#ADV
Henry Cavill ad oggi rappresenta un capitale cinematografico a dir poco sicuro, certo, data la sua immensa popolarità che conosce una trasversalità sia tra il pubblico maschile che femminile. Ora che Argylle – La Superspia sta per arrivare (dall’1 febbraio al cinema), ora che il remake di Hihglander è stato dato per certo con la sua presenza, ora che lui sta anche preparando Warhammer 40.000 per Prime Video, il dubbio rimane: un bel manzo o un attore vero?
Quando James Gunn annunciò che Henry Cavill non sarebbe stato più Superman, il web esplose, il pubblico si divise, tra chi appoggiava il rinnovamento voluto dal regista, chiamato a ridare forma all’universo DC e chi invece levò le proprie grida al cielo perché, oggettivamente, era dai tempi di Christopher Reeve che non si vedeva un Superman così perfetto, così incredibilmente adatto. La cosa che ha fatto più sensazione è stato vedere come il nuovo Clark Kent, David Corenswet, sia quasi un sosia, o una versione su wish almeno esteticamente di ciò che è l’attore britannico, uno che ha cominciato alla chetichella. Cavill partì da giovane in film come Il Conte di Montecristo, Tristano e Isotta, nella serie The Tudors, per poi imporsi al dispetto dello scarso successo dello Snyderverse. Henry Cavill di base in sé racchiude le caratteristiche che sono state dei divi della Hollywood che fu, lo charme, l’eleganza, sommata ad un atteggiamento molto low profile, l’aplomb, tutta roba che aveva reso Gary Cooper, Cary Grant, Rock Hudson, simboli di una mascolinità di alto livello, con caratteristiche proprie invece del tipico maschio del XXI secolo. Nerd di quelli veri, con un passato di obesità infantile che non può che renderlo simpatico a molti, distante dal fare aggressivo di certi supposti maschioni alla Andrew Tate, Henry Cavill come noto è un grande appassionato di videogiochi, ha un un’adorazione assoluta per Warhammer ed altri universi fantasy e tech. Ma negli anni è diventato anche un armadio a sei ante, un gym boy, insomma racchiude in sé molteplici caratteristiche del cosiddetto maschio moderno. In lui risiede quella sorta di solitudine autorealizzativa, che a dispetto delle sue numerose relazioni, lo ha sempre fatto apparire come sostanzialmente solo ma comunque felice di questo. A questa immagine va poi sommata anche la capacità, comunque, nel tempo di essersi dimostrato credibile anche al di fuori dei panni di Kal-El, come visto in Operazione U.N.C.L.E., Mission Impossible, Sand Castle e naturalmente nella serie The Witcher. Anche qui, Henry Cavill è parso una sorta di portale spazio temporale del passato cinematografico televisivo, connettendosi a ciò che furono anche i fusti degli anni ’80.
Henry Cavill però, al momento, appare anche come un attore che per quanto credibile in diversi ruoli, non è forse dotato di quel talento, di quella gamma recitativa, capace di fare la differenza. Al di fuori di ruoli dove la sua avvenenza, la sua mera presenza muscolare, siano assolutamente perfetti. Dirlo non è reato, del resto il suo background è quello di un attore che non è esattamente arrivato da realtà formative di primissimo livello nel Regno unito, così come non è successo ad altri volti del passato come Orlando Bloom. Anche Bloom è diventato famoso per aver partecipato ad universi cinematografici di grande impatto presso il pubblico e per essere avvenente, di certo non per questo grande talento recitativo. Tuttavia, chi si aggrappa a questo per definirlo un bluff, si dimentica che pure nel passato era così, tanti erano scelti per l’impatto visivo, ed è il motivo per cui Henry Cavill piace a molti: perché, come il suo amico Jason Momoa, come Ben Affleck, rappresenta un modello di mascolinità in via d’estinzione, quella del fusto, o comunque bronzi di Riace, che è andata via via sparendo da grandi schermi per far spazio a rappresentazioni più morbide, più metrosexual, che strizzano l’occhio maggiormente alla fluidità, ad una femminilità che piace, o si pensa piaccia, alle nuove generazioni. Ma sarebbe un errore pensare che Henry Cavill sia solo uno che sa sorridere e mettersi a posto gli addominali. Il fatto che Prime Video gli abbia dato carta bianca per una serie dedicata a Warhammer, che ha milioni e milioni di fan in tutto il mondo, il fatto che alla fin fine sia uscito assolutamente integro anche della separazione con The Witcher, quando è apparso chiaro che la produzione non voleva più investire a sufficienza e garantire una qualità narrativa crescente, parlano chiaro. Magari non sarà talentuosissimo, ma sa benissimo che cosa vuole, così come ciò che funziona con il pubblico. Argylle ci dirà se è anche capace di andare più profondità con l’autoironia, con lo scherzare con i propri punti di forza, qualcosa che piace sempre perché rende più accessibili e più vicini, e che ha sempre capito perfettamente. Magari non è Lawrence Olivier, ma è abbastanza sveglio da saperlo e comportarsi di conseguenza.
Argylle, la nuova spy story di Matthew Vaughn, autore della saga di Kingsman, arriverà nelle sale italiane l’1 febbraio.
Nel cast troviamo Henry Cavill, Bryce Dallas Howard, Sam Rockwell, Bryan Cranston, Catherine O’Hara, Dua Lipa, Ariana DeBose, Samuel L. Jackson e John Cena. Dua Lipa farà il suo debutto come attrice e ha inciso brani originali per il film.
Nel film Bryce Dallas Howard interpreta Elly Conway, autrice di una serie di romanzi di spionaggio best-seller. La sua idea di felicità è trascorrere una serata tranquilla a casa al computer con il suo gatto Alfie. Tuttavia, quando le trame dei libri di Elly, incentrate sull’agente segreto Argylle e la sua missione di smascherare un’organizzazione criminale globale, iniziano a riflettere le azioni di un’organizzazione di spionaggio reale, le tranquille serate a casa diventano solo un ricordo lontano. Accompagnata da Aiden (Sam Rockwell), una spia allergica ai gatti, Elly (che porta Alfie nello zaino) corre per il mondo cercando di stare un passo avanti agli assassini, mentre il confine tra il mondo immaginario e quello reale inizia a svanire.