Cinema roberto recchioni Recensioni
Negli ultimi anni, merito di un paio di titoli di enorme successo mondiale e delle grandi piattaforme che hanno permesso di vedere film una volta di difficile reperibilità, il grande pubblico si è avvicinato al “cinema indiano”. Metto la definizione tra virgolette perché non esiste un solo cinema indiano ma esistono molteplici industrie cinematografiche indiane che propongono modi e maniere di pensare e fare cinema, molto diverse. Tre sono le realtà principali, di cui la più famosa e sdoganata qui in occidente è quella di Bombay, che noi conosciamo come “Bollywood”: il cinema popolare di lingua hindi, quello più spettacolare e facile, con i budget più alti, i numeri di danza più articolati, le canzoni che scalano le classifiche e le star più belle e popolari (spesso anche fuori dall’India). Quello di Bollywood è il cinema indiano più commerciale e più occidentalizzato, e quello di maggior successo, fino a qualche anno fa. Poi c’è il cinema telugu (“Tollywood”), che realizza sempre grandi film molto popolari ma che guarda più a temi cari alla tradizione del paese e alla sua storia, che propone divi più simili agli standard di bellezza indiani rispetto a quelli occidentali e che, anno dopo anno, si è fatto sempre più nazionalista nei temi, diventando estremamente popolare negli ultimi tempi a causa del clima politico del paese. C’è poi “Kolliwood”, l’industria cinematografica tamil, anch’essa molto popolare, che ha il suo punto forte nei film drammatici e sentimentali di qualità e po c’è il cinema kannada, quello malese, il marathi e qualche altra decina di altre diverse per origine geografica, lingua e religione e politica.
L’India è enorme e molto varia, non dovrebbe stupire nessuno che il suo cinema sia enorme e molto vario.
Fighter di Siddharth Anand era il film più atteso del cinema indiano del 2024 ed è recitato in hindi, quindi si tratta di un film di “Bollywood”, cioè di una pellicola commerciale con un alto budget (duecentocinquanta crore, circa trenta milioni di euro), una trama mutuata dai classici blockbuster americani (in questo caso: Top Gun) e star bellissime dai tratti fortemente occidentali (tra cui, nel ruolo del protagonista, il magnifico Hrithik Roshan, il corrispettivo di Tom Cruise dell’India, una sorta di dio dorato capace di recitare ad altissimi livelli, ballare come Michael Jackson, cantare come un usignolo e dare tripli calci volanti a girare). Fino a qualche anno fa, questo tipo di produzioni di Bombay erano molto larghe, con temi e conflitti estremamente generici e poco divisi. La crescita del cinema nazionalista telugu (ben rappresentata da quel successone internazionale di pubblica e critica che è RRR di S. S. Rajamouli) ha cambiato però le carte in tavola e Bollywood si è rapidamente adeguata, questo significa che Fighter è un film fortemente nazionalista. Così nazionalista da far sembrare Alba Rossa, Top Gun, Rocky IV, i cinesi Wolf Warrior 1 e 2 e il già citato RRR, dei film moderati, adatti per un pubblico di delicati fiocchi di neve. In Fighter le bandiere indiane sono ovunque e sventolano anche quando non c’è vento, i pakistani sono rappresentati come la peggior feccia dell’umanità e gli eroi cantano canzoni dove dicono che la miglior bara possibile è quella avvolta nel tricolore nazionale.
Se la retorica del dio, patria e famiglia vi è allergica, lasciate perdere la visione perché avrete bisogno di un’iniezione di adrenalina dritta nel cuore, per poter resistere.
Se, invece, siete tra quelli a cui queste cose divertono… ecco la storia in breve: a Srinagar, nel Jammu e Kashmir, un’organizzazione terroristica (supportata e ospitata dal governo pakistano) pianifica un attacco contro l’India. Per contrastare la minaccia viene formata una squadra mista di piloti da caccia ed elicotteristi, chiamata “Air Dragons”. La squadra include il capo squadriglia Shamsher “Patty” Pathania (interpretato da Hrithik Roshan), abile pilota di caccia Sukhoi Su-30MKI (di fabbricazione russa ma in forze anche all’aviazione indiana) e Minal “Minni” Rathore (Deepika Padukone), la migliore quando si tratta di far volare elicotteri da sbarco (sempre di fabbricazione russa). Ovviamente tra i due, dopo le prime schermaglie iniziali, nasce del tenero. Patty è però perseguitato dal suo passato, (ha perso la precedente fidanzata, pure lei elicotterista, in una precedente missione, uccisa da un cattivissimo e fortissimo pilota pakistano).
Inoltre, Patty è il classico ero solitario e individualista (cosa che va bene per la retorica dei film di propaganda americani ma meno bene per la politica e il sentire dell’India) e, a causa del suo comportamento sul campo di battaglia, fa finire il suo miglior amico prigioniero dei nemici e, incidentalmente, quasi scatena un conflitto tra l’India e l’odiatissimo Pakistan.
La guerra (non molto fredda) verrà combattuta tra cielo e terra, fino a quando Patty non imparerà il gioco di quadra e salverà il culo a tutti.
Ora, com’é Fighter?
Mi duole dirlo, perché lo aspettavo molto, perché adoro Hrithik Roshan e perché ho davvero amato molto Bang! Bang!, War e Paṭhān (i precedenti film di Siddharth Anand, il regista), ma Fighter è un film davvero brutto e un pessimo rilancio per il cinema di Bollywood, in cerca di una nuova identità.
Perché è brutto? Per tanti motivi, alcuni riconducibili al cinema in genere, altri strettamente relativi al cinema indiano.
Intanto, è proprio scritto molto male, tanto nella storia (scontata e prevedibilissima in ogni suo sviluppo) quanto nei personaggi (che definire come “tagliati con l’accetta” significherebbe fare un torto all’accetta). Poi perché è privo di ritmo, con un setting lunghissimo (il titolo appare al ventinovesimo minuto, giusto per farvi capire) prima di arrivare a una prima scena d’azione (oltretutto debolissima), e poi un grande e lunghissimo niente in mezzo (la pellicola dura, come da tradizione per i blockbuster indiani, quasi tre ore) fino a un combattimento finale che cerca di mettere in protagonista al centro tanto dei combattimenti tra le nuvole, quanto di quelli a terra, finendo per fallire in entrambi i campi. Infine, perché Siddharth Anand non sembra aver capito che il fascino dei due Top Gun risiedeva (anche) nelle sue spettacolari riprese di veri aerei da combattimento in volo, qui sostituiti (nonostante la collaborazione con l’Air Force indiana) da modelli in CG non così perfetti. E queste sono le ragione generali. Poi ci sono quelle riguardanti il cinema indiano: i numeri musicali sono estremamente deboli, privi di inventiva e mal amalgamati (strano per Anand che è sempre un maestro in questo senso). Il product placement, per quanto molto comune e invasivo nel cinema hindi, è qui particolarmente fastidioso (in particolare il momento della festa, dove tutti hanno in mano un bicchiere e una bottiglia della bevanda sponsorizzata) e, infine, Bollywood dovrebbe stare alla larga dal nazionalismo perché si sente che è qualcosa che non gli appartiene e che porta in scena scimmiottando quello americano, piuttosto che costruendo una via propria per raccontarlo.
Cerco di spiegarmi: RRR è un film nazionalista? Certo. Ma il cinema telugu ha sempre fatto pellicole così e, nel corso degli anni, ha sviluppato un suo linguaggio e un suo stile per servire la propaganda della patria. In qualche misura, quella propaganda è parte integrante del suo linguaggio, perfettamente introiettata nella sua narrazione e nella grammatica anche visiva del suo cinema. Bollywood, no. Il cinema di Bombay, anzi, ha fatto del guardare all’occidente, e agli USA in particolare, la sua unica bandiera da sventolare. E, infatti, il suo nazionalismo è un ridicolo scimmiottamento del nazionalismo all’americana, solo con il tricolore indiano al posto della bandiera a stelle e strisce. Il risultato è ridicolo. Non sono un grande amante della retorica sovranista, ma sono ancora meno amante della retorica sovranista fasulla, fatta in nome del marketing più che del crederci davvero.
Il cinema telugo, nel bene o nel male, ci crede davvero nei valori che perpetra, esattamente come ci credeva Stallone quando fece Rocky IV. Il cinema hindi, invece, fa finta e risulta una grottesca caricatura.
In conclusione: siete appassionati di cinema indiano? Allora Fighter lo vedrete comunque, anche dopo aver letto questa recensione, perché è comunque un film troppo grosso da ignorare. Non siete appassionati di cinema indiano ma vorreste cominciare? Non fatelo da qui. Ci sono un mucchio di ottimi film da cui partire (molti li ho nominati in questo pezzo), gettatevi su quelli.