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Limonov, la recensione del film di Kirill Serebrennikov

Pubblicato il 12 giugno 2024 di Andrea D'Addio

Ėduard Limonov è stato uno scrittore, e infine anche politico russo. I suoi libri ebbero un discreto successo alla fine degli anni ’80 quando chi lasciava la Russia scrivendo dai paesi occidentali era identificato, già per questa ragione, come una voce da ascoltare e sostenere. Come politico invece le sue posizioni dissidenti anti regime di Putin, ad ogni modo non moderate o democratiche, lo hanno portato negli ultimi 20 anni (è morto nel 2020) ad ottenere un altro tipo di popolarità, ne hanno fatto un leader di opposizione sui generis con un discreto successo in patria. Nonostante questo la vera popolarità, quella capace di farne un uomo simbolo della nostra epoca, è arrivata grazie alla splendida biografia firmata da Emmanuele Carrère nel 2011.

Il film Limonov è la trasposizione, logicamente sintetizzata e rimaneggiata, di quel libro e non un film biografico che usa il libro come una delle fonti da cui attingere. È importante questa premessa perché il lavoro firmato da Kirill Serebrennikov non solo cerca di raccontare soprattutto gli episodi cardine dell’opera scritta a cui è ispirata, ma ne riprende anche il tono. Da qui quell’apposizione, “una ballata”, nel titolo originale inglese, “Limonov: The Ballad“.

Anche qui i piani temporali del racconto si alternano. Mancano le considerazioni personali di Carrère o, soprattutto nel finale, la sua esplicita interpretazione di questo controverso personaggio che puntualmente, si metteva sempre dalla parte più debole della storia senza farsi condizionare da soldi o morale forse solo per rimanere coerente con l’idea che aveva di sé stesso, e cioè di essere un perenne outsider, però la decisione di cosa e come mostrare è in linea con la pagina scritta.

https://www.youtube.com/watch?v=gZKoeWlWaAw

Kirill Serebrennikov che ha preso in mano un progetto partito circa 10 anni fa e che nel tempo ha visto le defezioni, alla regia, di Saverio Costanzo e Paweł Pawlikowski, riesce a rendere credibile non solo il suo personaggio (uno davvero unico, difficile anche solo da inventare visto quanto vissuto, per il tanto e il cosa ha dato al mondo, il tanto e il cosa ha ricevuto), ma anche tutto il contesto intorno dalla Russia pre e post comunista alla New York degli anni ’70. Vengono un po’ sacrificate Parigi e l’impegno che Limonov profuse nella guerra dei balcani, ma mettere tutto dentro non era possibile.

Ci sono ritmo, storia, sesso, dialoghi salaci e considerazioni sgradevoli. C’è genio e come sempre non viene senza ombre. C’è anche una splendida prova attoriale di Ben Whishaw. Insomma, Limonov, selezionato al Festival di Cannes 2024, è un film capace di avere una sua forza e capacità attrattiva sia che si sia letto o meno il libro. E rappresenta un altro modo per ricordare un uomo eccezionale, nel bene e nel male.