, e qualche nome che farà drizzare le antenne a chi ha letto per anni i fumetti del Pipistrello, quella di The Penguin è semplicemente una guerra tra bande, tra signori del crimine che fanno di tutto pur di emergere e restare al comando, in una farandola di alleanze, tradimenti e colpi di scena.
Più che a una nuova Gotham – l’abbiamo già avuta quella, ha accumulato i suoi 100 episodi, non ce ne serviva un’altra – The Penguin può essere paragonata facilmente, per i suoi contenuti, a serie come Gomorra (il Gomorra delle prime stagioni, non quello delle ultime, grazie al cielo), Breaking Bad o, appunto, per il magnetico, turpe, mostruoso protagonista, a I Soprano.
Sia chiaro, non è l’aspetto a fare di Oz Cobb un mostro. Non sono i piedi deformi e il nasone per cui, da poco umile autista e tirapiedi dei Falcone, si è beccato il nomignolo poco affettuoso di Pinguino. La serie sviluppata e in parte scritta da Lauren LeFranc (produttrice e sceneggiatrice con alle spalle serie come Impulse e Chuck) mette subito in chiaro che mostro puoi nascerlo – come Oz, che fa cose orribili da quando era un ragazzino – o puoi diventarlo, come Sofia Falcone, a cui non hanno fatto benissimo gli anni di ingiusta detenzione in una cella di Arkham, ma in ogni caso è quello che fai, e a volte pure come lo fai e a chi lo fai, a renderti una figura aberrante.
Questo Pinguino di Farrell, per la bravura del suo interprete oltre che per il modo in cui è caratterizzato, è un personaggio incredibile, eppure credibilissimo sotto quelle tonnellate di trucco. Marcio fin nel midollo, disposto a fare qualsiasi cosa per raggiungere i suoi obiettivi, subisce però la carenza di affetto che avverte da parte della madre e le strigliate della sua compagna, l’unica a potergli dire certe cose in un certo modo. Oz cerca perennemente il consenso di sua madre, che non ci sta con la testa, e di renderla orgogliosa di lui. E se pure tutto questo vi fa venire in mente Tony Soprano, siamo in due.
Ma anche la Sofia Falcone di Christin Milioti è un ottimo personaggio, per molti versi altrettanto grottesco. Una figura di cui, come per Oz, vengono mostrati dubbi e fragilità, senza che però questo scalfisca minimamente la loro determinazione o ti porti a fare il tifo un solo momento per uno dei due. Li vedi piangere, struggersi, implorare, ammazzare con la ferocia di belve e bearsi sadicamente nel farlo. Per la cronaca, Milioti, oltre che in How I Met Your Mother, The Wolf of Wall Street e tantissimo altro, è apparsa anche in tre episodi di… indovinate un po’. Se avete risposto “I Soprano“, bravi, avete vinto.
I primi tre episodi di The Penguin, diretti da Craig Zobel, hanno una fotografia fortemente virata al rosso, per ribadire che questo è lo stesso mondo di The Batman. L’elemento che appare più bizzarro, all’inizio della miniserie, è la figura di Victor Aguilar (Rhenzy Feliz), un ragazzo balbuziente che Oz prende come proprio autista e scagnozzo. E se non è il suo Robin, perché non è un ragazzino, Vic è quantomeno il suo Nightwing. Ora, la presenza di quello che ha tutta l’aria di essere un “bravo ragazzo” in un mondo di squale e carogne simili serve in genere, nelle storie crime, a lasciar scorgere com’è l’umano sotto il mostro con cui ha a che fare, ammesso che esista, e a mostrare quanto velocemente il potere può corrompere qualcuno.
Anche Vic ha ovviamente un ruolo importante in quello che accade, e le dinamiche da gangwar risultano tanto più soddisfacenti quanto più la serie si inoltra nella sua storia. Ora, tutta la gestione di questo giovane personaggio poteva rivelarsi ampiamente insoddisfacente per vari motivi, perciò ho sperato per tutto il tempo che la vicenda di Oz, Sofia e Vic si concludesse in un certo modo, per la semplicissima ragione che era la scelta più logica, il finale più adatto per questa storia, per Oswald Cobb, per tutti i comprimari. Fortunatamente, ho avuto quello che mi aspettavo.
E a proposito di quello che aspettavo. Quello che sembra mancare a lungo, in The Penguin, è però Gotham. C’è una città sporca, nelle strade quanto negli animi dei suoi abitanti, piena di poliziotti corrotti, locali sordidi e criminali, con quartieri come Crown Point trasformati in una “terra di nessuno” (occhiolino) dall’inondazione, ma è una città che vediamo perlopiù di giorno, e non è la Gotham City di Batman.
Solo alla fine ho capito che c’era una ragione. Solo quando il percorso giunge al termine e sono chiare le sorti di Oz Cobb, eccola lì, al di là del fiume, la Gotham City che conosciamo. La gotica capitale della paura, con le sue torri di vetro e cemento le cui cime si perdono lassù nella notte: non è più un clone immaginario di New York City qualsiasi, un agglomerato di palazzi e malaffare, ma è la città di Batman così come è la città del Pinguino. Tra quelle torri, ora sì, potrà andare in scena la guerra senza fine tra i mostri di Gotham e quel miliardario con i suoi magnifici giocattoli, che chissà dove li pesca.
The Penguin debutterà il 20 settembre in contemporanea con gli USA in esclusiva su Sky e in streaming su NOW, e dalla seconda settimana di programmazione andrà in onda tutti i lunedì sera su Sky Atlantic.