Per chi c’era in sala in quell’inizio di millennio, l’animazione riservò sorprese incredibili. Alla Ricerca di Nemo di Andrew Stanton e Lee Unkrich è una di queste, tanto che ancora oggi imperversa nei ricordi e nei riferimenti culturali di un’intera generazione. Questo in virtù non solo di un’estetica incredibile, ma di una creatività, fantasia, coerenza d’insieme e profondità, che hanno pochi pari nella produzione Pixar. La realtà? Questo film rimane trasversale, per ogni età, ancora oggi attualissimo.
Film fortemente personale e autoriale questo Alla Ricerca di Nemo. Stanton da giovane era grande appassionato di acquari, un amore che riesplose a fine anni ’90, portandolo a concepire, subito dopo A Bug’s Life, una storia incentrata sul rapporto padre e figlio tra due pesci pappagallo, la sua specie preferita. L’iter fu anche influenzato dalla paternità di Stanton, sull’eccesso di protezione con cui spesso aveva trattato suo figlio. Fatto assolutamente inedito per quegli anni, la sceneggiatura di Alla Ricerca di Nemo era già finita prima dell’inizio della creazione dei personaggi e dell’animazione, con cui i Pixar Studios raggiunsero nuove vette di raffinatezza. Fedelissimo a livello anatomico e visivo alla fauna e flora marine, Alla Ricerca di Nemo aveva come protagonista Marlin, pesce pagliaccio padre del piccolo Nemo, affetto da pinna ipotrofica e rimasto vedovo della moglie Coral, uccisa da un barracuda. Nemo, curioso come sono tutti i bambini di ogni specie a quell’età, finirà catturato da un sub, comincerà così una doppia odissea. Da una parte Marlin, iperemotivo, pauroso, assolutamente ostile al mondo esterno, dovrà cercare il suo piccolo, accompagnato da Dory, pesce chirurgo affetta da amnesia. Dall’altra parte Nemo finirà in un acquario, conoscerà altri prigionieri come lui, ognuno diverso dagli altri, ma assieme cercheranno un modo di fuggire e tornare in mare. Alla Ricerca di Nemo funzionava in modo perfetto non solo per la decostruzione di moltissimi cliché narrativi legati al mare, ma soprattutto perché era un film dalle molte identità. Il racconto era un racconto di formazione, ma anche un road movie, un film carcerario (per così dire) una commedia degli equivoci demenziale, un film sul rapporto padre-figlio, e tanto altro ancora. Il tutto armonizzato dentro un iter narrativo in cui la parodia era sempre dietro l’angolo, con un’antropomorfizzazione che riguardava stavolta non tanto l’aspetto, quanto piuttosto la visione di una sorta di semi-civiltà sottomarina. Campione d’incassi, il film fu abbellito dalle musiche di Thomas Newman, candidata all’Oscar, così come capitò alla sceneggiatura, ma alla fine la statuetta che arrivò fu quella per Miglior Film d’Animazione, nell’anno di Koda, Fratello Orso e Appuntamento a Belleville.
Ciò che rende ancora oggi Alla Ricerca di Nemo un film d’animazione perfetto, è l’equilibrio, semplicemente sensazionale, tra la dimensione per l’infanzia e quella di una narrativa invece più adatta all’età adulta. Questi due mondi però, non sono in contrapposizione nel film, al contrario vengono perfettamente bilanciati, si compenetrano, portando il tutto verso un racconto in cui non abbiamo i soliti nemici che ci potremmo aspettare. Gli squali sono in crisi d’identità, persino gli uccelli possono rivelarsi degli alleati, no in Alla Ricerca di Nemo i veri villain sono gli umani, ma soprattutto sono le emozioni che non riusciamo a governare. Marlin, in seguito dal trauma della perdita della moglie, vive in uno stato costante di ansia, con un iperprotezione verso il figlio che è assolutamente tossica e nociva. In particolare, Alla Ricerca di Nemo sottolinea l’errore fondamentale nell’imprimere un costante senso di autocommiserazione, per quella pinna ipertrofica, in un Nemo che invece si connette ai tanti ragazzi avventurosi della letteratura americana, su tutti quelli creati da Mark Twain. Fatto ancora più sorprendente ed audace, si affronta il tema delle malattie neurodegenerative, con la stramba Dory che si dimentica ogni tre secondi dov’è e che cosa sta facendo, ma poi ecco spuntare anche il disturbo da stress post traumatico, l’alienazione per i pesci chiusi nell’acquario, la paura del buio e dell’ignoto. Tutto questo però affrontato con la giusta dose di leggerezza e naturalmente una potenza visiva che lasciò la critica letteralmente a bocca aperta. Alla Ricerca di Nemo ha poi ho avuto anche il grande merito di aprire l’animazione Pixar e Disney sempre di più non solo ad un’enorme variazione di ambientazione personaggi, ma anche a quel corso dell’analisi emotiva, che ci avrebbe regalato capolavori dell’animazione. A vent’anni di distanza, questo film è già diventato un classico per l’infanzia, anzi per tutta la famiglia, qualcosa che proprio la Pixar e la Disney ultimamente, sembrano aver perso di vista, così come la capacità di andare oltre l’ovvio, di regalarci avventure che siano in grado sia di mostrare le età adulta al pubblico più giovane, sia di risvegliare il bambino sopito in quello più grande.