Cinema roberto recchioni Recensioni
Ci sono vari modi per inquadrare Immaculate, il nuovo film horror che vede Sydney Sweeney (protagonista della pellicola e produttrice) collaborare nuovamente con il regista Michael Moahn (i due avevano già realizzato assieme l’erotic thriller The Voyeurs). Lo si può vedere, per esempio, come un nuovo esponente degli horror a tema religioso e satanico, quelli che trovano la loro origine e fonte di ispirazione da Il Presagio (The Omen) la seminale pellicola del 1976, diretta da Richard Donner.
Oppure lo si può vedere come un enorme esercizio di fanservice che mette, al centro di tutto, il corpo esplosivo della Sweeney, esaltato quasi in ogni momento della pellicola.
Oppure, ancora, lo si può vedere come uno strano film di exploitation, un rape and revenge mascherato, che trova una strada abbastanza originale per veicolare il tema.
Infine, e forse questa è la chiave più interessante e quella che nobilita tutta l’operazione, come un film politico.
Prima di andare avanti, faccio una premessa: l’horror, specie quello americano, sin quasi dal principio, è un genere che è stato spesso utilizzato per veicolare temi politici e, spesso, per mettere in luce i mali della società, per quanto metaforizzati dal racconto.
L’invasione degli ultracorpi di Don Siegel, del 1956, è in film sulla minaccia comunista, il maccartismo e la paranoia che pervadevano gli USA negli anni cinquanta, il suo remake, Terrore dallo spazio profondo, pellicola del 1978 diretta da Philip Kaufman, è un riflesso diretto sella sfiducia degli americani nei confronti del governo, dopo lo scandalo Watergate e la guerra del Vietnam, La notte dei morti viventi (1968) di Romero, è un film sul razzismo prima ancora che su dei cadaveri ambulanti, come Zombi (Dawn of the Dead, 1978) è un’opera che mette alla berlina il consumismo e Il giorno degli zombi (1985) è una pellicola fortemente critica nei confronti del militarismo, Non aprite quella porta (diretto da Tobe Hooper nel 1974) è una feroce satira sulla fine della controcultura e sui mali insiti nella famiglia (disfunzionale) americana, oltre che un film quasi propagandistico contro il consumo della carne. Potrei continuare a lungo con gli esempi ma credo che il punto sia chiaro, giusto?
Ora seguitemi: giusto un paio d’anni fa, gli USA sono esplosi a seguito della sentenza della Corte Suprema riguardo al caso Dobbs contro Jackson, che ha in parte riscritto le regole sull’aborto in America rispetto alla ugualmente storica sentenza Roe contro Wade. Le ha riscritte in negativo in termini di libertà per le donne, sulla spinta delle forti pressioni fatte dalle lobby cristiane americane.
Due anni dopo, ecco spuntare due film praticamente identici per trama e sviluppi, Omen – L’origine del presagio e questo Immaculate, che raccontano il tentativo violento da parte di istituzioni religiose di controllare il corpo della donna e di giovani donne costrette a portare avanti gravidanza non desiderate (e figlie di una violenza-stupro) e mostruose.
Ecco, sotto il punto di vista del body horror politico, Immaculate è un ottimo film (superiore al meglio realizzato ma molto più borghese e moderato nuovo capitolo della saga di Omen). Per il resto… per il resto, insomma. La pellicola è breve e coincisa e per i primi cinquanta minuti (dei novanta totali) riesce a sembrare, quasi, un film horror italiano degli anni settanta (complice anche il fatto che proprio come il nuovo Omen e come tanti altri film recenti, è ambientato in Italia e il suo cast è pieno di attori italiani), con tanti riferimenti al cinema di Bava, Argento e De Martino. La messa in scena è, purtroppo, molto povera, a tratti alcune scelte sono involontariamente grottesche (specie nella rappresentazione dell’Italia e della chiesa) e lo sguardo insistito sul corpo della Sweeney, dopo un poco diventa stucchevole. Ma, tutto sommato, il film fila e piazza un paio di momenti da body horror dall’alto significato metaforico per nulla male. Poi si arriva alla spiegazione del marcio che si cela nel monastero di Madre Dolorosa e le cose prendono una piega diversa, il film si trasforma in un rape and revenge puro e, dopo una sequenza finale che ha vari rimandi a Phenomena, si arriva una conclusione decisamente dura e senza compromessi, più vicina al cinema horror femminista francese alla Titane (pellicola del 2021 di Julia Ducournau, vincitrice a Cannes per lo scorno di Nanni Moretti) che a qualsiasi altra cosa.
Quindi, è un buon film?
Nì. È un film interessante, coraggioso, che si spinge fin dove non pensavo che avrebbe mai osato spingersi (in quel finale di cui vi parlavo sopra) ma, i suoi valori produttivi e artistici sono piuttosto limitati e se non fosse per la presenza di una adesso lanciatissima Sydney Sweeney (ma il film è stato messo in cantiere prima che l’attrice facesse il botto), dubito che avrebbe trovato la via della sala qui da noi.
Sono contento di averlo visto? Sì, nonostante i suoi limiti e numerosi difetti, le cadute di stile della trama e un paio di assurdità così sfacciate da fare il giro e diventare sublimi, è un film più interessante, vivo, ruvido e con qualcosa da dire di tanti altri.
Ve lo consiglio? A patto che siate disposti a sorvolare sui suoi limiti per badare al sodo della sua narrazione.
Immaculate arriverà nelle sale italiane l’11 luglio.