Su Netflix tutti parlano de Il Problema dei Tre Corpi, il nuovo fenomeno di massa che la piattaforma sta cavalcando per ribattere ad una concorrenza sempre più agguerrita anche sul piano sci-fi. David Benioff, D. B. Weiss e Alexander Woo firmano questa prima stagione, girata tra Cina, New York e Regno Unito, liberamente adattata come nel più classico dei prodotti Netflix ma capace di riportare il genere al tempo in cui era la suggestione e la forza del mistero a catturare la nostra attenzione.
Il Problema dei Tre Corpi è stato scritto da Liu Cixin nel 2006, il titolo trae spunto da uno dei problemi della dinamica di base relativi alla meccanica classica (avete capito cosa vuol dire? Io no, comunque va benissimo lo stesso). Ad adattarla ci hanno pensato tre outcast, un tempo Re poi diventati paria del panorama seriale e cinematografico, in particolare Benioff e Weiss, ancora sulla lista nera di molti per il finale terribile de Il Trono di Spade. Questa serie però potrebbe segnare la loro salvezza, perché a partire dal complessissimo romanzo di Cixin, e pur sottostando ai classici diktat di Netflix (casting inclusivo, cambio di generi e nazionalità, condensazione della trama), Il Problema dei Tre Corpi riesce a rivendicare una qualità di scrittura e di ritmo davvero di alto livello. La trama si sviluppa partendo dalla Cina, poco prima della Rivoluzione Culturale di Mao, quando Ye Wenjie deve assistere impotente all’esecuzione del padre, professore di fisica, una materia non “allineata” ai dettami del Partito Comunista Cinese. Imprigionata a causa di un libro “illegale” in suo possesso, viene selezionata per lavorare ad un progetto scientifico top secret, con cui cercare di tracce di vita intelligente aliena. Balzo in avanti ai nostri giorni. Un gruppo di Ricercatori, soprannominati I 5 di Oxford, formato da Auggie (Eiza Gonzalez), Saul (Jovan Adepo), Jin (Jess Hong), Jack (John Bradley) e Will (Alex Sharp) ha avuto in Ye la propria mentore, e cerca di continuare il suo lavoro. L’ambiente scientifico è scosso da un’ondata di suicidi, forse connessi alla crisi del settore, su cui indaga il Detective Da Shi (Benedict Wong), ma anche l’agente segreto Thomas (Liam Cunningham), e il ricchissimo Mike Evans (Jonathan Pryce) sono interessati agli sviluppi della vicenda. La scoperta di un programma molto particolare di realtà virtuale porterà l’intera vicenda verso una svolta scioccante, le cui conseguenze cambieranno il mondo per sempre, dandoci la risposta al più grande interrogativo di sempre: siamo soli nell’Universo?
Partiamo col dire che Il Problema dei Tre Corpi aveva di fronte un obiettivo non da nulla: creare una serie che fosse potabile per il pubblico trasversale, partendo da un romanzo, quello di Cixin, che è uno dei più complicati e articolati che il genere sci-fi abbia avuto nel XXI secolo. Non è la prima volta che si tenta, la cinese Tencent Video ci aveva provato solo l’anno scorso, ma da noi non è mai arrivata. Netflix ha raccolto questa sfida, decidendo però di non fare a meno degli elementi filosofici, esistenziali e complessi della narrazione originale, perlomeno per quello che riguarda la semantica e l’identità del prodotto seriale. Certo, ci sono tanti cambiamenti di trama, alcuni personaggi sono stati messi da parte, ma è un sacrificio oggettivamente inevitabile, anche perché per regia, qualità estetica dell’insieme e cura complessiva, Il Problema dei Tre Corpi è assolutamente inattaccabile. Alla base c’è la perdita di senso dello scibile, dei principi matematici e fisici che reggono la nostra visione del mondo. Ma anche la vecchia, cara paura di un intelligenza aliena, il complottismo da Guerra Fredda e la ricerca di una verità nascosta e inafferrabile, traslata su diversi piani narrativi, la fanno da padrone. L’insieme, dal punto di vista narrativo, strizza l’occhio tanto a Arthur C. Clarke, a Philip K. Dick o Jack Finney, quanto a una certa distopia moderna, sulla mancanza di fiducia dell’umanità nella scienza in senso classico. Il Problema dei Tre Corpi sicuramente sa come appassionare, ma paga il fatto che i personaggi in più di un’occasione appaiono alquanto meccanici, poco empatici ed approfonditi. Non a tutti piacerà poi l’articolato meccanismo narrativo, che richiede sicuramente pazienza e concentrazione allo spettatore. Dopo i primi due episodi, la trama accelera, le risposte arrivano seguite da altre domande, l’atmosfera rimane inquietante, presaga di distruzione e misteri. Il Problema dei Tre Corpi rimane però una serie ambiziosa, coerente, molto al di sopra della media di Netflix e di certo non si può non riconoscere come sappia mantenere la sua identità, senza prestarsi a facili ridimensionamenti. Certo, tutto dipende da che tipo di fantascienza amate…