Cinema

Brad Pitt: i migliori 5 film di un’icona maschile leggendaria

Pubblicato il 18 dicembre 2023 di Giulio Zoppello

Brad Pitt è riuscito ad invecchiare come il vino, letteralmente. L’ex biondino che fece girare la testa a Geena Davis in Thelma & Louise, a 60 anni è ancora uno degli uomini più belli del mondo, ma soprattutto uno degli attori più amati e rispettati. Nessuno della sua generazione si è rivelato bravo come lui, capace non solo di migliorare col tempo, ma anche di osare, di mettersi alla prova con ruoli e generi incredibilmente diversi. Fare una Top 5 dei suoi migliori film diventa quindi arduo, visto che di ruoli indimenticabili, di personaggi iconici, lui ce ne ha regalati davvero tantissimi.

Fight Club di David Fincher (1999)

La prima regola del Fight Club è che non si parla del Fight club. La seconda regola è che senza Brad Pitt, questo film non sarebbe mai diventato il cult assoluto che è oggi. In quel 1999 David Fincher, regista feticcio di Pitt, lo sceglie in coppia con un altrettanto fantastico Edward Norton, per trasportare sul grande schermo il libro di Chuck Palahniuk. Accolto in modo divisivo al Festival di Venezia, nel giro di pochi anni Fight Club diventa il film manifesto della controcultura. Il consumismo, il mito del successo e del progresso sono al centro di un iter attuale ancora oggi, a metà tra commedia grottesca e thriller. Il Narratore (Edward Norton) e il suo alter ego Tyler Durdeen (Brad Pitt) creano una setta per soli uomini decisi ad opporre una resistenza alla società di massa fatta di combattimenti clandestini, rifiuto dei modelli culturali e terrorismo anarcoide. Se Norton è perfetto simbolo della mediocrità, dell’uomo medio fatto di indecisione e paura, Pitt invece è un paradosso vivente. Lui, che predica l’inutilità del perfezionismo, si aggira con un fisico da statua greca, look da modello, il carisma narcisista da frontman, capace di aggirare ogni gabbia della società. Se non il suo ruolo più iconico, di certo quello che ha contribuito a renderlo un idolo assoluto anche per il pubblico maschile.

L’assassinio di Jesse James per mano del codardo Robert Ford di Robert Dominik (2007)

L’assassinio di Jesse James per mano del codardo Robert Ford è forse il più grande western del XXI secolo. Diretto da Robert Dominik, frutta a Brad Pitt la Coppa Volpi a Venezia, ed è il ruolo con cui si allontana di più dal cliché. Performance magistrale, con uno stile costantemente sotto le righe ma capace di catturare l’attenzione con un solo sguardo, disintegrando il mito del fuorilegge per eccellenza. Già protagonista di capolavori western del passato, firmati da Walter Hill e Henry King, Jesse James grazie a Pitt qui ci arriva per quello che fu in realtà: un sanguinario tagliagole psicopatico e amorale, sleale e senza pietà. Il suo assassino sarà Robert Ford (Casey Affleck, candidato all’Oscar per questo ruolo), giovanissimo e insicuro membro della sua banda, mosso nei suoi confronti da una morbosa attrazione e idealizzazione. Questo western crepuscolare, esteticamente magnifico, grazie alla straordinaria chimica tra Pitt e Affleck, diventa anche un’analisi della violenza nella società americana. L’assassinio di Jesse James per mano del codardo Robert Ford è stato l’apice della risalita artistica di Brad Pitt dopo il brutto scivolone con Troy, dopo il quale temeva di non essere più preso in considerazione dai grandi autori.

L’Esercito delle 12 Scimmie di Terry Gilliam (1995)

L’Esercito delle 12 Scimmie esce nello stesso anno in cui Seven rende Brad Pitt una star, ma ha avuto un peso molto più centrale nel suo percorso artistico. Questo anche in virtù del plauso della critica, con conseguente candidatura all’Oscar come Miglior Attore Non Protagonista, per il suo Jeffrey Goines. Terry Gilliam ampliò il corto La Jetée di Chris Marker, cucì addosso a Pitt questo villain squilibrato, sorta di mix tra il Joker e la Poison Ivy di Batman. Goines è a capo di un gruppo ecoterrorista, sospettato di aver causato il contagio che ha distrutto il 99% dell’umanità e su cui indaga James Cole (Bruce Willis), galeotto inviato dal futuro. Pitt non era la scelta primaria di Terry Gilliam, ma si rivelò un interprete eccezionale, arrivando a studiare da vicino vari pazienti di diversi istituti psichiatrici, donandoci il personaggio il più inquietante della sua carriera. Goines e il suo gruppo sono innocenti dell’accusa, ma la caratterizzazione di Pitt, costantemente su di giri al limite della sopportazione, rimase impressa facendone il simbolo della follia. Performance a dir poco notevolissima per espressività fisica e mimica, che strizza l’occhio al teatrale più che al cinematografico, in un film che la pandemia da Covid 19 ha reso per molti profetico.

C’era una volta a… Hollywood di Quentin Tarantino (2019)

Quentin Tarantino, dopo Bastardi Senza Gloria, richiama di nuovo Brad Pitt per essere lo stuntman e braccio destro del divo televisivo Rick Dalton (Leonardo Di Caprio): Cliff Booth. Al centro vi è il celebre massacro di Cielo Drive, in cui i seguaci di Charles Manson uccisero Sharon Tate (qui una incantevole Margot Robbie) e altre quattro persone. C’era una volta a… Hollywood prende la Mecca del Cinema in trasformazione su quel finire di turbolenti anni ’60 e ci fa un frullato ucronico spumeggiante, sempre a metà tra pulp e citazionismo. Cliff è il personaggio di Brad Pitt più ambiguo, pur se affascinante è ambiguo, ed è costruito ispirandosi sia al vero stuntman Gary Kent che a Tom Laughlin, divo western di quegli anni, così come al granitico Charles Bronson. Pitt si muove sopra e sotto le righe con maestria, rimanendo “cool” e fichissimo per il 90% del tempo, fino allo scoppiettante e assurdo finale, dove si lascia andare a un mix tra action a tinte forti e comicità slapstick. Ottima la sua intesa con un Di Caprio altrettanto scoppiettante, con cui crea l’ennesima, indovinata, storia di amicizia virile tarantiniana. C’era una volta a… Hollywood ha fruttato a Pitt un meritatissimo Oscar come Miglior Attore Non Protagonista, festeggiato con un discorso spassosissimo.

Il Curioso Caso di Benjamin Button di David Fincher (2008)

David Fincher, nella trasposizione del celeberrimo romanzo di Scott Fitzgerald, permette a Pitt di confrontarsi con un testo di enorme complessità, e un uomo costretto per qualche misterioso motivo a vivere la sua esistenza al contrario. Mix tra melò e fantasy, Il Curioso Caso di Benjamin Button è il film della maturità artistica definitiva per Pitt, che deve alternare il registro comico a quello serioso. In un certo senso è anche un film metafora della sua carriera, gli permette di sfruttare la sua componente estetica in modo prodigioso, sottolineandone la centralità come risorsa espressiva e non come ostacolo. La sua storia d’amore dolce ma triste con Daisy Fuller (Cate Blanchett) è una delle più belle e ricche di significato del cinema di questo secolo. Candidato nuovamente agli Oscar come Miglior Protagonista, Pitt in questo film lavora di fino rendendo credibile ed assieme incredibile un vecchio/giovane e un giovane/vecchio. Il massiccio uso della CGI e del trucco non toglie nulla, ma anzi sottolinea, la caratura della sua performance attoriale di grande equilibrio. Rimane anche il film più connesso al Brad Pitt come icona maschile, ponte tra ciò che è stato l’uomo ideale nel passato e nel presente.