Cinema

Carl Weathers nel suo piccolo, ha saputo cambiare tutto

Pubblicato il 03 febbraio 2024 di Giulio Zoppello

Carl Weathers lascia un grande vuoto nella memoria collettiva, quella transgenerazionale che aveva saputo occupare in modo possente assieme al suo Apollo Creed, a George Dillon, a tutti quei personaggi con cui si è ritagliato un posto di tutto rispetto nell’iconografia cinematografica americana. Guardare alla sua vita, alla sua carriera, significa guardare ad un divo che ha saputo infrangere come nessun altro le barriere razziali insite nel pubblico, in un periodo ancora molto conflittuale.

Dal Football al trionfo hollywoodiano

In principio doveva essere solo il football. Carl Weathers aveva nella palla ovale e nel caschetto il suo destino. Era stato un linebacker possente e di buon livello negli Oakland Raiders, nei BC Lions, non raggiunse però quei livelli che il suo orgoglio e la sua determinazione gli avevano posto come l’unica meta possibile. Già durante l’ultima stagione, cominciò con qualche cameo e apparizione secondaria tra cinema e televisione, prima che nel 1976 gli capitasse l’occasione di diventare Apollo Creed. Sylvester Stallone aveva scelto inizialmente Ken Norton, detto l’Ercole Nero, un pugile formidabile, una statua di 190 cm per 97 kg di muscoli. Norton era dopo Smokin Joe Frazier (che fece un cameo proprio nel primo Rocky), il grande rivale di Muhammad Alì, lo aveva battuto anche. Ma durante le prove Stallone si rese conto che Norton non andava bene. Quando incontrò Weathers invece, fu stupito non solo dalla sua possanza fisica, ma dal carisma, faccia tosta, solarità, quelle qualità che Weathers mise dentro il suo Apollo Creed, creando di fatto il primo caso di antagonista non cattivo in un film di successo di quella dimensione. Apollo era un clone di Muhammad Alì ma anche di Sugar Ray Leonard, era un pugile valoroso e di grande classe, un divo dello sport, un uomo affascinante e sicuro di sé. La saga di Rocky trasformò Weathers in un simbolo del nuovo orgoglio nero, che parlava di successo e affermazione, di potere e autoderminazione, non più solo di proteste e impegno politico. Di fatto, fu anche per questo, nonché per la trasformazione che Stallone impresse al personaggio, che Apollo diventò un eroe per ogni americano, abbracciando una dimensione popolare inedita o quasi per un attore afroamericano. Era stato un grande e nobile avversario, era diventato infine il nuovo mentore e il migliore amico dell’eroe mancino di Philadelphia, qualcosa che ancora oggi colpisce per la dimensione di amicizia virile che seppe trasmettere.

L’eredità di un attore dalla carriera atipica

Il terzo Rocky, così tanto bistrattato da alcuni fan, portò il pubblico bianco dentro la realtà della comunità nera, fatta di appartenenza, di visceralità, di una fame incredibile di riscatto e volontà di emergere dalla povertà. La sua morte per mano di Ivan Drago, lo fece entrare nel novero dei “martiri” cinematografici. Di fatto Weathers con Apollo Creed, creò un ponte verso l’american dream patriottico, machista e yuppie che l’America di quegli anni credeva di poter offrire a tutti, nessuno escluso. Partito come sosia di Muhammad Alì, di fatto se ne allontanò. Predator di John McTiernan, è stato l’altro grande ruolo iconico, in una carriera che per la verità, poi lo avrebbe relegato in qualche pellicola di serie B e apparizioni soprattutto televisive. La serie su L’Ispettore Tibbs, Street Justice, le cose migliori prima della sua partecipazione in The Mandalorian. Predator, dove fu spalla dell’altro grande divo, Arnold Schwarzenegger, lo rese paradossalmente simbolo di una negazione di quell’infallibilità e di quel machismo, che Stallone e Schwarzy personificavano, che anche Creed era stato, in quell’entrata kitsch al fianco di James Brown sulle note di “Only in America” prima di morire sul ring. Dillon che pare un traditore, poi si redime, muore con coraggio, rimane in Predator un momento iconico, così come la sua stretta di mano con Dutch. In Forza 10 da Navarone fu al fianco di Harrison Ford e Edward Fox, scelta inclusiva non da nulla per quel periodo, con un personaggio che portava con sé l’identità di quei neri della periferia di cui la cinematografia bellica non parlava quasi mai. Carl Weathers di fatto è stato un simbolo di divismo afroamericano diverso dalla norma e dai binari che la società dell’epoca aveva previsto. Lo è stato forse al di là della sua volontà certo, ma nessun se non lui avrebbe potuto creare un personaggio così immediato, così autentico e genuino, la cui eredità ha aperto la strada alla saga di Creed, passaggio di consegne tra l’America di ieri e quella del domani.