Lo si legge ovunque, quindi vale la pena dirlo subito: Emilia Perez è un musical. Se non lo si sapesse in anticipo, sarebbe la prima delle tante sorprese che ci si troverebbe a dovere incassare iniziando la visione dell’ultimo film di Jacques Audiard. Le altre riguardano la trama, un continuo susseguirsi di svolte davvero, ma davvero inaspettate che rendono la visione più che mai avvincente e originale. Prima di tutto, dopo circa un quarto d’ora dall’inizio del film, quando sembra ormai assodato che la protagonista è un’avvocatessa messicana (Zoe Saldana) che odia, ma deve per portare a casa uno stipendio, difendere i delinquenti, ecco che c’è un cambio di protagonista. La legale è contattata da un pericoloso narcotrafficante pronto a ricoprirla d’oro se l’aiuterà con una segretissima missione. Dire quale sia rovinerebbe la visione. Certo è che da lì il film prende una piega imprevista. Non rimarrà l’unica.
Tra i due personaggi si instaura un rapporto di amicizia tale che il fu narcotrafficante finisce, a distanza di anni, per diventare un filantropo dedito alle cause dei desaparecido messicani. C’è un limite però alla manipolazione delle persone e forse è stato superato. Non si può volere, e avere tutto, almeno quando si ha un passato così cruento.
Girato tra Messico e un teatro di posa a Parigi, Emilia Perez è, prima di tutto, un film pieno di idee. Tutto, a partire dal progetto, sembra originale. Che un regista francese racconti una storia ambientata tra la malavita messicana, che lo faccia con un musical e che la protagonista sia l’attrice spagnola transgender Karla Sofia Gascon.
In un’epoca di film basati sugli algoritmi o spesso, quando d’autore, poche volte in grado di rompere gli schemi, ecco che il lavoro di Audiard rappresenta una fresca boccata d’aria. Canzoni e coreografie si inseriscono egregiamente nella trama, il dramma lascia spazio a momenti più leggeri, la suspense rimane sempre presente anche quando tutto sembra avviarsi sulle rassicuranti note della commedia esistenziale. La parte drammaturgica è più debole. Alcuni dettagli sono un po’ tralasciati (una persona di cui non si capisce l’origine della ricchezza si farebbe intervistare dalle tv? Quanto ci vuole per cambiare davvero sé stessi? È sufficiente un radicale “cambio di identità”? Nonostante tutto parliamo di un grande film.
Audiard ha presentato il Emilia Perez al Festival di Cannes. Qui vinse la Palma d’Oro nel 2015 con Deephan – Una nuova vita. Anche in quel caso c’era il nome del protagonista nel titolo, anche allora al centro c’era una persona che voleva lasciarsi il passato alle spalle. Chissà che non sia per lui di buon auspicio. Emilia Perez è un film che può vincere.
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