Widow Clicquot è il film perfetto per chi ama il dramma in costume in senso classico ma ammantato di una modernità di sguardo ed interpretazione mai eccessiva, ma sempre al punto, sempre centrata sulla volontà di trasportarci in un’epoca e seguire la storia di una donna straordinaria. Il risultato finale ottenuto da Thomas Napper è buono, pur con qualche difetto, riesce a stare distante dal mero trionfalismo e retorica, per parlarci di un’epoca e di una rivoluzione che ha cambiato non solo il vino ma l’immagine della donna in Francia.
Per Barbe-Nicole Ponsardin Clicquot (Haley Bennett) la vita è ad un bivio oscuro e doloroso. Il marito François (Tom Sturridge) si è da poco tolto la vita, mettendo così fine ad un’esistenza che né l’amore di Barbre, né quello per la loro figlioletta ha saputo compensare il dolore per il suo sentirsi un fallito, tormentato da sensi di colpa, da una sensibilità straripante e un carattere autodistruttivo da sognatore incallito. Siamo nella Francia dell’era Napoleonica e i due per molto tempo hanno cercato in tutti i modi di ottenere nella loro azienda vinicola il vino perfetto. Morto il consorte, sarà Barbe a prendersi carico di quel sogno, pur ignorando quasi tutto del vino, continuerà a dar seguito al sogno del marito. Contro avrà sia l’ex suocero Phillipe Cliquot (Ben Miles) che i tanti uomini che la circondano, sicuri che una donna non possa avere successo, che l’azienda fallirà e con essa i sogni di quella strana donna. A darle una mano troverà solo l’ex amico di suo marito, il commerciante di vino Louis Bohne (Sam Riley), che viaggerà ovunque, infrangendo anche l’embargo di Bonaparte, pur di darle la speranza di essere capace di salvare il sogno del marito, di creare un vino che sia in grado di fare la storia. Widow Clicquot porta sul grande schermo la storia di una donna unica, della sua vita incredibile, di quel vino che ancora oggi è considerato il più importante mai uscito dalle terre di Francia e che cambiato per sempre quell’industria. Lo fa con grazia, con energia e coerenza, pur sacrificando qualcosa sul filone melò, riesce a renderci partecipi di una vicenda umana di grande importanza, ad essere femminista senza essere sterilmente retorico o celebrativo. L’unica cosa che qui si celebra è il sudore, la fatica, la determinazione, la volontà di Barbe, legata a quella terra, a quelle viti e al vino come dimostrazione d’amore.
Widow Clinquot è firmato dall’inglese Thomas Napper, regista fino ad oggi coinvolto in progetti televisivi ma di solido mestiere, che qui sceglie una strada a doppio binario. Da una parte c’è un buon realismo storico, che si riversa nel linguaggio, nell’estetica, con una fotografia di Caroline Champetier che ottimizza la natura rigogliosa e sovente autunnale dello Champagne, avvolto spesso da pioggia, nuvole cariche, una luce pallida che si sposa al concetto di fatica e di perseveranza in una natura che accoglie, che non è mai ostile a quella donna. Haley Bennett riesce nell’impresa di trovare la giusta mediazione tra esaltazione delle qualità umane e messa in scena di una sofferenza e una fragilità che dal piano sentimentale, si posa infine su quello storico, sociale. Le donne di Francia avranno in lei uno dei primi esempi di emancipazione, tutt’altro che indolore o semplice. Intensa, sensuale ma sempre contenuta per necessità, è inseguita dal fantasma del marito, a cui Sturridge dona un’identità a metà tra il poeta tardo-romantico maledetto e la rock star incapace di ottimizzare la sua visione. Finirà in preda a droga e incomunicabilità, ma quell’amore tra una donna fortissima e un uomo debole è un grande affresco dei sentimenti, sorprendente per coerenza e intensità. Forse un po’ penalizzato il Louis di Riley, reso a tratti quasi una sorta di belloccio Disney, ma del resto Widow Clinquot necessitava di una figura del genere da decostruire. Bella colonna sonora, stile sobrio ma non inespressivo, regia capace di valorizzare la location ma anche di essere intima. Non è un capolavoro al livello di Orgoglio e Pregiudizio o Ritratto di Signora sul quel tempo, ma merita sicuramente la vostra attenzione, sicuramente più di tante ucronie recenti.