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La Passion de Dodin Bouffant è tutto ciò che sognate in una cucina

Pubblicato il 21 ottobre 2023 di Giulio Zoppello

Trần Anh Hùng firma il suo film migliore con La Passion de Dodin Bouffant, dove ci porta nella Francia del 1885, permettendo a Juliette Binoche e Benoit Magimel di mettere in scena un rapporto sentimentale che più che di parole, si nutre di ricette, pentole, armonia e contatto umano. Il risultato finale è un affresco, un dipinto in movimento, un’ode alla cucina come prolungamento dell’anima e della comunione tra esistenze e sentimenti.

Una strana coppia fedele solamente a quella cucina

Nella Francia della Terza Repubblica, nessuno chef è più famoso e rinomato di Dodin Bouffant (Benoit Magimel) che nella parte più bella della Loira vive in una magnifica residenza, tanto priva di veri lussi, quanto elevata dall’incredibile bellezza della sua cucina. Lì lavora da vent’anni anche Eugénie (Juliette Binoche), sua abilissima cuoca ma anche amante, con cui crea ricette magnifiche, tanto legate alla tradizione quanto capaci di essere innovative e sorprendenti, pur senza mai cedere all’artificiosità e al narcisismo. Circondato da un piccolo gruppo di fedelissimi amici, Dodin conduce una vita quasi completamente dedicata al cibo, al vino, alla necessità di unire sapori ed eleganza, completamente immerso in quel piccolo mondo autosufficiente. L’invito da parte di un nobile straniero darà il via ad un momento importante e critico del suo mondo, soprattutto del suo rapporto con Eugénie, che comincia a mostrare qualche problema di salute. La Passion de Dodin Bouffant sposta i limiti che si presumevano ormai noti del cinema dedicato alla cucina. Cibo al cinema significa ossessione e amore, e Hùng riprendere il secondo ma non esagera col primo. Piuttosto che ossessione sarebbe giusto parlare di vocazione, sacrificio, perfezionismo, di volontà di raggiungere un risultato non meramente personale, ma che si basa sul concetto di condivisione. Perché, ed è questo il punto fondamentale, in La Passion de Dodin Bouffant si mangia ma sul serio, le portate sono abbondanti, sono curate ma anche votate non all’estetica ma al gusto, quello vero, quello di alto livello ma non per i ventri di annoiati altolocati. Il che rende l’insieme anche un importante viaggio nel mondo della cucina che una volta vedeva nel cibo sempre e comunque una risorsa da ottimizzare non un vezzo da sprecare. Altro elemento che rende il tutto un viaggio nel tempo.

Il cibo non come materia ma come linguaggio comune

La Passion de Dodin Bouffant ha una magnifica fotografia di Jonathan Ricquebourg che contribuisce assieme a scenografie e costumi a rendere l’insieme una sorta di dipinto in movimento, dominato da una cromaticità armoniosa e lussureggiante. La cucina è la vera protagonista, nel senso più universale del termine, visto che a lei sono dedicate esistenze, passione, tempo, fatica e ricerca. Ma c’è anche quella storia d’amore tra due non più così giovanissimi, persi all’inizio dell’autunno della loro vita, che il cibo ha fatto conoscere e che attraverso esso si parlano, si confessano, si abbracciano con ogni senso. Fatto assolutamente centrale, il cibo qui preparato è motore di una scoperta continua, di sé stessi e degli altri, ma non viene mai la sua funzione principale. Non si mangia per noia, ma per quella necessità che poi è diventata sempre più elevata come percorso e caratteristiche. Siamo distanti dall’artificiosità ed esaltazione modaiola di questi anni, ma comunque qui si parla di regole, tempi, di manualità e disciplina. Il melodramma è l’anima tambureggiante di questo film su un uomo un po’ orso, un po’ troppo orgoglioso, a cui Magimel dona carisma, determinazione, uno charme che ne addolcisce però solo parzialmente la natura burrascosa e un po’ misantropa. La Binoche d’altro canto si aggira come una sorta di sacerdotessa, spirito in realtà liberissimo, dedita più al cibo che a quella strana storia d’amore di cui è l’elemento trainante. La Passion de Dodin Bouffant ad ogni modo è quasi ai limiti dell’ASMR in più di una parte, è ammaliante per come si concentra sul guidarci quasi in modo documentaristico dentro il cibo, i suoi segreti, le innovazioni, la tradizione. Cucinare è una parte fondamentale della nostra personalità, del nostro modo di vedere noi stessi e il mondo. Anche per questo si lascia da parte tutto quel filone che parte dalla cucina per descriverci un mondo psicotico e violento, per ricordarci cos’è l’armonia e perché è così centrale trovarla dentro un piatto ogni giorno.