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HOUSE OF THE DRAGON – Stagione 2, episodio 3. La recensione

Pubblicato il 02 luglio 2024 di Roberto Recchioni

La terza puntata della seconda stagione di House of the Dragon è un grande back in the days che ci riporta ai fasti dei primi momenti di Game of Thrones: c’è un bel prologo, livido e shakesperiano, con belle facce, bei costumi, bei dialoghi, grande tensione, che prelude a una grande battaglia che… viene ellissa, saltata a piè pari per portarci subito alle sue terribili conseguenze, fatte di corpi straziati e trafitti, abbandonati sulle rive contrapposte di un fiume.

Una volta scatenata, la guerra nutre sé stessa, e poco conta chi ha cominciato, chi aveva torto e chi ragione, vuole dirci la scena. E lo fa molto bene, sia chiaro, ma era dai tempi della botta in testa al povero Tyrion prima della battaglia alla Forca Verde che non vedevo un così sfacciato (e astuto) stratagemma per non portare in scena qualcosa che sarebbe costato sin troppo.
Quanto al resto dell’episodio, cosa dire? Da una parte, tra fellatio e nudità full frontal con grandi peni al vento, sembra davvero di essere tornati ai tempi di GOT, quando per tenere desta l’attenzione dello spettatore non troppo attento o interessato agli intrighi della politica, si faceva un poco di tutto. Dall’altra parte, è sempre evidente la grandissima attenzione posta nella direzione artistica di questa produzione, nella messa in scena raffinata, nel grande lavoro fatto sulle interpretazioni.

Ma, se devo dirla proprio tutta, nonostante tutto questo, un poco mi sono annoiato perché va bene muovere i pezzi sulla scacchiera, va bene lavorare con il cesello nella caratterizzazione dei personaggi, va bene costruire le premesse per qualcosa di grande e devastante che verrà, ma un qualche contentino emotivo che funzioni anche all’interno della puntata stessa, me lo devi dare. Cerco di spiegarmi: nel primo episodio c’era la storia di Sangue e Formaggio, i due sicari pasticcioni (alla maniera delle cose di Martin, ovviamente, dove “pasticcio” significa: ho tagliato la testa a un bambino), che erano i protagonisti di una lunga scena estremamente tensiva e drammatica, che concludeva la puntata, lasciandoti inorridito e ansioso di sapere come la storia sarebbe andata avanti.
La seconda puntata aveva al suo interno la storia dei due gemelli, Erryk e Arryk, e il loro scontro fratricida (degno di una tragedia greca) concludeva l’episodio. Episodi minori, autoconclusivi, che davano però l’idea di aver visto qualcosa di specifico, per quanto incapsulato in una macro-storia più grande e in continuo svolgimento. Questo terzo capitolo, invece, è solo continuity, senza nessuna storia al suo interno, anche abbastanza ostico da seguire per chi non ha sotto mano gli alberi genealogici e le mappe del mondo di Westeros.

Se “Un figlio per un figlio” si può ricordare come la puntata dove tagliano la testa al bambino e “Rhaenyra la crudele” come l’episodio dove i gemelli si ammazzano, questo “Il mulino in fiamme” non ha nulla di così significativo da caratterizzarlo. Per carità, ha momenti e concetti molto belli e degli splendidi dialoghi (forse, il discorso sulla guerra che pronuncia Rhaenys Targaryen è uno dei migliori sul tema di tutto il franchise, GOT compreso), ma non concede nulla allo spettatore un poco più casuale che ritiene che le cose che succedono sono quelle che succedono, e non quelle di cui si parla, e si parla, e si parla, senza però che poi accadano.

Detto questo, se forse a livello di scrittura la puntata potrebbe lasciare insoddisfatti alcuni (non il sottoscritto, ma io sono uno spettatore hardcore e non faccio esattamente testo), sul piano visivo e artistico raggiungiamo invece una nuova vetta assoluta con almeno un paio di sequenze da consegnare agli archivi delle cose più belle mai viste in televisione: l’elegantissimo volo in soggettiva a cavallo del drago e il successivo addentrarsi da parte di Daemon nella fortezza di Harrenhal. Ogni inquadratura di queste due sequenze è non solo splendida, ma sembra anche uscita direttamente da un Dark Souls di From Software (gente che ha tanti limiti sul piano tecnico ma che, sulla direzione artistica, sono sempre inappuntabili).

Cosa resta da segnalare? Le interpretazioni, ovviamente, sempre una spanna sopra la media ma che forse, in questo episodio, incappano in qualche sbavatura: non ho trovato esattamente centrate le sfumature vagamente divertenti e moderne che Emma D’Arcy (Rhaenyra) cerca di donare alle prime battute che scambia con Olivia Cooke (Alicent). Va anche detto che, per necessità di storia, i migliori attori del cast sono o lontani o morti, e questa cosa un poco, inizia a farsi sentire.

Comunque sia, episodio di forte transizione, non privo di momenti (visivi) estremamente suggestivi ed evocativi. Però, forse, dopo aver scaldato i motori bisogna iniziare a dare qualcosa di più in termini di cose che succedono, anche a rischio di allontanarsi dal romanzo originale (comunque non bello).

House of the Dragon è disponibile in Italia su Sky e in streaming solo su NOW.

QUI trovate la recensione del primo episodio, QUI del secondo.