Cinema

Una Notte da Leoni: i 15 anni dell’ultima commedia demenziale

Pubblicato il 05 giugno 2024 di Giulio Zoppello

Una Notte da Leoni dopo 15 anni non smette di affascinare, di rappresentare l’ultimo ruggito di quel tipo di comicità selvaggia, ma anche piena di idee e sentimenti, che la società moderna, con la sua ipersensibilità e il suo rinnegare gli umanissimi difetti, ha messo sostanzialmente al bando. Todd Phillips con Phil, Stu, Alan, Doug, ha creato l’ultima grande storia di amicizia al maschile, un’avventura ironica e autoironica sui passaggi d’età, sulla vita, riuscendo a coniugare sorrisi e lacrime, riflessione ed irriverenza.

Tre amici persi dentro la propria repressione manifesta

Una Notte da Leoni porta la firma del duo John Lucas e Scott Moore, gli ultimi sopravvissuti di quella comicità demenziale che, a partire dagli anni 70 con Porky’s, andando avanti per tutti gli anni ‘80 e soprattutto ‘90, con Tutti Pazzi per Mary, Scemo & Più Scemo, American pie, è arrivata arrancando fino al XI secolo, fino a questo film. Uscito 15 anni fa, Una Notte da Leoni fu capace di raccogliere incassi da capogiro, il plauso della critica, di dare via ad una saga che purtroppo, col tempo, si è ridotta ad espediente commerciale senz’anima. Ma questo film, tratto in realtà da ciò che era successo al produttore Tripp Vinson, folle e terrificante avventura di un addio al celibato finito nel caos più totale in una Las Vegas che pare la parodia di GTA, se è piaciuto così tanto non è stato solo per un cast straordinario e perfettamente assortito, per l’ottima regia, per Mike Tyson fatto di cocaina sul set che interpretava sostanzialmente sé stesso. Non è stato neppure per le battute al fulmicotone o quel matto di Ken Jeong che con Leslie Chow si è confermato caratterista a 24 carati. Una Notte da Leoni è una straordinaria commedia perché, come ogni grande risata che si rispetti, ha saputo contenere un elemento di malinconia, di tristezza, semplicemente meraviglioso. Lì dentro c’era una crisi esistenziale di tre trentenni, ognuno a modo suo sfigato, inconcludente, condizionato da una vita fatta di fallimenti, di solitudine, infelicità. Una Notte da Leoni da certi punti di vista è la versione demenziale di Stand By Me, altro meraviglioso film di formazione e di amicizia. Come i ragazzi immaginati da Stephen King, anche Bradley Cooper, Ed Helms, Zac Galifianakis vanno alla ricerca di un corpo, quello di Justin Bartha, manco sanno se è ancora vivo, devono ricostruire le ultime ore che scopriranno essere state un delirio fatto di droga, tigri, matrimoni improvvisati, denti asportati, però anche di vita, divertimento, spensieratezza, calore. C’è tutto e il contrario di tutto in questo film, con alcune sequenze semplicemente leggendarie, perfettamente funzionali perché verosimili nella loro follia, nel loro rappresentare la negazione di ogni limite.

Tra malinconia e disperazione, una sferzante critica al bigottismo americano

Una Notte da Leoni ha molti più riferimenti seri e concreti alla vita reale di quanto si pensi. Bradley Cooper interpreta un fighetto con grossi problemi con l’alcool, Helms ha un rapporto tossico e infelice con una moglie che lo maltratta, lo disprezza e gli nega ogni affettività, poi c’è Galifianakis, un disadattato sociale, immaturo, bipolare, la variante impazzita di quel gruppo di amici che, sotto sotto, ha una paura enorme di invecchiare, vorrebbero avere ancora vent’anni, tutto il tempo davanti a loro. E invece stanno guardando dritto negli occhi i 40, non gli sembra vero di aver realizzato nulla nella loro esistenza. Una Notte da Leoni è un grande film sull’amicizia virile, omaggia il meglio della cinematografia dei grandi maestri sbeffeggiandoli. Abbiamo Heather Graham che si muove come immagine simbolo di quella femminilità a metà tra porno e maternità, che tutti loro hanno sempre sognato, che la società americana propone da sempre. Il film, perfetto per ritmo, sceneggiatura, per dialoghi e soprattutto per evoluzione dei personaggi, contiene l’allora futuro imminente della generazione millennial e la realtà di quella X. Maschi incapaci di dominare la loro esistenza, di allontanarsi dallo stesso percorso conformista che i padri avevano immaginato per loro, e che non avevano mai messo in discussione perché troppo pigri per farlo. Una Notte da Leoni rappresenta anche l’epitaffio alla famiglia tradizionale, dei cosiddetti valori sacri della società, non solo americana. Di quest’ultima è una sferzante critica, con il suo bigottismo, la repressione dei propri istinti e delle proprie pulsioni che esplode, l’ideale di vita borghese che viene azzerato. Nella città costruita dai gangster per fare mercato sul peccato, dove l’America esorcizza la propria prigione morale, quei tre amici capiscono che non è mai finita, che non esiste un’età limite, ma soprattutto che il cosiddetto sogno americano fatto di famiglia perfetta, carriera perfetta, moralità perfetta, è una gigantesca balla. Una Notte da Leoni in fondo ci ricorda che sono i nostri difetti a renderci speciali, ed è in base a questi che spesso l’amicizia diventa tale. Tra le mille risate, Katy Perry che canta in sottofondo, questo è un film che sprizza vita e sana follia da ogni poro, è e rimane l’ultimo della sua specie. I seguiti non fanno testo e a 15 anni di distanza sappiamo che ridere in questo modo di sé stessi, di chi ci sta attorno, dell’ipocrisia di una società puritana e perbenista che non ha più prodotto commedie di questo livello non è stato più possibile.