Pluripremiato autore statunitense, Lee Bermejo è un acclamato disegnatore e autori di fumetti. Ha iniziato la sua carriera a Wildstorm lavorando a serie come Gen 13 e Superman/Gen 13.
La sua prima opera importante per DC è Batman/Deathblow: Fuoco incrociato (2002), che da il via alla sua collaborazione ventennale con Brian Azzarello. In seguito i due hanno realizzato la miniserie Lex Luthor: Man of Steel, Joker HC (Joker HardCover) e Batman: Dannato. Di quest’ultimo a Lucca Comics & Games è stata presentata un’edizione in bianco e nero con copertina inedita.
Negli anni Bermejo ha anche lavorato con altri autori come Mike Carey (Hellblazer), Mike Mignola, Adam Hugues (Superman/Gen 13) e Warren Ellis (Global Frequency). In solitario ha realizzato per Vertigo, Suiciders e Batman: Noël.
Abbiamo avuto l’occasione di intervistarlo e di parlare con lui della sua carriera e dei suoi ultimi progetti. Attualmente sta lavorando alla miniserie in 3 numeri, A Vicious Circle, pubblicata da BOOM! Studios, il secondo numero è uscito a luglio 2023.
Sì, ero molto giovane, avevo diciannove anni ed è stata la mia prima esperienza con artisti professionisti che avevano molta più esperienza di me. E poi c’era anche un gruppo di ragazzi che aveva più o meno la mia età, ed erano agli inizi come me.
Per i primi sei mesi eravamo come degli stagisti e abbiamo avuto l’opportunità di imparare osservando questi professionisti più grandi di noi, ma abbiamo potuto anche osservarci a vicenda.
Eravamo più o meno io e quattro ragazzi della mia età, è stata una bella esperienza in cui abbiamo avuto la possibilità di condividere le idee e di usare i punti di forza di chi ci stava accanto quando dovevamo imparare qualcosa.
Per me questa esperienza è l’unica cosa che si avvicina allo studiare in una scuola d’arte.
Abbiamo cominciato, credo, in un modo molto tradizionale. All’epoca ero a San Diego e lui a Chicago, non ci incontravamo spesso e all’epoca non ci sentivamo più di tanto neanche telefonicamente. Lui scriveva una sceneggiatura completa e io disegnavo in base a quella.
Con ogni progetto abbiamo fatto qualcosa in più, diciamo che siamo passati a uno step successivo. Già Brian scrive poco a livello di direzione artistica, lascia molto libertà ai suoi disegnatori. Però poi nel tempo ha imparato che i suoi dialoghi erano la cosa più importante e ha lasciato a me tutto il resto.
Fino quando siamo arrivati a Dannato. [Batman] in cui abbiamo lavorando usando il Marvel style, il vecchio stile a fumetti della Marvel degli anni 60, in cui veniva scritta solo una trama abbastanza aperta. Ho poi cominciato a disegnare partendo da quella, creando io stesso diverse cose.
Dopo aver fatto i disegni, lui ha scritto i dialoghi, il contrario di quello che abbiamo fatto fino a quel momento. Si è trattato più di una collaborazione in cui era necessaria molto fiducia l’uno nell’altro, perché magari fare una cosa come questa all’inizio [del nostro rapporto collaborativo] non sarebbe stato così facile, conoscendolo come lo conosco dopo vent’anni.
Batman: Dannato
Lee Bermejo, Brian Azzarello@PaniniComicsIT #batmandannato #batmandamned pic.twitter.com/N8Pc0DwIB3
— Screenweek (@Screenweek) September 30, 2023
Si non la farei con un altro scrittore che magari conosco un po’ meno.
Fin dall’inizio, non tanto nella struttura delle nostre storie, certi aspetti sono molto influenzati da David Lynch, Velluto Blu ad esempio, si vedono questo tipo di influenze.
Ma su Dannato abbiamo provato a fare una cosa che fosse molto più Lynchiano, con una struttura narrativa meno rigida… Ad esempio si passa da un luogo all’altro, accadono cose strane durante la storia.
Volevamo raccontare più un incubo, qualcosa nello stile di un sogno, in modo che fosse più esperienza per il lettore e non una storia tradizionale con tre archi narrativi, tre atti.
Quindi abbiamo cercato di cambiare un po’, anche per dare un aspetto diverso a una storia di Batman che dopo ottant’anni diciamo, ormai si è visto quasi tutto.
Non ho collaborato con molte altre persone, più o meno solo con Brian in DC. Molti, molti anni fa, ormai vent’anni fa, ho collaborato con Adam Hughes. Poi ho lavorato con Warren Ellis, ho fatto veramente pochissime collaborazioni. Quasi fatto tutto quello che ho fatto, o l’ho da solo: Suiciders, Noël o Dear Detective adesso, oppure con Brian.
Quindi non ho fatto tante collaborazioni.
Sul progetto attuale [A Vicious Circle, ndr.], sto collaborando con un nuovo scrittore e quindi per la prima volta in vent’anni faccio qualcosa senza Brian.
A VICIOUS CIRCLE Book II by Lee Bermejo and myself is out in comic shops TODAY! https://t.co/lZkE0p2f7S pic.twitter.com/K6PKWE1c63
— mattson tomlin (@mattsontomlin) July 19, 2023
È nato da un’amicizia con Mattson Tomlin che proviene dal mondo di cinema. Ha scritto Project Power per Netflix. È stato il regista di Mother/Android e poi hai scritto il nuovo film di Batman [di Matt Reeves], è stato l’ultimo sceneggiatore non creditato che ha lavorato su quel film.
Sta scrivendo attualmente il secondo [The Batman 2, ndr.]. Sta cominciando a lavorare nei fumetti, con me ha fatto anche un fumetto di Batman. È bello poter collaborare con qualcuno che ha una visione anche diversa, che viene da un altro mondo e per quello è un progetto veramente diverso di tutto il resto che ho fatto nella mia carriera. È un opportunità per fare qualcosa di diverso più che altro.
Assolutamente. Adesso più che seguire fumettisti o Illustratori, seguo i direttori della fotografia. Da Roger Deakins a Greig Fraser, Darius Khondji che ha lavorato a Seven, ha fatto Delicatessen.
Diciamo che sono molto più influenzato da queste cose, soprattutto in questo punto della mia carriera.
Sono uno spunto, perché ovviamente sono due cose diverse, non posso fare le stesse cose che fanno loro e viceversa.
Ho cominciato a interessarmi molto ai punti di vista e all’uso delle tecniche fotografiche, come blerare (offuscare, sfocare, ndr.) certe cose, che nel fumetto non vengono usate. Quindi ho cercato di dare un gusto quasi fotografico, non sto parlando di realismo puro, ma ad esempio le luci in background che diventano astratte, come in fotografia. Oppure blerare degli elementi per dare un focal point più chiaro.
Secondo me, il mio stile si adatta di più a questo modo di lavorare che a uno più tradizionale, perché il mio stile è più completo nel senso che, non uso una sintesi che usano tanti fumettisti, dove rendono un’idea con il minimo possibile. Io tendo a caricare di più, mi piace usare le texture, ad esempio si vede che Batman ha un mantello in pelle, mi piacciono queste cose.
Sì, sì.
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Spero che sia anche un’esperienza diversa, in bianco e nero, perché non avendo i colori per cambiare degli elementi, è molto più noir..
Per i miei gusti, quasi si adatta meglio alla storia, perché toglie completamente il senso dell’orientamento. Ti trovi in questo mondo di ombre e luci.
Io adoro il bianco e nero, i film in bianco e nero.
Il nuovo fumetto a cui sto lavorando [A Vicious Circle, ndr.] ha diversi stili, una ventina di pagine sono in bianco e nero. Proprio la prima sequenza è in bianco e nero.
Si, con stili diversi. Una storia dove lo stile artistico cambia in base a come cambiano il tempo e i luoghi.
Fin dall’inizio. Se vai indietro e vedi le cose che ho fatto come Batman/Deathblow, la prima cosa che ho fatto con Brian, credo risalga a vent’anni fa ormai, ero sempre molto attento alla città, questi ambienti per me erano sempre molto interessanti.
È un insieme di cose. Posso usare delle reference, mi piace usarle ma trasformandole. Ad esempio per Gotham mi piace molto partire da una base reale, e poi trasformarla con un aspetto gotico. Aggiungo degli elementi e cerco di trasformarle il tutto in un posto non reale, però sempre con una base di realismo che dà un po di solidità.
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Fin da quando ero bambino sono ossessionato da alcuni aspetti. Ti faccio un esempio: quando ero piccolo leggevo Spider-Man e mi dava fastidio il fatto che lui si toglieva sempre la maschera, però non disegnavano mai la linea dove la maschera era attaccata al resto del costume.
Sembrava un pezzo unico.
Però poi lui toglieva la maschera e quando la rimetteva era tutto perfetto, non vedevi una piega nel tessuto. Anche le spara-ragnatele, se lui ha una cosa come questa indosso e poi mette una tuta aderente, si noterebbe la loro forma. Già a 4, 5 anni mi dava fastidio questa cosa, e non so perché.
Però mi ricordo anche quando vedevo il Batman di Adam West che lui piegava il batarang e lo metteva nella cintura, che aveva il buco con la forma del batarang. Questi dettagli mi sono sempre rimasti impressi, sono più realistici.
Quindi [l’approccio più realistico] era una cosa che volevo sempre inserire nei disegni.
No, non mi fa impazzire. Il secondo è bellissimo, un film molto, molto bello, ma io odio quei costumi. Il costume di Batman lo trovo fastidioso.
Sono più un fan dei primi film di Batman, che avevano una bellissima atmosfera. Un production design pazzesco, una fotografia molto bella.
Però i film di Nolan… preferisco il nuovo [The Batman, ndr.] che è uscito, che ha un elemento molto più grezzo. Il costume mi sembra più funzionale, più vero, quello di Nolan mi sembrava Robocop.
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