Daniel Radcliffe fu scelto per interpretare Harry Potter dopo estenuanti sedute di casting e screen test, tra tantissimi altri candidati. Fin da subito aveva attirato l’attenzione perché i produttori lo avevano visto nel David Copperfield prodotto dalla BBC e avevano intuito che quel bambino potesse davvero essere la scelta giusta. A 24 anni di distanza, Daniel Radcliffe non è ancora riuscito a staccarsi dal personaggio dell’iconica saga, ma oggi, che compie 35 anni, è giusto salutarlo andando a scoprire altri ruoli e altri personaggi tramite i quali ha dimostrato di non essere stato semplicemente miracolato da quel casting e dalla saga di Harry Potter, ma di essere un attore in grado di destreggiarsi tra ogni genere, personaggio e produzione. Ecco una lista di 5 film che magari non avete mai visto o non conoscete, per andare oltre le mura di Hogwarts.
Imperium è un duro e appassionante thriller tratto dalle memorie dell’ex agente dell’FBI Michael German, che all’inizio degli anni ’90 fu incaricato di infiltrarsi in alcuni dei gruppi neonazisti più pericolosi ed estremisti degli Stati Uniti. Il suo nome qui viene cambiato in Nate Foster ed è Daniel Radcliffe ad interpretarlo, con Toni Collette nei panni di Angela Zamparo, il suo diretto superiore che lo mette sulla pista del politico ultraconservatore Dallas Wolf (Tracy Letts), che tiene le fila di un variopinto microcosmo estremista all’interno del quale diversi elementi progettano di usare del cesio-137 per un attentato. Imperium, diretto da Daniel Ragussis, avrebbe meritato maggiore considerazione, in virtù di una capacità unica di regalare tensione e soprattutto far arrivare la reale pericolosità di un fronte, quello neonazista e suprematista bianco, che negli Stati Uniti negli ultimi anni è diventato sempre più forte e presente. Daniel Radcliffe si distingue dai tanti altri infiltrati cinematografici; in lui emerge sempre un dilemma interiore fortissimo, una grande umanità e soprattutto paura, ma nonostante questo va avanti, convinto della bontà della sua missione. Sicuramente una delle sue interpretazioni più valide e viscerali, in un film ancora oggi tristemente attuale.
Tratto da La donna in nero, romanzo firmato da Susan Hill, The Woman in Black è uno dei migliori esempi di un certo filone gothic-horror che il cinema britannico ci ha offerto negli ultimi 15 anni e vede Daniel Radcliffe nei panni di Arthur Kipps. Questi è un giovane avvocato rimasto vedovo quando la moglie è morta di parto, dando alla luce il piccolo Joseph. Ancora scosso dalla perdita, viene incaricato dal suo datore di lavoro di seguire una pratica relativa a un’eredità in un villaggio situato in una zona malsana e paludosa. Arrivato sul posto, Arthur si renderà conto che una pesante maledizione grava su quel luogo, una maledizione dovuta a un torto subito da una donna il cui fantasma genera morte tra i bambini del posto e rischia di travolgere anche lui. The Woman in Black è stato un grande successo al botteghino, del tutto inaspettato, grazie alla suggestiva regia di James Watkins, coadiuvata da una fotografia maestosa e lugubre di Tim Maurice-Jones, che ci dona un personaggio a metà tra un detective e un uomo qualunque, chiamato a misurarsi con forze sconosciute e con la volontà di fermare un male indicibile. Daniel Radcliffe riesce ad essere convincente dal primo all’ultimo minuto, compensando certi piccoli difetti dello script, dipingendo un uomo che si fa portatore di tutto lo sgomento, il terrore e il senso di impotenza verso questo spettro feroce, dolente e carico di volontà di vendetta.
Una delle prime prove della grande originalità e inventiva di Daniel Scheinert e Daniel Kwan, Swiss Army Man è uno dei film più curiosi, profondi e originali dell’ultimo decennio, un film di genere splendido per significati e alchimia tra i due protagonisti: Paul Dano e Daniel Radcliffe. Sono rispettivamente Hank Thompson, naufrago su un’isola con tendenze suicide, e Manny (supponendo che si chiami così), il cadavere di un uomo annegato che si rivelerà una sorta di mezzo di salvezza, sussistenza e amicizia per Hank. Film ai limiti del concepibile, tenerissimo, mix tra commedia, fiaba e surrealismo alla Terry Gilliam, Swiss Army Man è il film che contiene la performance più folle mai fatta da Daniel Radcliffe, all’interno di un percorso che ci parla di vita, morte, speranza, amicizia e sogni. Metafora del confine tra depressione e ottimismo e dell’importanza di credere sempre in sé stessi, Swiss Army Man è retto dalla straordinaria chimica tra Dano e Radcliffe, impegnato in una performance al limite del mimo e dell’assurdo nel senso più estremo del termine. Nel grande oceano del mondo indie, questo rimane un titolo di cui si parlerà ancora tra tanti anni, un film che ha saputo donare qualcosa di unico.
La commedia romantica è un genere insidioso per ogni attore e attrice. What If di Michael Dowse, tratto dalla pièce teatrale Toothpaste and Cigars di TJ Dawe e Michael Rinaldi, è stata una delle migliori del cinema indipendente del decennio scorso. Protagonisti sono Wallace (Daniel Radcliffe) e Chantry (Zoe Kazan), due ragazzi come tanti, in una fase complicata della loro esistenza, che si incontrano, si piacciono, inizialmente come amici o forse potrebbe essere altro? Distante dai cliché hollywoodiani, What If…? è un film capace di parlare non tanto dell’imprevedibilità dell’amore (che cliché), ma di tutto ciò che può complicarlo: occasioni lavorative, paure, esitazioni, dubbi esistenziali, amici invadenti, momenti sbagliati. Però c’è anche tutto ciò che può essere a favore, come la perseveranza, la sensibilità, il mettersi in discussione, il non lasciare che qualcuno decida al posto tuo. Divertente, frizzante eppure malinconico come solo un certo film indie può essere, permette a Daniel Radcliffe di essere un ragazzo, uno come tanti, che si sente perseguitato dalla sfiga perché ha incontrato l’anima gemella ma nel momento sbagliato. Adam Driver, Rafe Spall e Megan Park completano un cast perfetto che si muove all’unisono, in un film incredibilmente geek ma lontano dagli estremismi piccolo-borghesi di un certo indie rom-com petulante dell’epoca recente.
“Weird Al” Yankovic è un musicista, compositore e attore statunitense tra i più singolari, sgangherati, geniali e memorabili della sua generazione. Weirdo tra i più iconici di ogni tempo, nel 2022 accetta la proposta del regista Eric Appel di collaborare a un biopic cinematografico a metà tra sogno e realtà, parodia e sogno. Weird: The Al Yankovic Story è un’altra prova di quanto Daniel Radcliffe abbia capito perfettamente che tipo di film gli servivano per lasciarsi alle spalle Harry Potter. Eccessivo, divertentissimo, sferzante verso il mondo delle celebrità, il film di Appel è uno dei pochi biopic recenti su una personalità artistica a saper donare qualcosa oltre il prevedibile, a rendere partecipi di una storia che è la ricerca dell’amore per sé stessi e per la musica come mezzo di liberazione. Sotterraneo però, c’è anche un velo di autocritica e di demitizzazione dello star system, illusione a cui il pubblico crede e che soffoca la vera creatività. Mix folle tra fantasy, pulp e film di genere, pieno di fandonie e falsità, come di verità e bellezza, è forse la più grande performance di Daniel Radcliffe di sempre, un’interpretazione perennemente sopra le righe, la prova suprema che è stato capace di essere altro alla fine, oltre al maghetto di Hogwarts.
Più che perfetti, i film estivi sono specchi: riflettono la leggerezza, l’avventura o il brivido che già portiamo dentro.
I produttori parla no dei cambiamenti apportati rispetto al romanzo e degli easter egg nascosti nel film
Come il cinema d'animazione occidentale si è innamorato dei cattivi.