Ciao, mio dotto amico, ho visto che sta uscendo un nuovo Ghostbusters e vorrei saperne di più!
Ciao, mio amico che non sa usare Google, sono qui per aiutarti! Ti interessa un film in particolare o il franchise in genere?
Il franchise in genere.
Molto bene, allora partiamo da un chiarimento: Ghostbusters non nasce con l’idea di “lanciamo una nuova proprietà intellettuale” quanto sull’idea di “continuiamo a sfruttare una proprietà intellettuale che al cinema ha già funzionato”.
Che intendi dire? Ghostbusters esisteva prima del primo film?
Assolutamente no (a meno che non vogliamo prendere in considerazione un oscuro telefilm, poi trasformato anche in una serie animata, chiamato Ghost Busters che nulla ha a che spartire con la pellicola di Ivan Reitman). Quello che intendevo dire è che Ghostbusters (il film, quello vero), nasce come ennesima reiterazione di un tipo di opera che Hollywood conosceva bene, ovvero, i film nati dai migliori talenti che popolavano il Saturday Night Live e le pagine di National Lampoon.
Film come Animal House, Blues Brothers, l’infinita serie dei National Lampoon Vacation e via dicendo. Opere che anche quando non portavano espressamente il marchio dello show televisivo o della famosa rivista (e, spesso, lo portavano) erano comunque figlie di quel DNA.
Che cos’è il Saturday Night Live e National Lampoon?
Qui mancano proprio le basi, eh? Il primo è uno show comico, in onda dal 1975 a oggi, sulla NBC, il secondo una rivista umoristica che ebbe, negli anni settanta, un enorme successo e influenza sulla cultura americana. Sui palchi dello show e sulle pagine del magazine, ebbero modo di esordire, tra gli altri, Dan Aykroyd, Bill Murray, Harold Ramis, John Belushi e Ivan Reitman, proprio quei geni che diedero vita a Ghostbusters.
Aspetta, cosa c’entra John Belushi? Non era morto.
Sì, il buon “Bluto Blutarsky” ci ha lasciati nel 1982, un anno prima che iniziassero le riprese del primo film (uscito poi nel 1984), ma Dan Aykroyd e Harold Ramis lo stavano scrivendo con lui in mente. In origine la squadra degli Acchiappafantasmi sarebbe dovuta essere formata da Aykroyd e Ramis stessi, Eddie Murphy e John Belushi. La morte di “Joliet Jake”, scombinò i piani anche se, in qualche maniera, nel film ci finì lo stesso.
Che significa?
Che il fantasma poi conosciuto con il nome di Slimer, “l’aborto di tubero”, è stato immaginato proprio con Belushi in mente, come omaggio all’amico scomparso. Non a caso, nel film, Slimer “smerda” il personaggio di Peter Venkman, interpretato da Bill Murray.
Perché “non a caso”?
I pettegolezzi dicono che Murray e Belushi non fossero esattamente amici e che, anzi, tra i due intercorresse una profonda antipatia e competizione. Il ruolo di Belushi nel film, dopo la sua scomparsa, finì proprio a Murray e, leggenda vuole, che Aykroid scrisse quella scena per dare modo all’amico di una vita di dare un ultimo, “affettuoso saluto”, al rivale.
Ok, e Eddie Murphy, invece? Che fine fece?
La sua carriera esplose come un razzo e preferì seguire progetti dove era il protagonista assoluto. A detta di Aykroid (anche se Ramis disse sempre che le cose non stavano così), la sua parte finì nelle mani dell’unico attore non proveniente dal mondo della comicità, Ernie Hudson. Ma questa è una storia complicata e delicata.
Allora la voglio sapere!
Hudson sostenne cinque mesi di provini per la parte e il suo personaggio, a detta sua, faceva parte del gruppo se non proprio dall’inizio della storia, quasi. A pochi giorni dalle riprese però, l’attore venne raggiunto da una riscrittura del copione dove la sua parte era enormemente ridotta e Winston Zeddemore (il quarto Acchiappafantasmi) arrivava in scena solo dopo la metà della storia, con pochissimo tempo a schermo e ancora meno battute significative.
Come mai?
Si dice (ma tutta la lavorazione dei primi due Ghostbusters è fatta di pettegolezzi da prendere con le molle) che Bill Murray avesse minacciato di lasciare la produzione se il suo ruolo non fosse stato espanso. E visto che Murray, rispetto a tutti gli altri, era quello che aveva la carriera più lanciata negli anni ottanta, la produzione cedette alle richieste e Aykroyd e Ramis vennero costretti a riscrivere la pellicola. Comunque, quale che sia la verità, Hudson non apparve mai sui poster del film (neanche il nome). Ma torniamo all’inizio, che ne dici?
Ok. Quindi, Ghostbusters nasce come un film comico…
Assolutamente sì. Un film comico, sulla scia dei successi del SNL e di National Lampoon, con i migliori talenti di queste realtà. L’idea di fondo venne a Aykroyd, da sempre appassionato di occultismo e storie di fantasmi mentre Ramis si concentrò sugli aspetti scientifici. E sempre a Ramis va riconosciuta l’intuizione di fare sì un film comico, ma anche un film che funzionasse a prescindere dalla sua comicità. Cosa che poi fece tutta la differenza del mondo, in termini di risultati.
Che intendi dire?
Che il primo Ghostbusters è tanto un irresistibile film comico, quando un credibilissimo blockbuster d’azione. La storia è divertente, ovviamente, ma è perché sono i personaggi a esserlo e perché, Ivan Reitman, il bravissimo regista, aveva un particolare orecchio per la commedia. Ma le premesse narrative, per quanto fantasiose, sono solide, così come gli sviluppi dell’intreccio. La minaccia è reale, la posta in gioco altissima e la tensione non manca e ci sono molti momenti anche genuinamente orrorifici.
Insomma, un bel mix…
Molto. E difficilissimo da ripetere. Tanto è vero, che dopo il successone imprevisto del primo film (finì per battere quello che si pensava sarebbe stato il campione d’incassi dell’anno, Indiana Jones e il Tempio Maledetto), venne rapidamente messo in cantiere un sequel che non riuscì a replicare quell’alchimia, pur potendo contare su tutti i talenti che l’avevano resa possibile la prima volta.
Ghostbusters II uscì nel 1989 ma si classificò solo settimo negli incassi dell’anno, in USA. Parecchio indietro rispetto al terzo capitolo di Indiana Jones (Spielberg lo freghi una volta, non due).
Vabbè, comunque, mica male, no?
Sì e no. Ci si aspettava molto di più, specie per un sequel che era stato così difficile da fare.
Perché?
Prima di tutto, perché il cast e il regista non volevano farlo (in quegli anni i sequel erano visti come sottoprodotti), poi perché, una volta convinti, le agende non coincidevano. Infine, per colpa di David Puttnam.
Chi?
Il nuovo chairman della Columbia, che aveva “ereditato” il film dalla precedente gestione e che non era molto interessato a farlo girare, specie al costo proibitivo per il cast e gli effetti che gli era stato prospettato. Puttnam fece una guerra pubblica e feroce contro Bill Murray e… la perse.
Eliminato di mezzo il dirigente e sostituito con un altro, la pellicola ricevette la luce verde. Ma, nel frattempo, era sorto un altro problema…
Quale?
La serie animata The Real Ghosbusters, chiamata in questa maniera proprio per distinguerla dall’altra serie animata chiamata, semplicemente, Ghostbusters e basata sulla vecchia serie televisiva di cui parlavamo all’inizio, The Ghost Busters. The Real Ghosbuster era un cartone animato seriale (di ottima fattura) che portava avanti le vicende del film di Murray e soci e che aveva incontrato un grosso successo. Così come un successo erano stati i videogiochi legati al marchio (e anche quelli, all’epoca, erano visti come prodotti per bambini)…
Fammi indovinare: visto che il cartone animato e i videogiochi si rivolgevano a un pubblico giovane ed erano stati un successo, ci si aspettava che il secondo Ghostbusters fosse, quantomeno, anche adatto ai bambini che seguivano la serie, giusto?
Vedi che, quando vuoi, le cose le sai? Esattamente così. Ramis e Aykroyd, invece, volevano dare un taglio più maturo e serio alla pellicola. Si cercarono di far convivere entrambe le istanze e ne venne fuori un film che non era brutto, ma non era neanche divertente come il primo, appassionante come il primo, riuscito come il primo. A dire la verità, era anche peggiore dei migliori episodi della serie animata. E la gente se ne accorse.
E poi che è successo?
Un sacco di cose, quasi tutte brutte. L’accoglienza tiepida del secondo capitolo aveva confermato i pregiudizi del gruppo creativo contro i sequel e per anni non ne vollero sapere. Quando Ramis e Aykroyd ritrovarono l’interesse per il progetto, stimolati anche da un generale ritorno d’interesse del mercato per le proprietà intellettuali degli anni ottanta e dall’amore dei fan, fu Bill Murray (che, intanto, aveva litigato malissimo proprio con Ramis, con il quale non avrebbe più parlato) a opporsi. Poi era Aykroyd che non voleva più saperne (nonostante avesse già scritto più versione di un possibile terzo capitolo, tutte senza Peter Venkman, il personaggio interpretato da Bill Murray, sostituito da uno nuovo character che sarebbe stato portato a schermo da Ben Stiller). E si continuò così per un bel pezzo, fino a quando, nel 2009, uscì un nuovo videogame di Ghostbusters che andò piuttosto bene e che fece capire a tutti che il mondo aveva voglia di nuove storie degli Acchiappafantasmi.
E, a quel punto… chi chiamerai?
Il cast originale?
Che non ne voleva sapere. Semplicemente, Murray non rispondeva alle telefonate di Aykroyd e non parlava con Ramis. Poi, nel 2014, Harold Ramis morì. E Murray si disse disponibile per prendere in considerazione un nuovo capitolo. Ma, a quel punto, la Columbia aveva altre idee. Un’idea. Sfortunata.
Il reboot.
Precisamente. Quattro nuove protagoniste, tutte uscite della fucina del STL, per ricreare la formula originale del film. Il reboot femminile di Ghostbusters uscì nel 2016 per la regia di Paul Feig, con Melissa McCarthy, Kate McKinnon, Leslie Jones, Kristen Wiig e Chris Hemsworth (nel ruolo del segretario svampito e sexy) e venne largamente odiato. Il che è un peccato perché era un film comico abbastanza divertente. Ma, appunto, solo un film comico, che non aveva capito nulla del segreto del film originale…
Che Ghostbusters non era solamente un film comico.
Esattamente. Era ANCHE un film comico. Ma non esclusivamente quello. Comunque sia, la cosa che i fan proprio non mandarono giù, fu che il cast della pellicola originale era presente in scena solo in brevissimi ruoli cameo e non nei panni dei protagonisti delle prime due pellicole (e della serie animata). Il film venne seppellito rapidamente sotto la sabbia ma la Columbia non si arrese e disse: “Abbiamo capito cosa abbiamo sbagliato, ora vi renderemo felici”. E nel 2021 arrivò sugli schermi Ghostbusters: Afterlife che era un sequel dei primi due film, pur integrando nuovi protagonisti a quelli vecchi. Il fim, diretto da Jason Reitman (figlio di Ivan Reiman, il regista dei primi due Ghostbusters) andò molto bene, grazie a una trama ben congegnata e a dei nuovi protagonisti piuttosto centrati. Il momento più amato dal grande pubblico però, è quello in cui la pellicola fa tornare in scena tutta la vecchia banda originale (arrivando anche a resuscitare Ramis sotto forma di fantasma digitale, pronto a dare il suo perdono a Bill Murray). Cosa che fece capire a tutti quale era la strada da seguire per il prevedibile sequel.
E quale era?
Tornare ancora di più all’origine. Afterlife si ambientava lontano da New York e vedeva coinvolti solo marginalmente i Ghostbuster originali. Il suo sequel, intitolato Ghostbusters – Minaccia glaciale, diretto da Gil Kenan (co-sceneggiato sempre da Jason Reitman) e in arrivo sui nostri schermi proprio in questi giorni, invece…
Invece?
Si ambienta a New York, ci riporta nella centrale degli Acchiappafantasmi e garantisce un ruolo molto più prominente a tutti i protagonisti del primo film.
Quindi, queste due nuove pellicole sono molto simili alle due originali?
Sì e no. Diciamo che se il reboot del 2016, si concentrava troppo sul lato comico, scordandosi quello della storia vera e proprio, nei due sequel diretti dal figlio di Reitman, quello che manca è proprio la comicità. Del resto, non sono scritti da Aykroyd e Ramis e si sente.
Ma a te, sono piaciuti o no?
Io ho visto il primo Ghostbusters in sala, con una tuta artigianale fatta da mia madre. Tiferò sempre e comunque per gli Acchiappafantasmi.