Anche Linklater risponde presente e lo fa con un film che se ci fosse il Premio del Pubblico lo vincerebbe a mani basse. Certo, Hit Man forse non è tanto in linea con la tradizione lagunare come non lo era Mandibules di qualche anno fa, ma allo stesso modo è un film divertente come non se ne vedono più tanti oggi, capace di omaggiare più generi e più epoche cinematografiche, con un Glen Powell mattatore irresistibile e sorprendente.
Protagonista di Hit Man è il Professor Gary Johnson (Glen Powell) la vita nella New Orleans è calma piatta. Insegna a studenti un po’ svogliati psicologia e sociologia, ha due gatti, si veste comodo e inelegante, è divorziato da anni e aiuta la Polizia come volontario durante alcune operazioni sotto copertura. Un giorno gli viene chiesto per un’emergenza di fingersi un killer professionista, mettersi una microspia addosso e incastrare il committente. Va alla grande e in breve quell’incarico trasforma la sua vita e la concezione che ha di sé stesso, mentre mette in gattabuia oltre 70 persone. Tuttavia un giorno, al tavolo del bar con una busta di contanti in mano, si presenta la bella Madison (Adria Aronja), che vorrebbe disfarsi del marito.
Non si tratta di avidità, patrimonio, rancore o altro, ma del fatto che il consorte è violento e manipolatore, la maltratta da anni. Mosso da pietà, Gary (che si fa chiamare Ron dalle sue “vittime”) la dissuade e la rimanda da dove è venuta. Dopo poco però i due cominceranno a frequentarsi, con risultati alquanto imprevedibili e incontrollabili per Gary/Ron, che dovrà usare tutta la sua intelligenza e astuzia per non finire nelle peste. Hit Man ha uno stile di regia e di scrittura che, come sempre quando si parla di Linklater, ha nella semplicità la sua più grande qualità, così come nella capacità di essere efficace, diretto, comprensibile e mettere a suo agio lo spettatore. Ma qui riesce a sposare tutto ad un ritmo, un’ironia e una maestria nel gestire gli inserti comici semplicemente disarmante, per come sa richiamare alla mente la sit com che fu, la stand up comedy, la comicità demenziale e parodistica degli anni ’90. SI perché in fondo Hit Man pare un po’ sbucato dal passato come film, quando si poteva ridere di tutto e di niente.
Glen Powell lo abbiamo conosciuto come fusto addominalato e bonazzo in Top Gun o Sulle Ali dell’Onore o Sand Castle. Qui invece si rivela un eccezionale interprete comico, un vero e proprio mattatore che riporta in mente il meglio di gente come Matt Dillon o Vince Vaughn dei tempi andati. Qui è semplicemente straordinario nei suoi duetti con la frizzante Aronja, per come sa parodiare i cliché del killer-action movies da Collateral a Non è un Paese per Vecchi, da Killing Me Softly a Le Samourai di Melville e via ad elencare anche John Wick, insomma un po’ tutta la genealogia cinematografica connessa al solitario che semina morte in un’America spietata. Trasformista, con quel sorriso da Ken, quel fisico da bagnino, è forse un po’ troppo bello ma compensa il tutto con la goffaggine, la genuinità di un piccolo borghese fallito che spera di essere qualcosa di diverso. Tra Pirandello e Goldoni, tra commedia dark e romantica, Hit Man regala delle risate semplicemente geniali, evita deja vu, cliché, sa come farci appassionare ad una vicenda solo apparentemente semplice. Perché sotterranea di aggira la questione sul conoscere sé stessi, sull’atteggiamento della società verso il crimine e la morte, su quel confine che nel quotidiano molti spesso superano senza rendersene conto. Non vincerà nulla, ma se cercate un film che possa darvi qualcosa, lasciarvi veramente di buon umore, Hit Man è il film che fa per voi, con il suo fare un po’ ingenuo e un po’ caotico, con il suo prendersi in giro del biopic e del crime, del mito sui killer professionisti. Speriamo che abbia il risalto che merita, che lo abbia il suo regista e soprattutto Powell, uno che è molto più di ciò che sembra, come questo film del resto, che parte piano e poi ti travolge con il suo fare fricchettone e fa tornare ragazzino.