Disponibile da qualche giorno su Prime Video, Il migliore dei mondi è un film con Maccio Capatonda (al secolo Marcello Macchia), scritto e co-diretto dallo stesso Macchia con Danilo Carlani e Alessio Dogana. Una nuova commedia per il comico di Vasto, sei anni dopo Omicidio all’italiana, dunque. Ma Il migliore dei mondi non è come quest’ultimo, o come Italiano medio. È sempre Maccio Capatonda, ma un Maccio diverso. E non per questo meno brillante: anzi.
Una volta c’erano gli impallinati della tecnologia, gli early adopter di qualsiasi nuova diavoleria digitale. Oggi ci sono ancora, certo, ma la tecnologia è talmente presente nelle nostre vite, nelle nostre abitudini e relazioni, che il futuro in cui le luci di casa si sarebbero accese con un comando vocale, un robot ci avrebbe spicciato casa (o quanto meno pulito il pavimento) e avremmo potuto videochiamare un astronauta sulla stazione spaziale internazionale è diventato presente. Tanto che neanche ci facciamo più caso. Ma cosa succede allora se una persona come tante, e come tanti ossessionato dalla tecnologia, si ritrova in un mondo in cui è il 2023, ma la tecnologia è ferma a fine anni 90?
È quello che ci racconta la storia di Ennio Storto, che gestisce un negozio di elettrodomestici con il fratello (un come sempre incontenibile Pietro Sermonti) e che all’improvviso, per ragioni che non sveliamo, si ritrova in un presente alternativo in cui si naviga ancora con i 56K, si usano i Nokia e i film si noleggiano da Blockbuster. E in cui lui, Ennio, è il solo a sapere tutto quello che manca in quel mondo.
E qui, se Il migliore dei mondi fosse una commedia italiana come tante altre, questo spunto alla Yesterday di Danny Boyle sarebbe stato declinato in una storia di buoni sentimenti in cui si ribadisce che sì, si stava meglio quando si stava peggio, il mondo senza l’abuso di social e Internet sarebbe un posto migliore, e le persone vivrebbero più serene, forse, se tornassero a guardarsi attorno e parlarsi davvero, anziché matcharsi, likarsi, bloccarsi, triggerarsi. Ma siccome è un film di Maccio, da quella premessa muove un film che di convenzionale, se vogliamo, ha solo il finale. Un finale a cui si arriva dopo una serie di trovate folli, un umorismo cinico decisamente sul pezzo, sparatorie e anche qualche piccolo giro a vuoto nel terzo atto.
Ma quando entrano, le gag funzionano quasi sempre. Quelle basate sull’esperienza condivisa degli anni in cui la Rete era lenta come una tartaruga zoppa, così come quelle più imprevedibili. Il migliore dei mondi è una commedia che ha in sé la malinconia (e le figuracce del protagonista) di un Sono pazzo di Iris Blond di Verdone, ma mescolata al fantastico e alla distopia da film USA, e il tutto plasmato dal genio comico di Maccio Capatonda, con alcune guest star, incontri improbabili in luoghi ancor meno probabili e citazioni delle sue opere precedenti.
Il film merita? Direi proprio di sì. Sulla faccenda del quale sia poi il migliore dei mondi in definitiva, invece, attenti: si rischia sempre di fare la figura dei vecchi.