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The Substance, l’horror fatto bene in concorso a Cannes con Demi Moore e Margaret Qualley

Pubblicato il 21 maggio 2024 di Andrea D'Addio

C’è un momento, intorno a tre quarti dei suoi 140 minuti complessivi, in cui The Substance sembra aver detto tutto ciò che c’era da dire. La metafora, cosa si è pronti a fare per assecondare quello star system che vuole tutti giovani e belli, è chiara, le scene di impatto sono state girate, e bene e non si capisce perché si arrivi veloce a una conclusione. È proprio quando il senso di stanchezza si affaccia che The Substance accelera nuovamente, quegli spunti che ricordano Cronenberg vengono spinti all’estremo, tutto acquista finalmente spessore (visivo e concettuale) e si capisce anche perché il Festival di Cannes l’abbia selezionato per il concorso principale così come nel 2021 successe per Titane (che poi vinse anche la Palma d’Oro).

Substance Margaret Qualley

Facciamo un passo indietro. La storia è quella di Elizabeth (Demi Moore), un’ex stella del cinema (bellissima la sequenza iniziale che racconta lo scorrere del tempo e della fama inquadrando il deteriorarsi della stella sulla Walk of Fame) ora regina del fitness in tv. È ancora in forma, ma capisce che la stanno per fare fuori. Vogliono una ragazza più giovane. Un ricovero in ospedale a seguito di un incidente la mette in contatto con un medico dagli splendidi occhi azzurri che, nel congedarla, le accenna che è una “perfetta candidata” e le dà in mano una chiavetta USB.

Una volta a casa la donna scopre così che c’è una misteriosa terapia in grado di creare un suo doppione, ma più giovane, a patto che inizi un trattamento di iniezioni con una sostanza molto particolare. Soliti tentennamenti, ma alla fine accetta. E così ecco che dal suo corpo esce una lei più giovane (Margaret Qualley). Le condizioni per co-esistere è che si alternino ogni settimana. Quando una è sveglia l’altra è in letargo. Sue, così si fa chiamare la giovane, riesce subito a prendere il posto di Elizabeth nello show. È euforica. La vita sembra sorriderle. E, di mettersi in pausa una settimana ogni due non ne ha voglia….

A sette anni dal suo (bel) debutto, e cioè Revenge, la cineasta francese Coralie Fargeat scrive e dirige una storia molto statunitense in cui tutto, o quasi, è azzeccato, almeno per quelle che si possono intuire siano le intenzioni: un horror capace di fare satira sociale e intrattenere cavalcando quello stranissimo piacere che a volte si ha nell’assistere a scene tanto orribili quanto affascinanti, insomma, il gore, quando fatto bene. Scelto perfettamente è, prima di tutto, il cast. Demi Moore ha tanti tratti in comune con la sua Elizabeth. È una stella del cinema ormai però un po’ decaduta. Margaret Qualley è sicuramente la star del momento (e infatti a Cannes è con due film, è anche in Kinds of Kindness), ma non solo. È anche la figlia di Andie MacDowell. E tra le due protagoniste c’è quasi un rapporto materno, la stella del passato che in parte protegge quella del momento, gode per interposta persona (almeno all’inizio). Ci sono poi i nomi che da una parte dividono in capitoli il film, dall’altra scherzano con lo spettatore: il capo della tv, emblema del peggiore maschilismo, ad esempio si chiama Harvey come Weinstein.

Substance Demi Moore

Se l’impianto visivo di The Substance, colori accesi, luci e desiderio di definire, come se dovessero essere tagliate da un bisturi, i contorni di ogni cosa che appaia sullo schermo, che sia un personaggio o un oggetto, ricordano i lavori di Brandon Cronenberg, chiaramente i temi sono quelli del Cronenberg più importante, David: il doppio, la mutilazione dei corpi, le vite sospese, la critica al mondo dello show business. Ci sono poi strizzatine d’occhio a Carrie – Lo sguardo di Satana (soprattutto il finale) e forti echi di La morte ti fa bella di Robert Zemeckis (nel modo di sdrammatizzare e nell’uso delle attrici). La chiusura della storia che si ricompone con l’inizio, aggiunge valore al tutto. Per carità, The Substance non aggiunge nulla a ciò che chi ama il genere non ha già visto, ma tutto è ben raccontato, è solido e interpretato benissimo dalle sue protagoniste. Una bella visione.