In questi giorni sui social media non si sta facendo altro che parlare della miniserie Netflix Baby Reindeer, esplosa quasi per caso ma soprattutto grazie ad un fantastico passaparola. Pur trattando di un tema molto importante nessuno si aspettava tale successo, probabilmente nemmeno Netflix se si considera la poca promozione fatta. La storia però ci insegna che alcuni dei successi più importanti della piattaforma sono nati proprio dal basso, dall’interazione tra i fruitori (ad esempio il fenomeno Squid Game). In soli dieci giorni Baby Reindeer è balzata al primo posto delle serie più viste di Netflix Italia, collocandosi davanti a hit importanti come Il problema dei 3 corpi e divenendo lo show più chiacchierato sul web.
A livello globale – con oltre 10 milioni di ore di visione – si è invece già posizionata al quinto posto delle serie in lingua inglese più viste; un successo destinato a crescere ulteriormente nelle prossime settimane. Di seguito potete trovare la nostra recensione sulla serie, se non l’avete ancora vista vi consigliamo di non continuare con la lettura (e tornare a visione conclusa) perché saranno presenti SPOILER.
Baby Reindeer è una miniserie tratta dallo spettacolo teatrale Monkey See, Monkey Do, scritto e interpretato dallo stand up comedian Richard Gadd, in cui quest’ultimo riflette sulla terribile violenza sessuale subita in passato da un uomo. Nello show Netflix egli amplia la storia, mettendoci a conoscenza di quanto quel trauma l’abbia profondamente cambiato – e scosso – nel profondo. In Baby Reindeer interpreta Donny, un aspirate comico alla ricerca del successo nella città di Londra. Per mantenersi lo vediamo lavorare in un pub, dove tra i tanti clienti fa la conoscenza di Martha (Jessica Gunning); la gentilezza di Donny nei suoi confronti verrà fraintesa dalla donna, la quale comincerà ad essere letteralmente ossessionata da lui. Un’ossessione che si trasformerà presto in stalking, con email e messaggi ad ogni ora del giorno e delle notte. La vita privata dell’uomo sarà letteralmente presa d’assalto da Martha e, se in un primo momento egli non darà molto peso a tali comportamenti, tutto precipiterà quando inizierà a vedersi con altre donne. In quell’istante Donny prenderà coscienza che ogni tipo di confine è stato superato e soltanto una cosa può essere fatta: denunciare Martha.
Le autorità competenti – come spesso avviene – minimizzeranno però il tutto, lasciandolo solo alle prese con una sempre più incontrollabile stalker. Baby Reindeer – che tradotto letteralmente significa Piccola Renna, ovvero il soprannome dato da Martha a Donny – offre una prospettiva inedita sul tema dello stalking: quella maschile, riflettendo inoltre sulla sempre maggior inadeguatezza della polizia nei confronti di determinate tematiche. Infatti, sono tante le vittime lasciate sole ad affrontare una battaglia più grande di loro e nella quale avrebbero bisogno di tutto il supporto possibile. Sullo stalking si è discusso tanto negli ultimi anni, eppure in nessun paese è presente una regolamentazione chiara ed esemplare di come esso debba essere trattato. Non tutti riescono a prendere in mano un microfono e parlare pubblicamente delle proprie terribili esperienze, come Donny/Richard Gladd. Si dovrebbe quindi fare tutto il possibile affinché non siano le vittime a sentirsi in difetto, probabilmente siamo troppo fiduciosi ma auspichiamo che la grande risonanza mediatica avuta da Baby Reindeer possa portare finalmente allo sviluppo di una legge chiara ed universale su tale reato.
In soli 7 episodi della durata di 30/45 minuti Baby Reindeer riesce a scavare nel profondo degli spettatori e ovviamente questo è merito di Richard Gladd, il quale prova a parlare con estrema sincerità di tutto l’incubo vissuto; un’operazione simile a quella attuata nel 2020 da Michaela Coel, con la miniserie – disponibile su Sky Italia e NOW – I May Destroy You. L’estrapolazione di un evento traumatico ti porta a metterti a nudo con il pubblico e ciò risulta essere un atto di estremo coraggio per qualsiasi autore. Lo stile narrativo utilizzato da Gladd per raccontare la sua storia in Baby Reindeer è fondamentale, parte infatti dall’incontro di Donny con Martha e la successiva ossessione da parte di quest’ultima, per poi arrivare al quarto episodio in cui facciamo la conoscenza del trauma che di fatto ha dato inizio a questo susseguirsi di drammatici eventi nella vita del protagonista: lo stupro subito da un grande comico di successo, avvicinatosi a lui con l’intento di divenire il suo mentore.
La scrittura di Baby Reindeer è sostanzialmente il suo punto di forza, in quanto attraverso uno stile tagliente e senza filtri affronta tematiche come la vergogna e il senso di colpa, provate da quasi tutte le vittime di violenza sessuale. Se, infatti, inizialmente ci viene quasi istintivo accusare Donny di debolezza e ingenuità, una volta compresa tutta la sua storia possiamo vederlo come un uomo ancora estremamente provato da un evento, che per molto tempo ha cercato di reprimere. Proprio lo stupro lo ridefinirà totalmente come persona, facendogli mettere in dubbio tutte le certezze con cui era cresciuto fino a quel momento e portandolo a scoprire parti di se stesso – probabilmente latenti –, ad esempio, la propria bisessualità. La serie cerca in tutti i modi di mandare un messaggio a chi – almeno una volta nella vita – ha vissuto un’esperienza simile a quella del protagonista: parlatene, non state in silenzio, non fate il gioco del vostro carnefice. Titoli come Baby Reindeer meriterebbero molta più promozione anche per tale motivo; non si dovrebbe attendere una loro scoperta, quasi casuale, da parte del pubblico. Ci auguriamo che Richard Gladd con questa miniserie possa aver definitivamente convinto i distributori del valore di tali opere.