Estranei è uno dei grandi protagonisti di questa stagione cinematografica, negarlo è mentire. Il film di Andrew Haig, tratto dal romanzo di Yamada Taichi, già portato sullo schermo nel 1988 da Nobuhiko Obayashi, risplende della potenza che solo i film senza mezze misure e pieni di verità sanno avere. Cast guidato magnificamente, atmosfera a metà tra sogno e rimpianto, lo rendono un film prezioso e capace di toccare corde emotive inedite.
Per Adam (Andrew Scott), scrittore e sceneggiatore, la vita è una monotona e ripetitiva gabbia, in una Londra grigia, in cui vive come uno dei pochi inquilini di un condominio spettrale e silenzioso. Quando una sera un allarme antiincendio lo costringe ad evacuare, fa la conoscenza di Harry (Paul Mescal), suo vicino di pianerottolo. L’impatto non è dei migliori, Harry appare poco equilibrato ma in breve, quasi causalmente, tra i due comincerà un’appassionata relazione. Il giorno dopo Adam si reca presso la sua vecchia casa, fuori Londra, dove ha vissuto fino ai 12 anni, quando il padre (Jamie Bell) e la madre (Claire Foy) sono morti a seguito di un incidente stradale. Sorprendentemente, i due lo accolgono in casa, apparendogli così come erano poco prima di morire. Ma è vero ciò che vede oppure è frutto di una sua personale fantasia? In breve per il giovane Adam, nulla sembrerà avere più senso, se non la presenza di quei due genitori a lungo rimpianti, la passione per Harry e la paura che da tutto questo egli si debba prima o poi svegliare. Estranei, presentato al Telluride Film Festival e ora arrivato alla fine della Festa del Cinema di Roma, è un film dalla doppia finalità, tematica ed identità. La messa in scena, grazie alla fotografia di Jamie D. Ramsay è palesemente studiata per genere quel senso di claustrofobia, di isolamento e solitudine, che solo Londra sa dare ai suoi abitanti. La città è assente eppure presente, è la grande gabbia dei single da decenni, ed è lì che Adam, omosessuale timido e asociale, si è rintanato. Al tema dell’isolamento moderno, si aggiunge quello dell’identità della comunità LGBTQ, di cosa significa definirsi od essere definiti, del convivere con l’eredità di un mondo in cui la parola “gay” è ancora oggi negativa. La concezione di sé è sia dentro che fuori, è passato e presente, è speranza e sensi di colpa che Adam non ha mai risolto, è quel vuoto esistenziale che l’ha reso fragile per tutta la vita, pieno di domande senza risposta e un cuore aggrovigliato.
Estranei è un film carnale, passionale in modo disperato. Si fa l’amore per non sentirsi morti, per convincersi di esistere. Mescal appare funzionale alla figura di una guida del risveglio, in un film dove è palese l’anima orientale, giapponese, nel concetto di famiglia come bene più prezioso, in una diversa concezione dei defunti e del rapporto col mondo reale. Film sull’esistenza più che esistenziale, Estranei vive della vulnerabilità e della capacità di parte di Andrew Scott di guidarci dove siamo sovente stati, in una terra del passato che (per definizione) è sempre roseo, rassicurante, accogliente. Foy e Bell sono due genitori genuini ed impacciati come lo sono tutti, ritratto anche di un’epoca diversa, simboleggiano quel qualcosa che la morta porta via: un sentimento che non può essere spezzato. Potente in un modo a tratti insopportabile, il film di Haig è profondo come solo certa cinematografia orientale ed indipendente ha saputo essere negli ultimi anni. Mette in mostra la tragedia della vita moderna, in cui la famiglia è passata di moda, dove siamo bambini in cerca di quell’affetto perduto, di quel futuro che pensavamo uguale al passato. Del tutto privo del concetto di timidezza a mano a mano che ne spoglia il suo protagonista, il film ci aggredisce con un’identità a metà tra il fantasy paranormale e la confessione di una mente incapace di andare avanti. La morte qui non viene mai nobilitata ma accettata, descritta per ciò che genera e ciò che cancella. Rimane naturalmente uno dei film più moderni sulla comunità LGBTQ di cui rappresenta l’incertezza esistenziale, l’incapacità di sentirsi a proprio agio in un mondo la cui struttura, la cui semantica, appartengono ancora all’epoca in cui erano invisibili e senza futuro. Grandissimo cinema, grandissima messa in scena dei sentimenti nella loro completezza.