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Terminator Zero: il mio giudizio sull’anime del giorno del giudizio

Pubblicato il 03 settembre 2024 di DocManhattan

Con un discreto tocco di classe, Netflix ha pubblicato tutti e otto gli episodi del suo anime Terminator Zero il 29 agosto. La data che nel mondo di Terminator indica il Giorno del Giudizio, la fine della civiltà scatenata il 29 agosto 1997 dal sistema informatico Skynet, come sappiamo dai tempi di Terminator 2 di Cameron. Sviluppata e scritta dal Mattson Tomlin di Mother/Android, Terminator Zero è una serie animata realizzata dalla giapponese Production I.G e diretta da Masashi Kudō, noto soprattutto per il suo lavoro su serie e film di Bleach. E allora, tra un giorno del giudizio e l’altro, che giudizio abbiamo maturato su questo anime? Vale la pena di dedicargli quelle tre ore e mezza che si porta via? La versione molto, molto breve è “sì”. Per quella un po’ più lunga, mettetevi comodi. Niente spoiler, tranquilli.

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KONNICHIWA, APOCALISSE

Lo spunto di partenza è molto semplice. Siamo nella Tokyo del 1997, quella ancora tappezzata di cartelloni pubblicitari sui giochi della prima PlayStation, poche ore prima del fatidico giorno del giudizio. Uno scienziato, un uomo che si chiama Malcolm Lee ed è anche un padre talmente buono e compassionevole da far concorrenza a Gendo Ikari di Neon Genesis Evangelion, ha sviluppato un’IA avanzatissima che avrà a quanto pare un suo ruolo nella guerra che Skynet sta per scatenare contro l’umanità. Le macchine spediscono dunque dal futuro un Terminator per fermare Lee, mentre la resistenza umana invia una donna, Eiko, per proteggere lo scienziato e i suoi figli, e fermare il Terminator.

E fin qui. I primi episodi di Terminator Zero non propongono sostanzialmente nulla che non abbiamo già visto in abbondanza nella saga delle macchine assassine con gli occhietti rossi, arrivando perfino a far travestire il Terminator da poliziotto, come un certo T-1000 trentatre anni fa. L’unica variazione sul tema è rappresentata dal fatto che in Giappone non è facile procurarsi delle armi quanto lo è in America, e questo vale tanto per il Terminator quanto per la tenace Eiko.

Aggiungiamoci pure che il primo impatto non è visivamente dei migliori. Il lavoro di Production I.G., che ha pur sempre un’esperienza specifica notevolissima nel settore, visti i suoi trascorsi con film e serie di Ghost in the Shell, non brilla né per character design (in alcuni casi sinceramente bruttarello), né per animazioni. Unisci le due cose agli inserti in CGI – al solito – alquanto molesti e a personaggi insopportabili come Lee o il figlio maggiore, piccolo saputello col bernoccolo dell’elettronica, e il risultato è che ho affrontato la visione dei primi tre episodi pronto al peggio.

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E INVECE

Invece sumimasen, ma c’è che, più o meno dal quarto episodio, la storia di Terminator Zero finalmente decolla. Viene chiarito l’effettivo ruolo di Kokoro, l’IA creata da Lee, nell’attacco di Skynet, e soprattutto vediamo le conseguenze del giorno del giudizio sulla Tokyo del 1997. Un luogo particolarmente significativo per due ragioni, come viene spiegato: non solo per un passato remoto che ha reso il Giappone l’unico Paese del pianeta ad aver già affrontato un attacco nucleare, ma anche per un passato allora freschissimo e altrettanto in grado di lasciare strascichi sulla coscienza collettiva ancora oggi, ovvero gli attacchi al gas sarin nella metropolitana di Tokyo del marzo 1995.

Da lì la storia prende nuove strade. Non manca, ovviamente, una buona dose di paradossi e loop temporali, viene svelato il (piuttosto telefonato, e vabbè) vero volto di alcuni dei suoi personaggi, e la trama di Tomlin, trovandosi lì, attinge il giusto da grandi classici giapponesi sul rapporto tra uomo e macchine, come la già citata saga di Ghost in the Shell. Ciò che rende l’umano tale, e lo distingue da una macchina, ammesso che questo accada.

Il tono estremamente drammatico e maturo del tutto, in particolare per un tasso di violenza molto alto che inzacchera di rosso lo schermo praticamente dall’inizio alla fine, più che in qualsiasi capitolo live action della saga di Terminator, accresce il livello di tensione e ti tiene sulla corda fino alla conclusione. C’è perfino spazio per vedere come vedono tutta questa faccenda, dal loro punto di vista, le macchine.

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“PER IL DOMANI”

E così finisce che dopo quelle tre ore e mezza in compagnia di questo ONA ti ritrovi a considerare le stesse bene spese, e questo capitolo ben innestato nel mito creato da James Cameron. Nulla di trascendentale, ma è una serie godibile, che dura il giusto. Lo stesso Cameron, che sta lavorando, parole sue, “a qualcosa di nuovo su Terminator di cui ancora non si può parlare”, ha dichiarato il mese scorso di essere interessato a questi capitoli che “come The Sarah Connor Chronicles, sono storie create da altre persone in un mondo che ho ideato io” e incuriosito dal risultato finale di Terminator Zero. Non sappiamo se la serie l’abbia vista, e nel caso se gli sia piaciuta o meno, ma di sicuro, nel frattempo, Malcolm Lee ha reso Gendo Hikari orgoglioso di lui.

Tutti gli 8 episodi di Terminator Zero sono già disponibili su Netflix. La serie è fruibile in varie lingue, ma non c’è l’audio in italiano (solo sottotitoli). Quasi dimenticavo: quella citazione di Rocky Joe vale quasi da sola il giro sulla giostra.