Cinema Recensioni Festival

Povere creature!, la recensione del film di Yorgos Lanthimos da Venezia 80

Pubblicato il 02 settembre 2023 di Lorenzo Pedrazzi

È impressionante la naturalezza con cui Yorgos Lanthimos ha superato le quattro mura dei suoi primi Kammerspiel, archiviando certe peculiarità del suo cinema – come la recitazione meccanica e inespressiva degli attori – per adattarsi a nuovi contesti. Intendiamoci, il regista greco non ha rinnegato la sua poetica: se mai ne ha espanso i confini, soprattutto a partire da La favorita, film che ha dato inizio al processo di rinnovamento. Attraverso un’ironia paradossale, Lanthimos esalta i tratti grotteschi e stranianti del suo sguardo, ulteriormente valorizzati dagli elementi fantastici di questo suo nuovo lavoro, Povere creature!.

L’omonimo romanzo di Alasdair Gray gli permette di rileggere l’archetipo di Frankenstein attraverso la lente dell’emancipazione femminile, pur restando fedele a un’idea di cinema claustrofobico e spiazzante. A Londra, la misteriosa Bella Baxter (Emma Stone) è stata riportata in vita dal Dr. Godwin Baxter (Willem Dafoe), ma deve sostanzialmente ripartire da zero: si esprime a versi, non cammina bene, e non sa come stare al mondo. I suoi progressi sono però costanti, e vengono monitorati dal nuovo assistente di Godwin, lo studente Max McCandles (Ramy Youssef). Quando Godwin si rende contro che Max e Bella si sono innamorati, gli propone di sposarla, a patto però che continuino a vivere con lui nella sua casa-laboratorio. Per redigere l’accordo viene chiamato il viscido avvocato Duncan Wedderburn (Mark Ruffalo), che approfitta del nascente desiderio sessuale di Bella per convincerla a partire con lui. Inizia così un viaggio rivelatore per la giovane donna, determinata ad affermare la propria individualità senza i pregiudizi del tempo

È curioso che, a poche settimane da Barbie, compaia un altro film su autodeterminazione femminile e scoperta del mondo. I paralleli (involontari) non sono pochi, ma Povere creature! fa tutto quello che il blockbuster di Greta Gerwig non poteva o non voleva fare: per Bella, infatti, la consapevolezza della propria fisiologia umana corrisponde a una scoperta della carnalità, che finalmente riacquista un ruolo cruciale in una produzione hollywoodiana. Ci voleva un regista come Lanthimos per archiviare l’ipocrisia puritana del cinema statunitense e riportare il sesso al centro del discorso, con intensità persino maggiore rispetto a La favorita. Se in quel caso i rapporti carnali erano un’arma di manipolazione, qui fanno parte della normale esperienza umana, all’interno di un processo che conduce Bella a gestire autonomamente il suo corpo. Coerente con questa visione è anche il discorso sul lavoro sessuale: «Siamo i nostri stessi mezzi di produzione» dice Bella quando Wedderburn critica la sua scelta di darsi alla prostituzione per racimolare denaro, esprimendo un punto di vista che (volente o nolente) ricorda le tesi di Virginie Despentes in King Kong Theory.

Il sesso si intreccia quindi a conflitti sociali che conosciamo bene, compendiati dall’hotel di Alessandria d’Egitto ai cui piedi giacciono adulti e bambini uccisi dal caldo. Per Bella, la scoperta del mondo non è solo un’esperienza introspettiva: la giovane donna vede attorno a sé le discriminazioni e le contraddizioni delle società occidentali, ne resta scioccata e vuole agire per risolverle. Senza saperlo, si fa emblema di quel “femminismo per il 99%” che lotta non solo per l’emancipazione femminile, ma per cambiare il sistema economico e sociale in cui viviamo. Povere creature! non realizza pienamente questa trasformazione, eppure i germogli ci sono: nel cambiamento individuale, Bella avverte la possibilità di una rivoluzione collettiva.

Se la protagonista vede questo potenziale, è grazie alla sua alterità rispetto alle convenzioni del mondo. Lo sguardo di Bella è vergine, non influenzato dalle regole del vivere comune, e Lanthimos gioca molto su tale contrasto: le scene più comiche e paradossali nascono da lì. Con grandangoli esasperati che rimandano a Kubrick, il regista greco deforma le prospettive delle ambientazioni e valorizza il lato grottesco dei personaggi. Al contempo, l’uso di scenografie volutamente artificiose e surrealiste li intrappola in spazi soffocanti, che spesso non sono meno claustrofobici delle quattro mura in cui si svolgevano i suoi drammi da camera: merito dello straordinario lavoro di James Price e Shona Heath, che ricostruiscono panorami cittadini a metà strada tra il simbolismo, il fiabesco e lo steampunk.

A rendere credibile questa commistione di reale e immaginifico è anche l’eccezionale performance di Emma Stone, che supera persino le sue straordinarie interpretazioni del passato. Da automa in carne e ossa, l’attrice si trasforma in bambina-adulta che eccita Wedderburn, rievocando una delle idee più comuni nella reificazione della figura femminile: l’avvocato trova Bella tanto più attraente quanto più è infantile, e sappiamo bene che l’infantilizzazione delle donne è tipica delle fantasie sessiste. La maturazione in adulta consapevole mette in crisi l’uomo: sintesi fin troppo chiara di come si sono evoluti i rapporti tra i sessi dai movimenti femministi in poi. Bella, insomma, è una donna che racchiude l’andamento della storia umana, e tutto il suo ventaglio di esperienze, reazioni, riflessioni è ciò che rende Povere creature! un film meraviglioso. Nel senso letterale della parola: colmo di meraviglie.