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Echo, recensione senza spoiler

Pubblicato il 10 gennaio 2024 di DocManhattan

Non so voi, ma personalmente da Echo, decima serie TV del Marvel Cinematic Universe, arrivata oggi in blocco – con tutti e cinque i suoi episodi – su Disney+, mi aspettavo principalmente due cose. La prima: che sapesse restituirmi, tramite le scene-di-menare che i trailer promettevano, quelle vibrazioni da serie Netflix di Daredevil, finora totalmente assenti nell’MCU, per via principalmente del taglio (e del target) scelto. La seconda: che il Kingpin di Vincent D’Onofrio tornasse ad essere il Wilson Fisk di Daredevil, e non quella mezza macchietta vista in Hawkeye. Il villain spaventoso, imponente e unico dei tempi dello show Netflix, in buona sostanza. Entrambe, ovviamente, non sono faccende peregrine, visto che proprio su Disney+ arriverà in futuro anche Daredevil: Born Again. Se vi siete posti alla vigilia gli stessi dubbi, sarete felici di sapere che questi cinque episodi di Echo fugano sufficientemente entrambi. Tutto ok, allora? Quasi…

PER UN PUBBLICO ADULTO

Il primo episodio è aperto dal logo di Marvel Spotlight e da un banner messo lì a ricordare che Echo è destinata a un pubblico maturo (+16, ripete a ogni episodio la grafica della piattaforma). Marvel Spotlight è questo nuovo ombrello per i progetti Marvel che indicherebbe titoli più slegati dall’MCU, perfettamente fruibili a sé. Almeno in teoria: nel senso, è sì possibile vedere Echo senza aver visto la serie di cui sarebbe uno spin-off, cioè Hawkeye, perché il primo episodio ne riassume gli eventi che riguardano la protagonista, Maya Lopez, e il suo rapporto con Kingpin.

Il riassunto viaggia però spedito, e vale più che altro per rinfrescare il ricordo degli eventi di chi quella serie l’ha vista. La cosa più interessante è che proprio nell’ambito di questi flashback si assiste alla più violenta scena di combattimento del primo episodio. Coreografata alla The Raid come quelle di Daredevil, estremamente gratificante per chiunque ami il cinema d’azione. E visto che delle serie Marvel Netflix si ricordano sempre e solo le cose belle, non credo di essere l’unico a ricordare l’orrore senza nome che ti costringeva a fissare ogni episodio di Iron Fist: una serie su uno dei più celebri eroi Marvel legati alle arti marziali, in cui il protagonista non era in grado di rifilare un finto pugno a nessuno. Beh, Alaqua Cox qui è dannatamene in parte e lo scontro di cui sopra è talmente ruvido che ti sembra di riceverlo nei denti quel piede di metallo, a un certo punto.

SERVE PURE UNA STORIA

Il primo episodio è così soddisfacente che ti verrebbe voglia di pretendere che tutti gli altri quattro siano esattamente così, una scena di combattimento dopo l’altra. Ma ovviamente non è possibile, bisogna costruire la storia e il background familiare di Maya, spiegare come può portare avanti la sua lotta a Kingpin anche nella sua terra, la nazione indiana dei Choctaw da cui proviene.

Il discorso dei poteri, che differenzia questa Maya Lopez dalla sua versione a fumetti – dotata sostanzialmente di una memoria fotografica come quella di Taskmaster, che le permette di ripetere ogni colpo o gesto atletico – qui si innesta con le tradizioni del suo popolo, con una sorta di eredità tribale che riguarda alcune donne della sua famiglia. La storia nel complesso funziona, si lascia seguire perché non ci sono personaggi chiamati a sparare battute cringe e il tono nel complesso è e resta quello da serie crime, non da show MCU classico.

E sarà il periodo, sarà la storia nello specifico, ma mi sembra sia un gran bene.

IL RITORNO DEL RE

Dicevamo poi di Kingpin, e del fatto che è fortunatamente il Kingpin di Daredevil, e non quello di Hawkeye. Bene, ripetiamolo: il Wilson Fisk che abbiamo amato odiare su Netflix, il boss criminale dall’aria controllata, che esplode in scoppi di violenza disumana? Quello che però ci tiene, a modo suo certo, alla famiglia? Quello del quadro bianco? È tornato, gente. E D’Onofrio in un personaggio del genere si trova così a suo agio da essere una spanna sopra tutti gli altri, ma che spettacolo. Sì, è proprio la rassicurazione che ci aspettavamo e meritavamo in vista della serie Daredevil: Born Again.

Aggiungo che le tradizioni della terra natia di Maya non sono quattro costumi tribali messi lì per far scena, visto che la serie è stata girata con il contributo del popolo Choctaw e sembra rispettosa delle sue tradizioni. Che ci crediate o meno, quello sport con mazzarelle e palla, quella specie di lacrosse che si vede nel secondo episodio, esiste davvero da secoli, e i Choctaw lo chiamavano “isitoboli”.

Tutto bene, dunque? Serie promossa a pieni voti? Non esattamente.

RICORDATI CHE DEVI FAR PARTE DELL’MCU

Niente spoiler su quello che accade nello specifico, tranquilli, ma questa cosa che i finali delle serie MCU, quando non sono proprio brutti, sono comunque molto spesso al di sotto del livello degli episodi precedenti, rischiava di colpire anche qui. C’è un momento preciso, nella scena culmine del quinto e ultimo episodio, in cui ho alzato gli occhi al soffitto. La violenza, i calci nei denti, gli schizzi di sangue, le pistolettate della serie, insomma tutta la struttura crime apprezzata fino a quel momento, finisce nell’imbuto della legacy soprannaturale – fino ad allora mai eccessiva – e si risolve in una sequenza abbastanza deludente.

Perché? Perché la Echo che conosciamo all’inizio della storia è un’ex killer che vuole prendersi il regno di Kingpin, e non si fa problemi ad ammazzare qualcuno. Quella alla fine, invece, puoi proporla come nuova eroina Marvel, con tanto di costume: è come se quella soluzione del conflitto lì abbia forzatamente infilato per il collo una storia che aveva un altro taglio negli schemi da serie MCU. Fortuna che dopo, nella scena durante i credits, accade qualcosa di molto interessante e non si resta con la bocca amara.

Nel complesso, comunque, una manciata di ore che scorrono bene, alcuni dei combattimenti più fisici che abbiate mai visto nell’MCU, dei comprimari che non vorresti cancellare due secondi dopo aver ascoltato quello che dicono (Biscuits, la nonna saggia dal nome poco spendibile nel Nord Italia, nonno Skully, cioè il Graham Greene di Balla coi lupi, visto di recente in The Last of Us). Per quel che mi riguarda, dunque: promossa.

Ah, sì, va detto comunque che chi ha letto le storie a fumetti di Daredevil con Echo sa come sono andate le cose con Kingpin (tutta la faccenda della benda viene da lì), e chissà: magari rivedremo Echo in azione in futuro. Nei fumetti, del resto, entrava negli Avengers e diventava la… prima Ronin.