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Godzilla Minus One, la recensione di Roberto Recchioni

Pubblicato il 02 dicembre 2023 di Roberto Recchioni

Godzilla Minus One è la quinta opera legata al brand giapponese del franchise del Re dei Mostri, nata in era Reiwa, iniziata nel 2016 con Shin Godzilla di Hideaki Anno e proseguita con le produzioni animate di Netflix (Godzilla – Il pianeta dei mostri del 2017, Godzilla – Minaccia sulla città del 2018 e Godzilla: mangiapianteti, sempre del 2018).

Godzilla Minus One è il trentatreesimo film giapponese dedicato alla creatura di Tomoyuki Tanaka che lo ideò, di Shigeru Kayama (lo scrittore che, per primo, diede forma alla storia), Teizo Toshimitsu e Akira Watanabe (che ne crearono l’aspetto visivo) e Ishirō Honda, che diresse il film capostipite della saga (e numerosi altri capitoli successivi). A questi vanno aggiunti i quattro film americani (Godzilla del 1998, Godzilla del 2014, Godzilla II – King of the Monster del 2019, Godzilla vs. Kong del 2021) la recentissima serie televisiva Monarch e un numero pressoché infinito di altre opere tra cartoni animati per l’infanzia, serie a fumetti, videogiochi e esperienze di cinema dinamico.

Godzilla Minus One è il film che celebra i settant’anni della nascita del franchise.

In tutto questo e anche un poco sorprendentemente, viste le molte responsabilità che si portava sulla schiena. Godzilla Minus One è anche non solo uno dei migliori film in assoluto dedicato al mostro gigante, ma pure uno dei migliori film in generale, usciti nel 2023.

Andiamo a scoprire perché.

La storia è presto detta e, in parte, già spiegata dal titolo: il Giappone, appena uscito sconfitto dal secondo conflitto mondiale, è una nazione devastata che cerca faticosamente di rimettersi in piedi e fare i conti con il suo passato quando ecco che un’altra, gigantesca, tegola gli cade sulla testa: una creatura gigante e furiosa sorge dal mare e porta morte e distruzione sulle sue coste. Da zero a meno di zero, insomma. In questa trama minimale, si inseriscono le storie di un gruppo di personaggi, tutti feriti in qualche maniera dal conflitto appena trascorso, che dovranno trovare un modo per convivere con i demoni del loro passato e affrontare il demone del loro presente, un Godzilla che questa volta non sembra incarnare solamente l’incubo di quelle atomiche sganciate su Hiroshima e Nagasaki, ma pure lo spirito furente di tutte quelle vittime sacrificate in nome dello spirito imperialista del Giappone.

Pellicola corale che si concentra sulla storia e lo sviluppo di un cast di personaggi davvero tridimensionali, drammatici, umani e facilissimi da amare, portati a schermo da un gruppo di attori straordinari (Ryūnosuke Kamiki, Minami Hamabe e lo straordinario Kuranosuke Sasaki, tra gli altri), Godzilla Minus One è un film che parla di guerra ma che riflette, soprattutto, sulle conseguenze psicologiche che subisce chi, alla guerra, sopravvive. Il senso di colpa, il rimorso, la necessità di continuare a vivere quando si vorrebbe solamente essere morti. È un film su quelle ferite dell’animo che difficilmente si cicatrizzano e che continuano a tormentarci per tutta l’esistenza. Ma Godzilla Minus One è anche, come la migliore tradizione dei film dedicati al “Predatore Alfa” (uno dei tanti nomignoli che Godzilla si porta dietro), un film politico. E se lo Shin Godzilla di Hideaki Anno era una feroce critica al governo giapponese all’indomani del disastro di Fukushima, Godzilla Minus One è una feroce invettiva nei confronti del Giappone come nazione tutta, un paese che, come il film dice esplicitamente, non ha mai tenuto particolarmente in conto il valore della vita umana. E non è un caso che gli eroi della pellicola non siano militari (che, anzi, nel film sono sostanzialmente assenti) ma, invece, quella società civile che fa il suo dovere per amore della vita e non per accettazione della morte.

Il film, diretto dal bravissimo Takashi Yamazaki (forse uno dei talenti più brillanti del nuovo cinema Giapponese) prende larga ispirazione dal cinema di Steven Spielberg e se la prima parte ha numerosi rimandi a Jurassic Park e la seconda è un lungo e insistito omaggio a Lo Squalo, è nei confronti del meno famoso (ma bellissimo), L’Impero del sole che il film ha il debito maggiore, “rubandogli” un certo modo di rappresentare il Giappone post-bellico, la sua umanità e, soprattutto, il suo cuore. Cuore, sì, perché Godzilla Minus One è principalmente una pellicola che si affida al cuore e che, nel suo racconto empatico e corale, trova la sua forza e la sua ragion d’essere. Si può dire che tanto era cerebrale Shin Godzilla, tanto è emotivo Godzilla Minus One.

E infine, parliamo di Godzilla, il mostro che nel film assume la valenza del senso di colpa e del rimorso e il cui urlo è l’urlo di tutte quelle vittime che non hanno più una voce, perché giacciono in fondo al mare, perché sono state bruciate nei campi di sterminio, perché sono state dilaniate dalle bombe, squarciate dai proiettili, violentate dalle baionette. Perché sono state sacrificate senza alcun riguardo, in un conflitto senza senso. E perché, dopo, sono state abbandonate.
Ecco, Godzilla è tutto questo nel film e ancora di più.
Una forza con cui è impossibile scendere a patti, un mostro dello spirito e del corpo che continua a tormentarci perché vive dentro di noi, prima che nelle profondità del mare.
Il Godzilla Takashi Yamazaki è cattivo e mette paura, proprio come quello di Anno ma, a differenza di quello di Anno, non ha alcun lirismo ad accompagnarlo: è brutto, goffo e spietato, per la maggior parte del tempo raccontato sotto una luce luce livida e impietosa che impedisce ogni romanticizzazione. È un mostro, un mostro vero, che rappresenta qualcosa di ancora più mostruoso di lui. Non c’è bellezza in questo Godzilla ma solo una furia cieca e vendicativa.

In conclusione, Godzilla Minus One è la più bella sorpresa di questo 2023.
Non un grande film di Godzilla ma un grande film e punto, capace di parlare ed emozionare tutti (proprio come le migliori pellicole di Spielberg) a prescindere che si sia, o meno, appassionati di film con i mostri giganti.
Fatevi un favore e andate a vederlo, nonostante la demenziale distribuzione italiana.