Predatori lo aveva presentato al mondo e a Venezia, sollevando critiche e polemiche. Pietro Castellitto con Enea rilancia, raddoppia, aumenta, infierisce, a seconda dei punti di vista. Ancora regista, sceneggiatore e protagonista, con un cast che comprendere il padre Sergio, Benedetta Porcaroli, Chiara Noschese, Giorgio Montanini, il fratello Cesare, Adamo Dionisi e Giorgio Quarzo Guarascio. Tutti uniti per dare con Enea un’altra mattonata a Roma, alla sua dimensione borghese immutata, ai privilegiati, un mix di generi diversi a metà tra dramma e ironia feroce. Unico.
Enea (Pietro Castellitto) è rampollo di una famiglia altolocata di una Roma a metà tra decadenza e illusione. Assieme all’amico Valentino (Giorgio Quarzo Guarascio), arrotonda la sua noia e la sua ricchezza come contrabbandiere di cocaina per il boss Giordano (Adamo Dionisi), mentre dirige un locale notturno, insegna tennis, manda avanti un sushi bar. Ricco, privilegiato, annoiato, gioca con il fato e con la morte, si dibatte in cerca di un senso mentre la sua famiglia va in pezzi, mentre cerca di trovare un senso nella nuova storia d’amore, mentre tutto intorno a lui grida disperazione e immobilità, quando lui e Valentino cercano di capire chi sono, cosa sono, cosa ha in serbo per loro il mondo. Enea è un gangster movie, una commedia, un dramma familiare, un dilemma esistenziale, tutto questo oppure niente di tutto questo, tanto con Pietro Castellitto si è capito subito che oltre ad avere un’alta concezione di sé (soprattutto come interprete) non segue nessuna regola, nessun percorso noto, non ha maestri né punti di riferimento pregressi. Questa è la sua forza, il suo limite, il motivo per cui lo puoi contemporaneamente odiare e amare, detestare e ammirare per la coerenza, la sfacciataggine, la purezza di un disagio che qui, ancor più che ne I Predatori, emerge con una forza straziante, quasi opprimente. La Roma che qui vediamo è l’immagine speculare di quella dei filosofi, gangster e borghesoni dell’altra, volta. Ci sono ancora i gangster, i borghesoni, più che filosofi ci sono i rampolli della Roma Nord, quelli cresciuti come Pietro in realtà: amicizie giuste, parenti giusti, locali giusti, soldi giusti. Non è però uno sputare sul piatto il suo, non è il piccolo borghese che si arruola nelle BR cinematografiche. Castellitto cerca di andare oltre, di guardare dall’alto questa città e questo tempo.
Enea ha una sceneggiatura in realtà molto meno folle di quanto si pensi, è forte la connessione con il cinema francese per questo agrodolce molto piccante, questi inserti di comicità slapstick, romanaccia e fiera di esserlo pur se diretta contro la romanità. Castellitto aveva parlato del Vietnam della Roma magnona, lo avevamo preso per i fondelli, qui ce la mostra, è una pseudo-Suburra che strizza l’occhio a Sollima (di cui recupera Dionisi non a caso), ma poi va oltre, cerca anche di connettersi al nostro dramma borghese, ai ragazzi di vita, alla ribellione generazionale. Hanno quasi trent’anni Enea e Valentino, amici da sempre, deformazione sterilizzata dei ragazzi del Circeo, di quelli che una volta finivano con Curcio oppure con Ordine Nuovo. La loro rivoluzione è quella delle emozioni, del mettersi alla prova nell’illegalità perché tanto sanno che nella legalità, data la classe di provenienza, è come stare alla play con difficoltà principiante. Enea è un film classista, più de I Predatori, è un film maligno, eppure, pieno di tenerezza per le vecchie generazioni, per chi ha cercato, provato, a creare qualcosa di sensato, di buono. Roma è una fogna coperta di brillantini, è righe in parte e sorrisi da figli di papà, quelli di cui fa parte Castellitto che un po’ si odia, un po’ rivendica di esser diverso, sapendo di non esserlo. Che forse il talento di regista o sceneggiatore basta a diventare altro? Ad abbracciare i comuni mortali di cui non sa nulla? No. Ma già per il tentativo, per la lucidità di sguardo, la follia di scrittura, l’allontanarsi dai cliché che hanno distrutto il nostro cinema con complici i cosiddetti “maestri”, merita stima o un odio genuino, a voi la scelta. Enea lascia dentro qualcosa di forte, di memorabile, come un incubo o una sbornia, ed è innegabile che sia più di quanto tanti altri cercano o sognano di fare.