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Megalopolis, il film ossessione di Francis Ford Coppola è più ossessione, che film

Pubblicato il 17 maggio 2024 di Andrea D'Addio

Francis Ford Coppola ha iniziato a raccogliere appunti e idee per Megalopolis già dalla fine degli anni ’70. Quella che già all’epoca percepiva come un’epoca di decadenza per la civiltà occidentale, e più specificatamente degli Stati Uniti (di cui New York è per lui il simbolo) aveva tante analogie con la caduta dell’Antica Roma intesa come capitale non di un regno, ma di un mondo.

E così, con il passare degli anni, ecco che i riferimenti, in fase di scrittura si sono fatti più espliciti. Il protagonista, un architetto pronto a reinventare Megalopolis, solo che qui la città è appena stata colpita da un cataclisma, si chiama Caesar Catilina. Il corrotto sindaco che lo ostacolo è Cicero. Il bancario è Crassus. E poi c’è un giovane politico populista dal nome di Clodio, incarnazione di tutti i vizi e l’ignoranza che ci circonda. Non che gli altri personaggi siano dei santi. Quello di Megalopolis è un mondo di lussuria, denaro, bugie, vizi. Tutto è non solo mostrato, ma anche sottolineato da pomposi monologhi arricchiti, all’occorrenza, anche da citazioni che vanno da Marco Aurelio a Petrarca, passando per Ralph Waldo Emerson.

In questo già caotico collage di scene costruite con l’enfasi di chi cerca l’epica, si inserisce la visionarietà del suo protagonista, una sorta di nuovo Robert Moses (l’urbanista che creò, di fatto, tra il 1923 e la fine degli anni ’50, la New York di oggi) capace non solo di inventare un nuovo materiale sostenibile, il Megalon, con cui qualsiasi progetto diventa possibile, ma anche di fermare il tempo, un dio i cui superpoteri vanno a rendere ancora più difficile la comprensione di ciò a cui si assiste, soprattutto all’inizio. Nella sua apprezzabile ambizione di volere dire tanto, di fare un film fuori scala, Coppola butta dentro qualsiasi suggestione, associazione di idee e citazione, mettendo da parte l’importanza di dovere rendere il pubblico partecipe del tutto e non potenziale antagonista a cui mostrare, con supponenza, la validità inarrivabile del proprio punto di vista.

Sembra che nessuna grande casa di produzione abbia voluto produrre Megalopolis, tanto che per realizzarlo e coprire i 120 milioni di dollari di budget Coppola, ormai 85enne, abbia dovuto vendere parte della propria azienda vinicola in California. Purtroppo, pur apprezzando il progetto e rimanendo grati a ciò che l’autore di capolavori come la trilogia di Il Padrino, La Conversazione e Apocalypse Now ha fatto, non si può non dire che Megalopolis sia un lavoro apprezzabile solo da un punto di vista intellettuale, un film per chi ama andare contro-corrente o che si appassiona più alle premesse che alla fattura di un progetto. Nonostante il cast (Adam Driver, Shia LaBeouf, Giancarlo Esposito, Dustin Hoffman, Jon Voight e Aubrey Plaza) e la maestosità dell’impianto scenico, è difficile scorgere un momento da ricordare in Megalopolis, almeno non in positivo, nonostante quello che hanno scritto alcuni critici.

Si sente soprattutto l’assenza di un vero produttore capace di mettere un freno. Il risultato è un delirio dove tutto è concesso, persino, nelle proiezioni di Cannes, un dialogo tra una vera persona prima seduta tra i pubblico che, davanti allo schermo, pone una domanda al personaggio di Adam Driver. Il che sarebbe anche un’idea a suo modo geniale, se non fosse che si inserisca in un contesto così confusionario. Peccato, davvero peccato.