SerieTV Recensioni The Doc(Manhattan) is in

Griselda: Sofia Vergara e la storia della regina della droga

Pubblicato il 19 gennaio 2024 di DocManhattan

“La sola persona di cui abbia mai avuto paura era una donna: Griselda Blanco”. Con queste parole, attribuite a Pablo Escobar, si apre il primo dei sei episodi di Griselda, una miniserie in arrivo su Netflix il 25 di questo mese, che abbiamo avuto modo di vedere in anteprima. Come avrete intuito se vi è già capitato di imbattervi in quel nome, si tratta della storia della narcotrafficante Griselda Blanco, raccontata dai creatori e produttori di Narcos e Narcos: Messico, Eric Newman e Andrés Baiz (che è anche regista di tutti i sei episodi), e interpretata da una – truccatissima – Sofia Vergara.

Siamo nella Miami di fine anni 70, e Griselda Blanco è scappata lì con i suoi tre figli dalla Colombia. Per come la racconta questo show, quella di Griselda sembra da principio la storia di una madre messa all’angolo, e costretta a ricorrere all’unica cosa che ha imparato a fare in una vita precedente – cioè far girare la cocaina – per far sopravvivere la sua famiglia. C’è però, fortunatamente, un cambio di passo a metà degli episodi, uno stacco netto che mostra in realtà come non solo le piacesse fare quello che fa, ma anche quanto spietata diventa nel farlo

Questo perché le cronache ci raccontano che “la Madrina” ha fatto ammazzare nella sua carriera criminale centinaia di persone. Che il suo impero della coca messo in piedi in Florida all’inizio degli anni 80 aveva le fondamenta grondanti di sangue. Griselda Blanco non si fermava davanti ai bambini o a niente altro nella sua sete di potere.

Sofia Vergara restituisce bene, nella seconda parte della miniserie, la follia e la paranoia che accompagnano quel momento, onnipresente alla fine di un’ascesa nel mondo criminale. La struttura è del resto esattamente quella delle serie di Narcos, anche nel modo in cui la storia si divide tra la protagonista e la sua nemesi nelle forze dell’ordine, una poliziotta dell’unità congiunta CENTAC (Juliana Aidén Martinez). Di nuovo c’è semmai che l’una e l’altra devono prima sorbirsi tonnellate di maschilismo.

Se la sensazione di già visto dopo un po’ affiora, insomma, al di là di qualche volto conosciuto (Alberto Ammann), un po’ è perché queste storie di narcotrafficanti e boss si somigliano fra loro un po’ tutte, un po’ è perché qui siamo in compagnia di quelli che ce ne hanno raccontato una delle più intriganti, sin dai tempi dell’Escobar di Wagner Moura e dell’agente Peña di Pedro Pascal, nove anni fa (eh, 9. Sì).

Griselda si lascia comunque guardare con piacere, grazie al numero contenuto di episodi – si finisce in poco più di 5 ore – e all’ottimo cast. Da segnalare, oltre alla protagonista, un magnetico Martín Rodríguez nei panni del sicario Rivi Ayala, e Alberto Guerra in quelli di Dario Sepúlveda, una figura importante nella vita di Griselda Blanco, che… il resto potrete scoprirlo da voi, se vi va.

Note stonate? Poche, in realtà. C’è una scena in slow motion nell’episodio in cui si presenta il ricco nuovo mercato di polli da spennare (i bianchi ricchi di Miami) che è un po’ così, la compressione temporale degli eventi ogni tanto si sente e, soprattutto, quel gesto del seguire con la sigaretta il profilo del tetto, che a Griselda piace tanto, alla seconda-terza volta appare stucchevole. Ma tanto sono pochi secondi.

Riassumendo: se cercavate una “settima stagione” di Narcos, o vi interessa conoscere la storia di una donna che si è messa in tasca a lungo criminalità autoctona e cartello di Medellín, beh, avete trovato quel che fa al caso vostro.

Cinque alto virtuale per chi becca il collegamento con l’MCU…