Cinema

Edge of Tomorrow è stato lo sci-fi più sottovalutato degli anni 2000

Pubblicato il 06 giugno 2024 di Giulio Zoppello

Quando in America si accorsero di All You Need Is Kill, la graphic novel scritta da Hiroshi Sakurazaka e disegnata da Yoshitoshi Abe, immediatamente pensarono ad un adattamento cinematografico. Tom Cruise, Emily Blunt e Doug Liman furono i tre assi su cui si costruì Edge of Tomorrow, capace di connettersi come semantica e non solo al videoludico, e più ancora al tema della memoria nell’era tecnocratica, della nostra identità sempre meno umana.

Un film connesso al concetto videoludico di salvataggio e ripetizione

Edge of Tomorrow partiva presentandoci un Tom Cruise inedito nei panni del Maggiore William Cage, un ufficiale della logistica codardo e opportunista, impegnato a modo suo come tutti in quel conflitto, ambientato in un futuro prossimo venturo contro l’invasione extraterrestre dei Mimics, terribili ed aggressivi alieni che hanno occupato mezzo mondo. Costretto dal tirannico Generale Brigham (Brendan Gleeson) a partecipare al disastroso assalto finale sulle Coste Francesi, Cage vedrà morire tutta la sua squadra, così come Rita Vrataski (Emily Blunt), l’”Angelo di Verdun”, soldatessa simbolo della propaganda terrestre. Poi però ecco che Cage si risveglierà nel momento in cui faceva la conoscenza del Sergente Istruttore Farell (Bill Paxton), poco prima dell’assalto. Edge of Tomorrow da questo momento in poi diventava una gigantesca sessione alla playstation, o bene o male questa sembrava ai nostri occhi, mentre Cage moriva ogni volta nell’assalto, per poi tornare allo stesso punto di prima. La sceneggiatura curata da Christopher McQuarrie, Jez Butterworth e John-Henry Butterworth vedeva Cage solo, perduto in questo labirinto spazio-temporale, senza altri alleati se non la Vrataski. In breve, appariva chiaro che era l’unico in grado di poter sovvertire quella Guerra, di distruggere i Mimic, ma la cosa più interessante di Edge of Tomorrow, è come tutto ciò che abbiamo di fronte, Cage che muore mille volte, tutto che si ripete, sembri ad un tempo legato al concetto di inevitabilità, di destino che non è assolutamente mutabile da alcun intervento dei protagonisti, e contemporaneamente connesso alla teoria del caos, ad una imprevedibilità piena di risorse, rischi e punti ciechi. Il film dal punto di vista visivo era letteralmente una gioia per gli occhi, soprattutto per i tanti appassionati videoludici di titoli iconici come Halo, Titanfall, Call of Duty, Gears of War, per non dimenticare naturalmente i cinefili che avrebbero colto citazioni ad Aliens, Full Metal Jacket, Orizzonti di gloria, Salvate il Soldato Ryan. Ma come in ogni buon film incentrato su un’invasione aliena, ecco arrivare anche di sguincio un omaggio a La Guerra dei Mondi, insomma tutta quella fantascienza che da Welles a Harry Turtledove, ha immaginato sempre come conflittuale il nostro rapporto con ogni intelligenza aliena.

Non solo effetti speciali, ma un’anima molto riflessiva

Edge of Tomorrow non sarebbe stato tale però senza un Tom Cruise distante da certi suoi personaggi eroici ed infallibili, almeno inizialmente, capace di creare con una tostissima Emily Blunt, una chimica straordinaria. Cage e Vratanski sono gli unici a sapere di quella ripetizione eterna degli eventi che dà loro la possibilità di volta in volta di avanzare un po’ di più attraverso quella spiaggia, che è un vero e proprio inferno, per raggiungere Parigi, per distruggere il cuore di quell’invasione. Ma Edge of Tomorrow non per questo si dimentica dell’evoluzione dei protagonisti, anzi è nei momenti più intimi, in quel difficilissimo rapporto basato su una morte dell’altro da affrontare ancora ed ancora ed ancora, che il film fa un salto di qualità non da nulla. Ci parla infatti del concetto di perdita, dell’apatia che subentra l’empatia nel momento in cui il dolore per Cage diventa sostanzialmente inevitabile. A mano a mano che si va avanti, Edge of Tomorrow diventa sempre meno un’avventura, sempre più una riflessione su quanto abbiamo o non abbiamo il controllo della nostra vita, connettendosi in modo geniale al concetto di salvataggio videoludico. Si può anzi dire, che il film di Liman sia non tanto un film tratto da un videogioco, ma un film fatto come un videogioco in senso strutturale e semantico. I Mimic, grazie a un lavoro straordinario da parte della The Third Floor, sono tra gli alieni più inquietanti, affascinanti e letali che si siano mai visti, il motore principale di una battaglia fantascientifica come non si è più vista da allora. Capace di affrontare il tema della propaganda politica, connesso al mito della caverna di Platone, su quanto resettare sia facile e pericoloso per noi oggi mentalmente, armato di un finale ambientato nel Louvre semplicemente da stropicciarsi gli occhi, Edge of Tomorrow ha lasciato un segno. Certo, ebbe un buon successo, ma non quello che ci si aspettava, soprattutto non quello che si meritava nella sua essenza di racconto totalmente differente dalla fantascienza mainstream, armato anche di un black humor gustoso. A 10 anni di distanza, bisogna mettere che per world building, capacità di sorprendere lo spettatore, atmosfera connessa ad incredibili slanci di malinconia e tenerezza, Edge of Tomorrow è stato uno dei migliori film di fantascienza del XXI secolo, uno di quelli che meritano di essere ricordati, presi ad esempio soprattutto in tempi come questi, dove tutto è derivativo in modo molto sterile nello sci-fi.