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Un dialogo immaginario per raccontare Jack Reacher a chi di Jack (nessun secondo nome) Reacher non sa niente

Pubblicato il 15 dicembre 2023 di Roberto Recchioni

Ciao, mi parli di Reacher? Ho visto che su Prime Video sta arrivano la seconda stagione ma tra libri, film e serie televisive, non ci ho capito molto.

Molto volentieri mio sempre sprovveduto amico, anche perché, adoro Lee Child.

Che sarebbe…?

Lo scrittore dei romanzi. Un inglese con la passione per gli Stati Uniti, che ha sfidato i suoi colleghi a stelle e strisce nel loro stesso campo: la scrittura di bestseller di genere action-thriller, utilizzando oltretutto un tipo di personaggio proprio della cultura popolare americana, il cavaliere errante.

Che intendi?

Hai presente Shane?

No.

È il protagonista di un romanzo western (dal titolo omonimo) di Jack Schaefer, reso celebre dall’adattamento cinematografico di George Stevens, che da noi è arrivato come Il cavaliere della valle solitaria. Il film, più ancora del testo originale, ha definito una figura classica della narrativa americana, quella dello straniero misterioso che arriva in un posto, incappa in qualche torto, lo raddrizza e, dopo aver fatto giustizia (in maniera più o meno violenta) se ne va, camminando (ma, più spesso) cavalcando verso il tramonto. Emuli di Shane sono rintracciabili in tantissima narrativa americana e non voglio annoiarti elencandoti i mille romanzi, serie televisive (specie quelle degli anni ottanta) e i mille film che si basano proprio su un personaggio “alla Shane”. Mi limito a segnalartene uno, abbastanza recente e di grande successo: Drive di Nicolas Winding Refn, dove Ryan Gosling interpreta una Shane moderno.

E questo cosa centra con Reacher?

Che Jack Reacher (nessun secondo nome) è proprio uno Shane. Child, il suo creatore, lo immagina come un poliziotto militare andato in pensione precocemente (l’esercito non aveva più bisogno di lui) che, avendo passato gran parte della vita lontano dagli Stati Uniti, decide di conoscerli e inizia a muoversi per il paese senza una meta precisa, viaggiando sugli autobus e con un bagaglio… “leggero”.

Perché le virgolette su “leggero”?

Perché Reacher viaggia solo portandosi dietro gli abiti che ha indosso, qualche decina di dollari in contanti e lo spazzolino. Solo negli ultimi romanzi ha aggiunto una carta di credito al suo equipaggiamento tipico.

Niente cellulare?

No. Se ne ha bisogno, ne compra uno usa e getta che, appunto, usa e getta.

E per lavare i vestiti come fa?

Non li lava. Li butta e ne compra di nuovi. Per questo preferisce abiti molto economici ed essenziali.

Sembra un senzatetto…

Lui si definisce un “hobo”, un vagabondo romantico che gode della sua libertà e indipendenza.

E i libri di che raccontano?

Del fatto che, nel suo gironzolare, ogni tanto Reacher incappa (generalmente in maniera casuale) in qualcuno che ha bisogno di lui, o in qualche cattivaccio che ha bisogno di una strapazzata.

E lui…?

Lui aiuta i primi e strapazza i secondi.

Tutto qui?!

Più o meno, sì. A parte…

A parte?

A parte le peculiarità fisiche e intellettive di Reacher.

Spiegati meglio…

Reacher è grosso come un armadio a quattro ante, forte come una macchina escavatrice, letale nel combattimento corpo a corpo, campione di tiro con le armi da fuoco e capace in qualsiasi cosa sul piano fisico (le uniche cose in cui non eccelle sono la corsa e la guida)… ma è pure un genio dalla mente ordinatissima e disciplinata, un bravo matematico, un discreto psicologo, ha capacità deduttive sopra la norma e nervi di ghiaccio.

Sembra un supereroe…

No. Nessun supereroe è all’altezza di Jack Reacher. Immaginati un uomo con la mente di Sherlock Holmes, il fisico di Conan il Barbaro e le capacità di Rambo. Ma non pensare che sia un bruto o un qualche tipo di macho tossico, eh? Reacher è anche molto rispettoso delle donne che ritiene sue pari in tutto e per tutto (se non migliori di lui anche se è impossibile perché nessuno è migliore di Jack Reacher), è contro le discriminazioni di ogni forma e non si comporta mai come un maschio tossico. È una bravissima persona, con il cuore dalla parte giusta, che fa sempre la cosa giusta.

Ma è divertente leggere storie di un personaggio del genere?

Sorprendentemente, sì. Sia perché di personaggi così semplici, chiari, dritti, diretti e positivi e privi di tormenti e demoni oscuri, non ce ne sono molti di questi tempi, sia perché le trame delle sue storie sono costruite come dei gialli ingegnosi che Reacher è capace di risolvere grazie, principalmente, alle sue capacità intellettive. Poi, è chiaro, presto o tardi gli capiterà di menare qualche cattivone, o di sparargli.

Quindi vale la pena leggerli?

Assolutamente. E se non ti fidi di me, fidati di Haruki Murakami o Stephen King, che sono grandi fan di Lee Child e del suo Jack Reacher.

Inizio dal primo?

Sì. Non è il migliore ma i romanzi hanno una (per quanto blanda) continuity. Quindi, ti conviene cominciare dall’inizio.

E dei film che ne dici?

È un discorso complicato. Mettiamola così: Tom Cruise aveva ragione nel pensare che un personaggio di successo come Reacher doveva essere portato al cinema, ma aveva torto nel credere che potesse essere lui a interpretarlo. Perché per quanto si sia impegnato moltissimo e sia un Reacher molto credibile come attitudine, semplicemente, è troppo fisicamente distante dal personaggio. La stazza di Reacher non è un elemento di contorno nella sua caratterizzazione ma ne è parte integrante. Cruise ha fatto il massimo che poteva, ma la genetica lo ha punito. Detto questo, il primo film in cui lo ha interpretato (Jack Reacher – La prova decisiva, pellicola del 2012, diretta dal bravissimo Christopher McQuarrie) è davvero una buona pellicola in cui funziona tutto piuttosto bene. Il secondo (Jack Reacher – Punto di non ritorno, del 2016, diretta dal mediocre Edward Zwick) invece, è un film molto debole e confuso, che ha quasi rischiato di uccidere il personaggio. Solo che… nessuno uccide Jack Reacher.

E veniamo alla serie televisiva…

Esattamente. Realizzata per Amazon dal bravo Nick Santora e sviluppata con la supervisione e collaborazione dello stesso Lee Child (che, dopo i film, ha voluto essere coinvolto negli adattamenti del suo personaggio), la serie porta a schermo un Reacher interpretato dal colossale (e sorprendentemente dotato sotto il profilo attoriale) Alan Ritchson. La prima stagione, basata su Zona pericolosa (il primo romanzo della serie), è stata una piacevolissima sorpresa che ha rilanciato il personaggio nel mondo. Santora ha dimostrato una notevole intelligenza e sensibilità nella maniera in cui ha deciso di trasporre Reacher, rispettandone l’essenza, senza rimanerne schiacciato. La sua più grande intuizione è stata quella di dare valore ai personaggi di contorno e di raccontarci Reacher in relazione ad essi, cosa che ha permesso alla narrazione di essere meno monocorde e un pelo più divertita (e divertente), rispetto ai precedenti adattamenti cinematografici. Un approccio rispettoso del materiale originale ma anche capace di tradirlo dove serviva, adattandolo e rinnovandolo, senza mai stravolgerne l’essenza, facendo emergere quelle peculiarità che hanno reso Reacher un personaggio così amato. La prima stagione è stata un successo e ora è arrivata la seconda, di cui ho visto le prime tre puntate.

Ti sono piaciute?

Molto. Esattamente come fatto nella stagione precedente, Santora lavora con intelligenza, scegliendo di adattare uno dei romanzi migliori tra quelli scritti da Child (in questo caso si tratta di Vendetta a freddo, l’undicesimo), adattandolo solo dove strettamente necessario. La narrazione è più corale ma questo non significa che Reacher non sia, ancora, il cuore di tutto. Anche il lavoro sul personaggio sembra più approfondito, sia in fase di scrittura che di messa in scena. Ritchson, oltre che essere ancora più grosso (ma è possibile essere più grossi di quanto già era?) è ulteriormente migliorato come attore e riesce a donare tutta una nuova gamma di sfumature a Reacher, sottolineandone alle volte l’ironia e alla volte, la solitudine.
Inoltre, ogni puntata ha poi dei grandi momenti d’azione pura, che aiutano a sostenere il ritmo e a rendere appassionante una vicenda piuttosto intricata. Da segnalare, così come nella prima stagione, l’ottimo reparto attoriale nel suo complesso, fatto di volti nuovi e vecchie glorie (su tutti, Robert Patrick, il Terminator 1000 di James Cameron).
Per ora, non mi sento di dire di più, ma se le premesse sono queste, l’impressione è che questa seconda stagione supererà la prima in termini di qualità complessiva.

Quindi, devo vedere anche questa…

Devi. Jack Reacher ci resterebbe male se non lo fai. E non è mai bello quando Jack Reacher ci resta male.