Un dialogo immaginario per raccontare Assassinio a Venezia a chi non sa nulla di Hercule Poirot e Agatha Christie

Un dialogo immaginario per raccontare Assassinio a Venezia a chi non sa nulla di Hercule Poirot e Agatha Christie

Di Roberto Recchioni

Ciao!

Ciao, fammi indovinare: sta uscendo Assassinio a Venezia e vuoi sapere tutto del film, di Hercule Poirot e di Agatha Christie.

A dire il vero, no, volevo sapere solo come stai. Gli amici, anche quelli immaginari, lo fanno.

Ah. Sto bene, grazie. Sul serio non vuoi sapere nulla del film, del personaggio e della sua creatrice?

Ma no, fidati, so già tutto: è il terzo film di una serie di gialli, questa volta con degli elementi sovrannaturali, il protagonista è il solito detective copiato da Sherlock Holmes e la creatrice una romanziera un tanto al chilo, pure un poco razzista.

Ok, adesso siediti e ascoltami, perché, come direbbe Ygritte a Jon Snow, tu non sai niente.

Che ho detto di sbagliato?!

A parte che il film è il terzo di una serie, tutto. Ma andiamo con ordine, ok?

Va bene…

Allora, come dicevo, hai ragione su una cosa: Assassinio a Venezia è il terzo capitolo di una nuova serie di film dedicati all’investigatore privato belga, l’ineffabile Hercule Poirot. La prima pellicola, Assassinio sull’Orient Express, è del 2017, mentre la seconda, Assassinio sul Nilo, del 2022. Sono tutti e tre diretti da Kenneth Branagh, che interpreta anche il protagonista. Branagh è un attore e un regista di grande talento, con una passione smodata per Shakespeare (con cui ha trionfato sui teatri inglesi sin dalla giovanissima età e che poi ha portato al cinema spesso, in adattamenti sempre buoni, quando non ottimi), che ogni tanto si è prestato al cinema commerciale (quasi sempre con risultati mediocri, come nel caso del primo film di Thor, per il MCU, l’adattamento live action di Cenerentola per la Disney o il fiacchissimo rilancio di Jack Ryan al cinema, per la Paramount), ma che si distingue sempre quando si tratta di cinema autoriale (sia suo che di altri, basti ricordare il recente Belfast, che ha diretto, o le sue interpretazioni in Dunkirk e Oppenheimer). Con Poirot ha cercato di unire le cose, legando il suo nome a una proprietà intellettuale storica, con una lunga tradizione cinematografica (oltre che letteraria) alle spalle, facendo convivere l’aspetto commerciale con quello autoriale.

E come gli è andata?

Molto bene con Assassinio sull’Orient Express. Meno bene (molto meno bene, almeno sotto il punto di vista della critica) con Assassinio sul Nilo, ma quello è stato un film funestato da tanti fattori esterni (dal Covid agli scandali) che ne hanno, probabilmente, condizionato la realizzazione. Anche uno script imbarazzante e la recitazione di Gal Gadot non hanno aiutato.

Quindi, un film bello, uno brutto… questa terza pellicola è una specie di prova del nove?

Più o meno. Almeno dal punto di vista della critica perché, dal punto di vista del pubblico, entrambe le pellicole sono state ben accolte e questo terzo capitolo sarebbe solo una conferma.

E lo è?

Stai saltando alle conclusioni e ancora devo iniziare a ribattere a tutte le sciocchezze che hai detto…

Ok, scusa… tu, però, sbrigati!

Allora, per prima cosa, non è sbagliato dire che questa volta il film gioca con degli elementi paranormali, però è un film basato sul lavoro della Christie e la Christie non era Conan Doyle, che credeva agli spiriti e alle fate (e, nonostante questo, neanche Doyle ha mai messo il suo Grade Detective davanti a degli elementi non spiegabili con la ragione).

Quindi non è un film con elementi sovrannaturali?

Come hai detto tu, è un giallo (per usare un’espressione tutta italiana per definire i crime) e tale rimane, seppure con delle suggestioni anomale.

Va bene, andiamo avanti…

La seconda stupidaggine che hai detto è che Hercule Poirot è un detective copiato da Sherlock Holmes. Non è vero. Poirot è una risposta (moderna e sagace) e Holmes. Dove Holmes è una ottimistica espressione del pensiero di fine ottocento, che vedeva nella logica, nel raziocinio e nel progresso della scienza la soluzione a ogni mistero e problema, la Christie, nel creare Poirot, lo infonde di una visione moderna, problematica, nevrotica. Poirot raramente cerca indizi o prove (la trova, persino, un’attività volgare) e raramente applica il metodo deduttivo (anzi, lo mette più e più volte in ridicolo). Poirot investiga sì, ma nell’animo dei suoi sospetti. Le sue indagini si basano più sul capire il pensiero e la psicologia delle persone che ha davanti. In questo senso, è il primo, vero, detective moderno: un detective dell’anima. Poi, sì, ovvio, nei romanzi si porta dietro qualche vecchio retaggio narrativo legato ad Holmes (come la figura dello stolido assistente, che presto però sparisce), come Holmes si portava dietro qualche debito con l’Auguste Dupin di Poe, pure essendone un’evoluzione radicale.

Ci tieni proprio a Poirot, vero?

Lo adoro. Come adoro la sua scrittrice, che hai definito “una romanziera un tanto al chilo”…

Vabbè, ma ha scritto mille romanzi! Son letture da ombrellone!

È vero, ha scritto moltissimo. Come tanti altri grandissimi scrittori. E spesso ha scritto anche cose in maniera sciatta, con una scarsa documentazione o una certa superficialità. Ma sono di più (molti di più) i romanzi belli, ben concepiti e serviti da uno stile di scrittura sobrio e solo apparentemente semplice. Il fatto che sia una lettura “da ombrellone” è solo un complimento per me, perché significa che i suoi romanzi appassionano (e vuoi leggerli anche in condizioni avverse, come sotto il sole e sopra una distesa di sabbia bollente), catturano (perché ti estraniano da un ambiente pieno di distrazioni) e sono anche cristallini da seguire, perché non perdi il filo della lettura mentre, attorno a te, la gente grida e schiamazza. Detto questo, la Christie ha un periodo iniziale della sua produzione caratterizzato da trame molto ben concepite ma servite in maniera un poco farraginosa e involuta, poi ha un lungo periodo d’oro, in cui la qualità dell’intreccio si sposa con la raffinatezza della scrittura e la vividezza dei ritratti dei suoi personaggi e, infine, un periodo di inevitabile appannamento, dove la qualità della scrittura sale, ma le idee latitano. Resta comunque che in un periodo che va dal dal 1930 al 1950, compone alcune romanzi diventati poi seminali e, almeno, un vero e proprio capolavoro (…e poi non rimase nessuno, anche conosciuto come Dieci piccoli indiani).

Però che fosse razzista non lo neghi…

È un discorso complicato. Partiamo dal fatto che il suo eroe più famoso è un profugo belga, un immigrato, che qualcosa deve volere dire. Però, sì, ci sono frasi e descrizioni razziste nei libri della Christie, specie in quelli giovanili. Sono pensieri figli del tempo e della classe sociale a cui l’autrice apparteneva, ma questo non la scusa in toto, perché tanti scrittori dello stesso tempo e della stessa classe sociale non hanno frasi o descrizioni simili nelle loro opere. Poi, con il successo e dopo aver girato tanto il mondo, gli elementi razzisti nei romanzi della Christie si attenuano fino non solo a sparire del tutto, ma a venire persino ribaltati. In Italia però, c’è anche un grosso problema di traduzioni…

Che intendi?

Che alcune edizioni del lavori della Christie presentano traduzioni molte vecchie, risalenti al ventennio fascista, che sottolineavano e amplificavano (quando proprio non inventavano di sana pianta) gli elementi razzisti dei primi romanzi.

Come oggi che si cambiano le parole di alcuni libri per non offendere nessuno ma al contrario?

Esatto.

E come faccio a leggere i romanzi della Christie senza questi interventi?

Le edizioni recenti dei grandi editori, in linea generale, si affidano a nuove traduzioni. Tra non molto, comunque, dovrebbe uscire una selezione (ampia) di tutti i suoi lavori, tradotti da zero.

Va bene. Adesso parliamo del film? Com’è?

Anche qui, è complicato. Direi che ci sono almeno tre modi per giudicarlo: come film in quanto tale, come giallo e come adattamento della Christie.

Cominciamo dalla prima.

È un buon film. Con un bellissimo cast tra cui svettano Kelly Reilly, che Hollywood vuole lanciare dopo il clamore che ha ottenuto con Yellowstone, Camille Cottine (rivelatasi con la meravigliosa serie francese Dix pour cent – Call my agent) e, ovviamente, Kenneth Branagh.

Non c’è anche Scamarcio?

C’è. Ma la sua interpretazione è complessa da valutare. In lingua originale funziona molto bene, sia a livello di recitazione fisica, sia quando si affida alle parole. Nella versione italiana doppiata, invece (dove Scamarcio si doppia da solo), qualcosa si inceppa e appare un poco innaturale.

Ok, torniamo al film.

Dunque, è una pellicola che non ci va sul sottile, che carica tutto troppo, che non ha alcuna coerenza o coesione grammaticale interna e che mette nello stesso calderone le solite inquadrature inclinate a cui Branagh si affida spesso quando realizza opere commerciali a prospettive aberrate, riprese con camera a mano, riprese con camera fissa d’altri tempi, carrelli fluidi e riprese con la go-pro, colori, bianco e nero, slow-motion, jumpscare e chi più ne ha, più ne metta…

Sembra un gran casino…

E lo è, ma è intenzionale. Semplicemente, Branagh decide di usare ogni mezzo possibile per creare atmosfera e tensione. Per molti versi, sembra essere andato a scuola dal primo, visionario e scombinato Dario Argento. E il risultato è sorprendentemente efficace. Il film è divertentissimo, appassionante e spassoso, con un grande ritmo (complice anche una durata essenziale e misurata) e una tenuta costante. È intrattenimento, puro, senza pretese o sofismi, ma comunque pieno di elementi di assoluto pregio – il già citato cast, ma pure la bellissima fotografia di Haris Zambarloukos o il lavoro al montaggio (per nulla semplice) di Lucy Donaldson. Aggiungici la potente e livida colonna sonora di Hildur Guðnadóttir e capirai perché sono così soddisfatto dal questo film che cancella il brutto passo falso del precedente. Poi, sia chiaro, se cercate il rigore, statene lontani.

Ok, ora dimmi com’è come giallo?

Un mezzo disastro. Se sei uno spettatore anche solo vagamente smaliziato, scopri il “segreto” del film dopo i primi venti minuti. E, con esso, il colpevole.

E come adattamento del romanzo di Agatha Cristhie?

Il romanzo originale (Poirot e la strage degli innocenti) non ha nessun punto in comune con la storia raccontata dal film, a parte qualche nome. È una storia originale di Poirot, scritta da Michael Green (sceneggiatore anche dei due capitoli precedenti) che, non si sa bene per quale ragione, fa finta di basarsi su un libro che racconta una storia del tutto diversa. Non ha realmente senso fare paragoni perché non esiste alcun terreno comune.

Neanche Venezia?

Specie Venezia. Che è stata scelta perché suggestiva e per le grossi facilitazioni che hanno (o avevano, bisogna capire cosa farà il governo italiano nei prossimi mesi) gli stranieri nel venire a girare nel nostro paese. Hai visto quanti film americani recenti contengono almeno una scena ambientata in Italia? È per quello…

Quindi, è un film basato sulla Christie per modo di dire…

No, perché al centro di tutto c’è Poirot o, almeno, la visione che di Poirot hanno Branagh e Green, ovverosia un personaggio privato quasi completamente del suo lato comico e ironico e di gran parte delle sue assurde idiosincrasie e reso molto più drammatico e compromesso. Molto moderno secondo i dettami della scrittura americana che si studiano nelle scuole contemporanee di sceneggiatura, ma anche molto meno originale o intrigante di quello creato dalla Christie. Per i fan dell’autrice, comunque, il colpo al cuore sarà un altro…

Cioè?

Per la prima volta viene portata a schermo Ariadne Oliver, un personaggio minore (appare in alcuni racconti e in vari romanzi di Poirot) della Christie, che ne rappresentava l’alter ego. Nella finzione narrativa, Ariadne è una scrittrice di romanzi gialli che ha usato Poirot per creare il suo detective privato, amato da milioni di lettori nel mondo. È un meta-personaggio che la Christie usava per prendersi bonariamente in giro, prendere (molto meno bonariamente) in giro i colleghi e rivali e mettere alla frusta le convenzione del giallo all’inglese, sottolineandone i limiti e le meccaniche. Tutto questo, nel film di Branagh, non c’è, e Ariadne è trasformata in un personaggio molto… discutibile.

Non puoi spiegarti meglio?

Rovinerei alcuni colpi di scena.

Allora no, che ormai il film lo voglio vedere. E m’è venuta anche una mezza voglia di leggere un libro di Poirot. Da quale inizio?

Assassinio sul Nilo.

Ma ho visto il film!

Meglio, così te lo scordi.

LEGGI ANCHE

Napoleon: il talento di Joaquin Phoenix al centro di un nuovo video 2 Ottobre 2023 - 20:30

Un nuovo video ci porta alla scoperta di Napoleon, il film di Ridley Scott che ricostruisce la storia di Napoleone Bonaparte.

Quanto è violento Saw X? Talmente tanto che durante il montaggio qualcuno ha chiamato la polizia 2 Ottobre 2023 - 20:24

Per colpa di Saw X, l’assistente al montaggio Steve Forn ha avuto dei piccoli problemi con la polizia…

Killers of the Flower Moon: un nuovo video dedicato a Ernest Burkhart, il personaggio di Leonardo DiCaprio 2 Ottobre 2023 - 19:57

Leonardo DiCaprio protagonista di un nuovo video realizzato per il lancio di Killers of the Flower Moon, il film di Martin Scorsese.

Gérard Depardieu si difende dalle accuse di molestie in una lettera aperta 2 Ottobre 2023 - 19:45

La star francese ha risposto alle accuse di stupro di Charlotte Arnould, attrice e figlia di suoi vecchi amici

Ahsoka, quinta parte: com’è andata la rimpatriata (spoiler) 13 Settembre 2023 - 11:49

Tempo di rematch, tempo di ricordi, ma soprattutto tempo di crescere per Ahsoka.

Ahsoka, parte 4: quello che stavamo aspettando e l’identità di Marrok 7 Settembre 2023 - 15:16

L'arrivo di chi aspettavamo e l'identità di un certo villain mascherato (spoiler sul quarto episodio).

Oppenheimer: il respiro del fuoco 24 Agosto 2023 - 12:32

Un film totale e un Cristopher Nolan diverso, nel raccontare le contraddizioni e i dilemmi del padre della bomba.

L'annuncio si chiuderà tra pochi secondi
CHIUDI 
L'annuncio si chiuderà tra pochi secondi
CHIUDI