In Nomine Patris, et Filii et Spiritus Sancti.
Princeps gloriosissime caelestis militiae, sancte Michael Archangele, defende nos in proelio et colluctatione, quae nobis adversus principes et potestates, adversus mundi rectores tenebrarum harum, contra spiritualia nequitiae, in caelestibus…
Ehm, che succede?
È uscito un nuovo film sugli esorcismi e volevo andarci preparato…
Ah, parli di L’esorcismo – ultimo atto di M. A. Fortin e Joshua John Miller, con Russell Crowe e Ryan Simpkins nei panni dei protagonisti, giusto?
Quello! Ma fa parte della serie?
Intendi se è collegato al franchise nato da L’esorcista di William Friedkin, del 1973?
Esatto.
No, non lo è. Non in maniera ufficiale, almeno.
Che intendi dire?
Che il film ha un approccio metacinematografico, alla Scream, per capirsi, e racconta la storia di un gruppo di persone coinvolte nel remake di un film su di un esorcismo (di cui non si fa mai il nome). Ovviamente, proprio come sul set reale del film di Friedkin, iniziano ad avvenire strani avvenimenti e il personaggio interpretato da Crowe (che a sua volta interpreta il personaggio che era di Max von Sydow, padre Merrin) e sua figlia, si trovano a dover fronteggiare qualcosa di oscuro che forse è figlio del demonio o, forse, solo della mente, dei suoi inganni e dei suoi luoghi oscuri.
È un bel film?
È un film molto interessante, specie nelle premesse e promesse, che purtroppo non mantiene del tutto. Diciamo che i primi due atti mi avevano fatto credere di stare vendendo un film speciale per intuizioni e messa in scena e che l’ultima parte, invece, ha normalizzato l’esperienza. Questo non significa che mi sia pentito di averlo visto, anzi, è un horror con delle idee, ottime intuizioni e ben girato, oltre che ben interpretato, specie da Russell Crowe.
Ma non è un attore finito, ormai?
A dire il vero, negli ultimi tempi ha gestito molto bene questa fase della sua carriera, tra ruoli di supporto preziosi in ottimi film (Land of bad, per esempio) a cameo di lusso (in Thor: Love and Thunder e in Zack Snyder’s Justice League, per esempio). Anche il tanto deriso (dalla critica) L’esorcista del Papa, è stata un successone al botteghino mondiale. Quindi, no, non lo definirei “finito”, anzi. È sempre bravissimo, è sempre molto professionale nel prendere sul serio tutte le parti che interpreta ed è sempre molto carismatico. Alcuni non gli perdonano di essere invecchiato e ingrassato, ma nessuna delle due cose è una colpa.
A proposito dell’Esorcista del Papa, anche quello non è collegato a questo L’Esorcismo – ultimo atto – giusto?
Esatto. A dirla tutta, il secondo è antecedente al primo, per quando è stato girato.
E come mai esce dopo?
Misteri delle produzioni e delle distribuzioni. Anche il titolo è cambiato rispetto a quello previsto in origine (che doveva essere The Georgetown Project, un riferimento oscuro all’Esorcista di Friedkin) ma poi è stato cambiato in qualcosa di più commercialmente sensato.
Ce ne sono tanti di film sugli esorcismi e sul diavolo, vero?
Una marea.
Come mai?
Difficile a dirsi. Di base, perché con lo scoppio della mania del satan panic (una sorta di psicosi di massa che colpì gli americani dopo i massacri compiuti dalla family di Charles Manson), negli USA un paio di film sbancarono al botteghino, intercettando le inquietudini collettive. Parlo, ovviamente, di Rosemary’s Baby (del 1968, di Roman Polański) e il già più volte citato L’Esorcista, del 1973. Queste due pellicole diedero la stura a mille opere similari, alcune di qualità (penso, per esempio, a The Omen di Richard Donner, del 1976 ma anche il non raffinato ma efficace Amityville Horror, del 1979, diretto da Stuart Rosenberg), altre meno. Questa ondata fece capire a Hollywood, ma non solo a Hollywood, che il diavolo era un argomento capace di attrarre pubblico un poco ovunque nel mondo. In Italia, per esempio, storicamente i film sul demonio e gli esorcismi, vanno sempre bene, anche quando non sono un granché. Poi, c’è anche un altro motivo…
E sarebbe?
I film di esorcismi non sono mai tanto complessi da girare perché il capostipite di Friedkin ha imposto degli stilemi narrativi e, a conti fatti, quello che ti serve è una stanza, un prete, un’attrice in camicia da notte che si contorce e sbava e qualche secchio di finto vomito. Per questo ci sono anche tantissimi B-Movie nella categoria. Noi, poi, come italiani ci siamo superati in questo ambito…
A cosa ti riferisci?
A un cult come L’esorciccio, film-parodia del 1975, diretto e interpretato da Ciccio Ingrassia.
Il “Ciccio” di Franco e Ciccio?
Lui, in questo caso in una delle sue rare sortite solitarie.
Vale la pena di vederlo?
Checché ne dicano i cultori del trash all’italiana, no. È un film onesto nella sua semplicità e intenti ma non era particolarmente riuscito neanche per l’epoca, figuriamoci ora.
Ok, ma allora, che film devo vedere a tema esorcismo per fami una cultura sul tema?
Limitando il campo ai film sugli esorcismi veri e proprio, escludendo quindi tutti i film a tema più generalmente diabolico, direi di cominciare con il capostipite di Friedkin, che è un capolavoro del cinema a prescindere dal suo genere. Se puoi, vedilo nella sua Director’s Cut.
Ha avuto vari seguiti, vero?
E prequel, e tentativi di reboot.
Qualcosa che valga la pena?
Sicuramente il secondo capitolo, L’esorcista II – L’eretico, del 1977, diretto da un maestro dimenticato come John Boorman, maltrattato dalla critica del tempo e andato molto peggio della pellicola originale in sala, rivisto oggi è un buonissimo film, ben costruito e ben portato in scena. La sua unica colpa è quella di essere il sequel di un capolavoro che non aveva bisogno di sequel. A L’eretico, parecchi anni dopo, segue il decisamente debole L’esorcista III, scritto e diretto da William Peter Blatty in persona, nel 1990.
Chi sarebbe?
Lo scrittore del romanzo da cui è stato tratto il film originale e autore della sceneggiatura del primo e del secondo film
Ah, figo! Immagino che il terzo capitolo sarà ottimo, allora!
No, non direi. Blatty era un ottimo romanziere, un ottimo sceneggiatore, ma non un ottimo regista. Inoltre, il film viene pesantemente rimaneggiato dai produttori (una versione più fedele all’idea originale di Blatty esce in home video nel 2006, ma rimane un film poco ispirato, molto povero e noioso, nonostante lui lo definisca superiore persino al primo capitolo di Friedkin). Pessima accoglienza critica, pessima accoglienza di pubblico. E poi…
E poi…
…e poi, pochissimo tempo dopo l’uscita del terzo capitolo, nelle sale arriva Riposseduta, film parodia della serie, diretto da Bob Logan e con Linda Blair (la protagonista bambina de L’esorcista originale, ormai cresciuta) e, soprattutto, con Leslie Nielsen. La pellicola mette talmente in ridicolo l’opera originale che, per parecchio tempo, a nessuno viene in mente di riprendere i franchise. Quattordici anni dopo, ci riprovano con un film che riesce a fallire due volte.
Cioè?
Nel 2004 esce L’esorcista – La genesi, diretto da Renny Harlin (un mestierante capace ma nulla più di questo), un prequel ambientato molti anni prima della pellicola in originale. In realtà, il film è diretto da Paul Schrader (lo sceneggiatore di capolavori come Taxi Driver e un mostro sacro della New Hollywood), ma agli studios la sua versione del film piace così poco che decidono di smontarla e rigirarne larghe parti, affidandole a Harlin, appunto. La nuova pellicola che nasce da questo lavoro di smembramento e ricostruzione va così male in sala e con la critica che gli studios, l’anno seguente, pensano bene di mandare in sala la versione originale di Schrader con il titolo di Dominion: Prequel to the Exorcist (in Italia non è stato distribuito). Indovina? Va malissimo anche quello.
Ma se sono tutti disastri, perché dici che al cinema i film di esorcismi vanno bene?
Perché mentre il franchise de L’Esorcista in quanto tale è uno dei più maltrattati, molti altri film ne hanno raccolto il testimone spirituale e trovato il successo.
Tipo?
I già citati Omen e Amityville Horror, per esempio, danno vita a serie cinematografiche lunghissime che, pur non essendo molto amate dalla critica, sono largamente apprezzate dal pubblico. Di Omen siamo arrivati al sesto film mentre della serie di Amityville siamo oltre quota trenta.
Trenta?!
Lascia perdere, è un caso particolare che merita una chiacchiera a parte ma è per mostrarti come titoli coevi a L’Esorcista originale hanno avuto una vita più lunga e prospera. Ma ci sono anche franchise molto più recenti che, ugualmente, sono andati molto bene, come la saga di The Conjuring di James Wan, che al momento vanta dieci pellicole tra sequel, prequel e spin-off. E poi si sono perle singole come, vado in ordine del tutto casuale, dal bizzarro e originalissimo Goksung – La presenza del diavolo, pellicola sudcoreana del 2016, al classicissimo e di grandissimo successo The Exorcism of Emily Rose, scritto e diretto da Scott Derrickson, dall’anomalo The Old Ways (2020, diretto da Christopher Alender e scritto da Marcos Gabriel) al raffinatissimo The Witch (del 2015, il film che ha lanciato quel genietto di Robert Eggers), dal commerciale ma non per questo brutto Constantine di Keanu Reeves (film del 2005, tratto dal personaggio della DC Comics e diretto da Francis Lawrence) al serissimo Il Rito, diretto da Mikael Håfström nel 2011, con un fantastico Anthony Hopkins come protagonista. La lista sarebbe ancora lunghissima, mi limito a segnalare anche il notevolissimo L’ultimo esorcismo di Daniel Stamm, film del 2010 di enorme successo, girato come fosse un found footage (ha avuto anche un sequel, molto meno buono), il bello e difficile Requiem di Hans-Christian Schmid, del 2006, Liberaci dal male di Scott Derrickson, del 2014, e… poi c’è anche il nuovo L’esorcista – Il Credente, che invece ti sconsiglierei a prescindere.
Perché?
È l’ennesimo tentativo di reboot del franchise originale, uscito nel 2023 per la regia di David Gordon Green, per i tipi della Blumhouse, che sono specializzati in rilanciare vecchie proprietà intellettuali horror, cadute in disgrazia. Questa volta non è andata un granché ma pare che non si arrenderanno e che un nuovo film legato alla serie uscirà entro un paio d’anni. E se ti sembra accanimento terapeutico, calcola che non ti ho parlato della serie televisiva del 2016, durata (fortunatamente) solo due stagioni.
Aspetta, ma tu li hai visti tutti?
La maggior parte. E vuoi sapere una cosa che fa ridere?
Spara.
A me il tema dell’esorcismo interessa pochissimo.
Ma allora… perché?!
A parte per l’enorme successo di critica e, soprattutto, di pubblico e l’ancora vivacissimo impatto culturale e religioso del film di William Friedkin, credo che la longevita del genere dipenda dal fatto che il cinema è un linguaggio che si sposa davvero bene con questo genere di storie, più della letteratura, per esempio. Il grosso del merito lo ascrivo proprio Friedkin che, oltre a tutta una serie di scene iconiche che si sono impresse a fuoco nella coscienza collettiva, ha saputo definire degli stilemi narrativi e di grammatica cinematografica così potenti (per resa visiva) e facili (per messa in scena) che anche il meno dotato degli emulatori non può sbagliare troppo se gli si mette in scia. In sostanza, io credo che i film di esorcismo siano uno di quei generi (sottogeneri sarebbe meglio dire) che ha trovato nel cinema la sua massima espressione ma credo pure che il cinema, in questo particolare tipo di film abbia modo di mettere in luce alcune delle sue più uniche peculiarità come linguaggio. È un matrimonio nato in paradiso, per così dire, anche se si parla di inferno.
Insomma, devo recuperare un sacco di film…
Assolutamente. Ma stai attento alla tua anima, che Pazuzu è sempre in agguato.
Chi…?!
Lo scoprirai, amico mio. Lo scoprirai…
Mi stai facendo paura…
Bene. Tu devi averne.