SerieTV Recensioni The Doc(Manhattan) is in
Sembra passato un secolo, ma dalla fine della prima stagione di Loki (14 luglio 2021) sono trascorsi solo poco più di due anni. Due anni in cui, però, è cambiato tutto. I problemi temporali di Loki, Sylvie, Mobius M. Mobius e di Colui che rimane ci avevano lasciati appesi a un cliffhanger in un mondo che ancora era innamoratissimo dell’MCU. Prima che il brodo di questo universo condiviso venisse annacquato da troppe serie TV e da alcuni film fuori fuoco. Quando ancora l’MCU era per tutti l’MCU, insomma, e non “Ah, l’MCU…”. La domanda che occupa una nuvoletta sulla testa di tutti, a questo punto, inevitabilmente è: riuscirà uno degli attori più amati di questa grande telenovela con i superpoteri e le tutine colorate, Thomas William Hiddleston da Londra, a riaccendere la fiamma?
Il che, il fatto che sia ancora presto per dirlo, appunto, sarebbe anche ironico, visto che parliamo di una serie sui viaggi nel tempo e nelle dimensioni parallele. Ma come voi ho visto solo il primo episodio di Loki Stagione 2, e una quarantina di minuti (più una scena post-credits in cui manca giusto il payoff I’m loving it, duru-duddu-dù) non bastano per tirare le somme.
Parliamo allora di quello che si può commentare: il mood sembra da un lato leggermente diverso, dall’altro identico rispetto alla stagione 1. Di diverso c’è che le vie di Sylvie e Loki si sono per il momento separate, dopo che la bionda ha passato Colui che rimane (ammazzato) al fil di spada. Il che, sempre per il momento, disinnesca quella bizzarra e peculiarissima tensione amorosa/sessuale che esisteva nella prima stagione, essenzialmente tra Loki e se stesso. Anche questo è amore.
Tutto il resto, però, sembra lì al suo posto: la TVA che pare uscita da un incubo retro di Terry Gilliam, come un Brazil pieno di arancione (che stile bellissimo, ribadisco); i paradossi temporali come ne L’esercito delle 12 scimmie (per citare ancora Gilliam); il naso impossibile di Owen Wilson; la burocrazia folle della TVA, che sembra un gigantesco ufficio postale della prima Repubblica.
La trama ti urla nelle orecchie fortissimo “MacGuffin!” ogni due secondi, e come per Tenet presuppone che tu ti lasci trasportare dal flusso senza farti troppe domande. Perché il tempo per portele non ce l’hai, e se lo fai perdi il filo. Tutto quello che Loki e gli agenti della Time Variance Authority gridano sul destino della sacra linea temporale e dei suoi rametti non rischia di diventare un confuso e cazzabubboloso elemento di fondo, in pratica: lo deve diventare, giusto allo scopo di creare un contesto un attimo drammatico in cui Loki fa comunque Loki (questo Loki buono che non saprebbe ingannare neanche un termosifone), Mobius il burocrate buono, eccetera eccetera.
Nel mentre, alla storia si vanno ad aggiungere nuovi pezzi, come OB, Ouroboros, che dà il titolo a questo primo episodio e non è un serpente che si mangia la coda, ma un Ke Huy Quan ormai a casa sua – per tutto, ovunque e per tutto il tempo – quando si parla di realtà parallele. Le interpretazioni sono ancora una volta ottime (se le espressioni inquietanti di Kate Dickie vi ricordano qualcosa, è perché – tra l’altro – è stata per anni la Lysa Arryn di Game of Thrones), il ritmo è sostenuto e il tono resta oltre che divertente divertito, come in un fumetto di Grant Morrison. Speriamo che rimanga insomma tutto così anche per gli altri cinque episodi. E speriamo, soprattutto, che non sia l’ennesima speranza che l’MCU televisivo arriverà a disattendere in qualche modo.
Non mollare, Loki. Almeno tu, nel multiverso.