SerieTV Recensioni The Doc(Manhattan) is in
“Iniziata la Danza dei Draghi è”, avrebbe detto un improbabile maestro Yoda dei Sette Regni. Il prossimo 17 giugno riparte su Sky e in streaming su NOW (in esclusiva e in contemporanea con gli Stati Uniti) House of the Dragon, il fortunato prequel de Il Trono di Spade ambientato due secoli prima e incentrato sulla guerra di successione scatenatesi nella casata dei Targaryen e nota appunto come “Danza dei draghi”. Nel 2022, House of the Dragon ha vinto la sua sfida a distanza con l’altro fantasy in streaming, Il Signore degli Anelli – Gli Anelli del Potere di Prime Video, dimostrando che – un po’ come sempre, da diverse migliaia di anni a questa parte – ad ammaliare il pubblico sono le storie che racconti, non il budget della messinscena. Quasi due anni dopo, i parrucconi di House of the Dragon sono di nuovo in pista. Abbiamo visto in anteprima i primi due episodi della stagione 2, e be’, ce n’è eccome per scaldare i vecchi fan di GoT. Cioè, anche lasciando da parte il fuoco dei draghi.
Tranquilli, niente spoiler.
Cos’è che piaceva tanto, al pubblico, di Game of Thrones/Il trono di spade, prima che il finale provocasse insurrezioni e proteste in piazza – e la svolta nazi di Daenerys nella scena con quelle dannate campane facesse pentire amaramente della propria scelta centinaia di americani che avevano chiamato tutti orgogliosi le proprie figlie Khaleesi o Natadallatempesta – è presto detto. Il pubblico amava quel clima di complotti, alleanze, tradimenti, schiaffoni potentissimi (verbali e non) che arrivavano in faccia ai personaggi carogna, buoni che diventavano cattivi e viceversa. Una versione glorificata, fantasy e priva di millesimi, in pratica, di una riunione di condominio. Con più gente ammazzata e trasformata in un pasticcio di carne.
House of the Dragon ha ripreso ovviamente la medesima formula, adattando le pagine utili di Fuoco e sangue di George R. R. Ilprossimolibroarriva. Credeteci. Martin e giocandosi dannatamente bene le sue carte. Se al gioco del trono, lo sappiamo, si vince o si muore, a quello di chi ti sta simpatico si rischia di puntare sul cavallo o sul drago sbagliato. E nel corso degli anni intercorsi tra l’inizio e la fine di quella prima stagione, abbiamo visto personaggi crescere, altri andarsene, il povero, tragico, soprattutto smontabile Re Viserys (un grande Paddy Considine) perdere i pezzi e infine salutare tutti, composto nel suo rantolo, umanissimo nel suo dolore.
Il finale de “La Regina Nera”, il decimo e ultimo episodio della stagione 1, ci aveva lasciato con un crescendo di tensione, sfociato nella morte del povero, imberbe Lucerys detto Luke, quando lui e il suo drago Arrax sono stati trangugiati dal mastodontico dragosauro del guercio Aemond, Vhagar, senza che il suo padrone lo volesse. La guerra tra la madre del defunto, Rhaenyra Targaryen, e suo fratello Aegon II (e quindi la madre del re e vecchia amica d’un tempo di Rhaenyra, Alicent Hightower), appare ormai inevitabile.
(E se pensate che ricordare tutti i nomi veri, dopo anni e anni di Riassuntoni, sia stato per chi scrive difficile, avete dannatamente ragione).
La seconda stagione riparte ovviamente da lì, dal modo in cui tutti si preparano allo scontro. I primi due episodi riprendono dal gioco delle alleanze, cercate ovunque nei Sette Regni, e dalle mosse dei protagonisti di questa complessa scacchiera. Non tutti vivono infatti il lutto allo stesso modo, e non tutti, anche all’interno di uno stesso fronte, sembrano remare nella stessa direzione e pensare solo alla causa comune. Sotterfugi, piani alternativi andati a monte (ma sarà poi vero?), Daemon che fa Daemon, e altro complicano da subito lo scenario. Torti e ragioni si mescolano e poi capovolgono, e nuovi drammi sono letteralmente dietro l’angolo. D’altronde è Westeros, no? D’altronde la stagione si apre con il volo di un corvo che porta la sua Raccorvandata, e ali nere portano oscuri presagi, diceva quella simpatica portasfiga di Catelyn Tully in Stark.
Al di là di un certo colpo di scena alquanto brutale, che elettrizzerà e farà discutere i fan (quella parte, almeno, che non ha letto il libro e non sa già di “Sangue” e “Formaggio”), è l’umanità di alcune figure l’ingrediente che mi ha colpito di più in questi due episodi. Il dolore non solo di Rhaenyra, personaggio che abbiamo visto già soffrire le pene dell’inferno nella prima stagione, ma anche di un altro protagonista mostrato fino a poco prima come un insopportabile idiota. L’empatia che le storie di Martin sono in grado di innescare anche nei confronti di chi non te l’aspetti è proprio uno dei punti di forza di questo mondo, a cui facevo riferimento poco sopra: Jaime Lannister, prima di diventare un beniamino del pubblico, non era partito forse da incestuoso bastardo pronto a uccidere allegramente un ragazzino innocente? Ecco. E qui il gioco dell’empatia prende vie inattese, e il tutto contribuisce a rendere il dramma più avvincente.
Si sottolinea ancora, inoltre, come il peso di questi drammi finisca quasi sempre per cadere sulle spalle delle donne, anche pubblicamente. Una metafora forte e azzeccata che già aveva sottolineato alcuni momenti della stagione 2, e che qui torna sulla scena in tutta la sua potenza. Infine, in questa enorme partita a Risiko che sono le vicende dei Targaryen e delle altre case satellite, spioni e spacciatori di informazioni non hanno prezzo. Naturale quindi che un sinistro figuro come Larys Strong, lo zoppo con l’espressione da siberian husky, sia da subito al centro della giostra, come un tamarro in piedi sul Tagadà.
Insomma, in sintesi: partenza col botto e secondo episodio che macina questo crescendo di tensione, rabbia e violenze. Si parte il 17 giugno, come detto all’inizio, su Sky e Now.
(Quanto mi siete mancati, ciglioparrucconi miei).