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Valeria Golino torna dietro la macchina da presa (dopo aver diretto i film Miele ed Euforia) e questa volta lo fa con una serie tv dalle grandi ambizioni: L’arte della gioia, il cui primo episodio è stato proiettato alla settantasettesima edizione del Festival del cinema di Cannes. Tratta dall’omonimo romanzo di Goliarda Sapienza, la serie narra senza filtri la storia di Modesta, a cui presta il volto la giovanissima – e talentuosissima – Tecla Insolia. Modesta viene da subito presentata come un personaggio estremamente complesso, dotato di una personalità sfaccettata che – vi anticipiamo – sarà in grado di travolgervi. Adattare un romanzo che ha richiesto all’autrice molti anni di lavoro rappresentava sicuramente una sfida notevole, eppure Valeria Golino e l’intero team di sceneggiatori (Luca Infascelli, Francesca Marciano, Valia Santella, Stefano Sardo) sono riusciti perfettamente a rendere omaggio a questa travagliata storia.
Prodotta da Sky Studios e da Viola Prestieri per HT Film, L’arte della gioia debutterà prima al cinema, dove sarà divisa in due parti: la prima distribuita in sala dal 30 maggio, mentre la seconda dal 13 giugno; non vi è invece ancora una data ufficiale per quanto riguarda la messa in onda su Sky Italia e NOW. Grazie a Vision Distribution abbiamo potuto assistere all’anteprima romana di tutta la serie, di seguito potete trovare la nostra recensione, vi avvisiamo che saranno presenti alcuni piccoli SPOILER.
Fin dai primissimi frame abbiamo capito che L’arte della gioia non sarebbe stata una storia adatta a tutti; la serie si presenta infatti come un romanzo di formazione, ma forse per la prima volta non abbiamo una protagonista capace di farsi subito amare da chi guarda. La storia di Modesta è così complessa e drammatica che lo spettatore ha bisogno di tempo prima di comprenderla fino in fondo. Siamo nella Sicilia del primo ‘900 quando la protagonista viene portata ad un convento, dopo essere stata l’unica sopravvissuta ad un incendio divampato nella sua casa; a perdere la vita furono la madre, la sorella e il padre, il quale aveva sessualmente abusato di lei poche ore prima. Quest’ultimo avvenimento aggiunge alla storia un ulteriore livello di drammaticità, contribuendo in modo significativo alla complessità della protagonista e alla sua evoluzione nel corso degli episodi.
Con l’approdo in convento Modesta diverrà, quindi, l’elemento di commistione tra sacro e profano, soprattutto quando instaurerà un profondo legame con la Madre Superiora Leonora, interpretata dalla bravissima Jasmine Trinca. Sarà proprio il rapporto con quest’ultima a dare una svolta inaspettata alla vita della ragazza – nonché alla stessa trama –; ad un certo punto le loro esistenze si intrecceranno sempre di più, permettendo a Modesta di farsi davvero spazio nel mondo. Il carattere selvaggio, ma allo stesso tempo timoroso, della protagonista si modellerà enormemente con il passare degli episodi. Gli spettatori avranno quindi modo di vedere un cambiamento in lei, sta a chi guarda decidere se positivo o negativo. Modesta è un personaggio che non cerca l’approvazione di tutti, ma riesce comunque a catturare l’attenzione con il suo fascino unico e autentico. È proprio questa sua autenticità che la rende così affascinante ai nostri occhi.
Uno dei grandi pregi de L’arte della gioia è soprattutto quello di essersi avvalsa alla regia della presenza di Valeria Golino. Finalmente, infatti, abbiamo una donna – nonché attrice – capace di tramutare in immagini le gesta, le idee e le emozioni di un’altra donna, la quale come abbiamo visto può essere considerata una vera e propria antieroina. Ed è la stessa Golino a ricordarcelo:
Modesta è un unicum nella letteratura italiana, è incredibile che nessuno abbia ancora portato questo personaggio al cinema. Lei è oltre la modernità, lei è un po’ più avanti di noi adesso, e mi piaceva l’idea di raccontare una donna in maniera poco edificante, con tutti i grandi difetti che di solito si attribuiscono agli uomini, che nella letteratura sono spesso antieroi, gli antieroi nei libri sono sempre di sesso maschile e hanno dei difetti che rimangono tali: Modesta li ha tutti, solo che è donna. Il peggiore è forse l’assenza di senso di colpa.
Con queste parole Valeria Golino ci fa capire molto della psicologia di Modesta e del perché nessuno fino ad oggi fosse mai riuscito a trasporre questa storia al cinema o in televisione. Non solo Modesta, tutti i personaggi de L’arte della gioia escono fuori dai classici canoni narrativi e probabilmente è proprio questo a colpirci così tanto. Il romanzo di Goliarda Sapienza era moderno quando è uscito e lo è tutt’oggi, in quanto difficilmente vediamo una narrativa così multiforme al cinema o in televisione. C’è sempre paura ad osare e uscire fuori da schemi predefiniti, ma L’arte della gioia si beffa di questi timori, facendo dell’anticonformismo uno dei suoi punti di forza. Basti pensare al personaggio della Principessa Gaia, interpretato da una straordinaria Valeria Bruni Tedeschi (i suoi “mi annoio” sono già un cult), la quale non ha paura di descrivere alcuni aspetti negativi riguardanti la maternità, offrendo agli spettatori una prospettiva più completa e realistica sull’argomento.
In definitiva, L’arte della gioia è un prodotto estremamente coraggioso, che ci auguriamo possa rappresentare un punto di svolta per la serialità italiana. La prima parte – comprendente i primi tre episodi – la trovate al cinema dal 30 maggio, la seconda – con gli ultimi tre – arriverà il 13 giugno.